12 Agosto 2018, 10.10
Gavardo
Blog - Maestro John

Stella gemella

di John Comini

Nella notte di San Lorenzo molti hanno scrutato il cielo, alla ricerca di qualche stella cadente. Per esprimere un desiderio, per sognare una vita migliore, per trovare l’amore, per continuare a sperare.


Ma ci sono alcune stelle che anche di giorno illuminano questa nostra valle di lacrime. In questo mondo di maschi, maschietti e maschiacci, spesso non ci si accorge di loro. Sono donne che, senza tanto clamore, in silenzio, si danno da fare per aiutare gli altri. Sono donne che aiutano bambini in difficoltà, danno una mano a famiglie che non ce la fanno, sorreggono anziani che hanno bisogno di tutto. E tutto questo lo vivono con il sorriso.

Sono difficili da trovare, perché non si notano. Girano per le case portando un saluto, ascoltando con pazienza, accarezzando con gentilezza. E guai se fai loro un complimento, si schermiscono e se ne vanno via, sempre col sorriso. Io ne conosco tantissime. I loro nomi non sono scritti nelle grandi opere, ma sono scritti nel cuore di chi ha la fortuna di incontrarle sulla propria strada.
Oggi parlerò di alcune persone che come stelle cadenti sono passate su questa terra ed hanno lasciato una scia d’amore. Si chiamano Liliana, Cecilia, Orsola ed Elisa.

Liliana Rivetta è una bella ragazza, uno spirito libero e pieno di entusiasmo. Un giorno il parroco le dice scherzando: “Tu ti chiami Liliana, però non c’è nessuna santa nel calendario con questo nome, che io sappia”. E lei, ragazzina sveglia e pronta di parola: “Non fa niente, vuol dire che santa diventerò io!”. Vuole ad ogni costo diventare missionaria comboniana. “So soltanto che voglio donarmi totalmente a Gesù, voglio servirlo nei più bisognosi, voglio spendere la mia vita per gli altri. C’è un ragazzo che mi fa la corte, ma non mi interessa. Il matrimonio non fa per me. Io voglio amare tutto il mondo. Voglio diventare suora missionaria. Voglio aiutare i piccoli neri.” Salvare l’Africa con l’Africa: ecco l’intuizione di Daniele Comboni. Liliana scrive: “Sarò capace di amare questo popolo come Dio lo ama?”

In Uganda le suore sono sempre a disposizione “Quando una persona viene, chissà quanti chilometri ha fatto”. In missione guida e carica i camion. Al papà, che si meraviglia, risponde: “Sono capace, sai!”. Molti bambini muoiono per la fame e il colera. Liliana ogni giorno ne seppellisce due o tre. L’orfanotrofio è costruito per salvare i bambini senza mamma, per evitare che vengano “buttati” nei boschi…Nella missione vengono raccolti 800 bambini. Una bambina rimane orfana, le suore la fanno battezzare col nome di Elena. Elena chiama Liliana “mamma”. Liliana è immensamente felice. La gente la chiama “quella dal cuore tenero” perché per loro è disposta a qualsiasi sacrificio.

“Loro hanno bisogno di me e io di loro”. La sua non è ingenuità, né incoscienza, è la “pazza” logica del Vangelo: “avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero straniero e mi avete accolto…” Per sconfiggere il sottosviluppo bisogna lavorare nella scuola, convincere la popolazione che è possibile divenire autosufficienti. Dagli amici di Gavardo, Liliana si fa regalare un trattore. È sempre dal lavoro della terra che nasce ogni sviluppo. Rientra a Gavardo, chi l’avvicina la vede carica di sofferenza a causa dell’impossibilità di provvedere cibo ai bambini affamati.

Torna in Uganda nel 1981. Nell’ultima lettera scrive “Vorrei tanto dire a mamma che non mi sento infelice, certo, difficoltà ce ne sono dappertutto, ma questa è la vita che ho scelto.” Le strade sono infestate da banditi pronti a uccidere. Liliana sfida il pericolo conducendo la Land Rover fino alla capitale, per comperare cibo, vestiario e medicine. Quando torna, con il fuoristrada carico di merci, alcuni banditi sparano: un colpo la colpisce ad un braccio, un altro giunge dritto al cuore. È il 10 agosto, giorno di San Lorenzo, quando cadono le stelle… Liliana sale in cielo a 38 anni. Niente camera ardente: tutto bianco, niente lutto! Tutti vogliono toccare la bara prima che venga tumulata: ci vuole un’ora, mentre le 200 suore venute per i funerali cantano. Perché non c’è amore più grande che dare la vita per quelli che si amano. Avete notato che la parola Vangelo contiene la parola “angelo”? Angelo…come Liliana. Ora i suoi occhi ora vedono il Paradiso.

“Sarà, sarà l’aurora, per me sarà così
come uscire fuori
come respirare un'aria nuova…
Forse un giorno tutto cambierà
più sereno intorno si vedrà
voglio dire che
forse andranno a posto tante cose
ecco perché continuerò
a sognare ancora un po'…”
(Eros Ramazzotti)

Cecilia Zane è una di quelle donne che hanno fatto della loro vita un autentico dono per tutti. Cecilia è figlia del maestro Angelo Zane e di Rita Ferretti, sorella del “mitico” Monsignore. Cecilia è stata madre nel cuore, dedicandosi agli altri. Presidente dell’Azione Cattolica, sposa la causa del “volontariato” vissuto realmente con l’anima e con un’ammirevole professionalità: nell’Avis, nella cultura locale,
nell’amministrazione comunale, nella vita del Museo, nel Comitato per la terza Età.  Attenta ed aggiornata, è di sprone a tutti per il suo lavoro instancabile e per il grande esempio di laica impegnata a tempo pieno. È anche responsabile dell’Oari-Avulss, realtà di volontariato cattolico in campo socio-sanitario. Attivissima nella Caritas e nella Domus Salutis, segue anche minori in affido. Amante della montagna, è socia del CAI di Gavardo. Insieme alla cugina  Cecilia Ferretti il 13 agosto del 1970 effettua una  piccola impresa sulla parete N.E. della cima San Giovanni Bosco (m. 2860), Coston di Nardis –Gruppo Presanella, aprendo una nuova via e chiamando la cima raggiunta col nome di “Cima Gavardo”. Il viso di Cecilia è sempre illuminato dal suo splendido sorriso. Grazie, Cecilia!

“Sogno qualcosa di buono 
che m’illumini il mondo, buono come te
e ho bisogno di qualcosa di vero
che illumini il cielo proprio come te”
(Zucchero)

Orsola Avanzi, da tutti chiamata Orsolina, gestisce una latteria in Piazza De Medici.
Il Vangelo è il libro della sua vita, è il mistero d’amore che lei accoglie dentro di sé.

Orsola non si sposa, ma si dedica all’insegnamento della Dottrina Cristiana alle ragazze che frequentano il Catechismo domenicale presso Casa S. Giuseppe e  alle giovani di Azione Cattolica. Diventa Presidente delle Donne della stessa Associazione. E non è tutto. Si impegna, oltre che nell’Organizzazione Nazionale Maternità e Infanzia, anche per le pratiche di pensioni presso il Patronato Acli.

Diventa consigliere comunale, fatto rarissimo a quei tempi. Durante l’estate gestisce la colonia dei ragazzi a Livemmo con l’aiuto di Gina Tortelli, altra bravissima persona. C’era anche la  “Ghita”, nonna di mia moglie. Io c’ero!  Ah che voglia di riassaggiare quelle buonissime polpette, altro che MasterChef! Si partiva per la colonia col pullman del Nicolini, con la nostra valigia piena di indumenti con ricamato nome e cognome. Già allora avevamo le mutande firmate.

A casa, prima di partire, scrivevo sulle gialle cartoline postali: “Cara mamma, io sto bene, mangio molto”, c’era già il francobollo, così non si perdeva tempo, le spedivo ogni settimana e i miei sapevano che stavo bene e che mangiavo molto. Sul pullman cantavamo “La Laura l’è troppo giovane, ulta el fé pirla el fé lasel lé a secà fin dumà”…quando l’avevamo cantata tutta eravamo arrivati. Che nostalgia per quelle camerate, per le passeggiate per le marmellate Zuegg, per i ciclamini. Nomi che suonano come mete magiche: Belprato, Pian di Vaghezza, Barbaine, Odeno, Onodegno, Fornodono: altro che Maldive! Che giocate in pineta, quanti fortini costruiti con le liane e le frasche, quante battaglie tra indiani e cow boy. La discussione più grande era chi doveva fare l’indiano, rassegnato alla sconfitta. Le bambine costruivano collane con le foglie.

La sera la signorina Orsolina ci mostrava le filmine della massoneria, e si organizzavano piccole rappresentazioni, io cantavo “Profumi e balocchi”. E al finale “Piange la mamma pentita stringendola al cuor” l’Orsolina piangeva, la Gina Tortelli piangeva, don Angelo Callegari piangeva, le cuoche piangevano, le signorine piangevano, i bambini piangevano e io in camerata mi addormentavo beato del mio successo. Le mattine ci si lavava con l’acqua gelida, raccolta dentro un catino.

La domenica i familiari potevano far visita ai propri pargoli, ma guai ad entrare in colonia! I miei qualche volta salivano su per la strada a zigozago, con la Multipla, poi andavamo su un prato e mangiavamo l’anguria. Finito il turno, si tornava a casa, e la sera prima si cantava: “Anché l’è la vigilia dumà l’è la partensa se fa la riverensa ai asegn che sta ché”. Sul pullman del ritorno, già a Belprato cantavamo “Siamo arrivati ai nostri paesi” come se fossimo degli emigranti reduci dall’America, e a me scendeva una lacrima sul viso, come a Bobby Solo....Grazie, “zia” Orsolina!

“Prima fai quello che è necessario, poi fai quello che è possibile, improvvisamente ti sorprenderai a fare l’impossibile.” (San Francesco)

Elisa Baldo nasce a Gavardo nel 1862 da un’antica famiglia del paese. Rimasta vedova, viene indirizzata da Padre Piamarta a dedicarsi alla carità verso i più deboli. Apre una casa di assistenza per gli orfani e gli anziani indigenti e fonda la Congregazione delle “Umili Serve del Signore”. I suoi resti mortali riposano nella Cappella di Casa San Giuseppe, che ora ospita una casa di riposo per sacerdoti e laici. È dichiarata Venerabile il 18 marzo 2015. Ora il suo Ordine ha istituito case di assistenza anche in Brasile.
Ci sono giorni in cui, travolti dalla fretta o dai mille piccoli affanni della vita, si fa fatica a cogliere l’essenza della vita e si guardano le cose come se fossero prive di anima.

Un poeta scriveva: “Lentamente muore  chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso… chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna...”
Ci sono momenti in cui ti prende la disperazione, sapere che il furto e la violenza sono all’ordine del giorno, a causa dell’enorme disparità economica, e ti rendi conto che è un circolo vizioso, ad una ingiustizia si risponde con l’illegalità.
Ma dove sembra non ci sia più luce, ci sono persone che donano ancora attimi di speranza.
Ci sono momenti in cui capisci che l'istruzione è il vero mezzo attraverso cui si realizza l’uguaglianza sociale e il luogo strategico di formazione di cittadini davvero coscienti di essere artefici della propria vita.
Ci sono volti di bambini che ti sorridono anche se hanno visto il buio della paura.
Ci sono espressioni di bambini in cui traspare un raggio di sole in un ambiente dove regna la notte e il fango.
Ci sono bambini che ti sanno donare la gioia di vivere, e la speranza è  che possano diventare adulti diversi con una vita diversa.
Affinché il futuro di oggi sia migliore di quello di ieri…

“Non importa quello che fai, ma quanto amore ci metti” (Madre Teresa di Calcutta)

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo,
maestro John

Nelle foto:
1)Suor Liliana Rivetta
2)Cecilia Zane
3)Cecilia lassù sui monti…
4) L’Orsolina con Gina Tortelli


Commenti:
ID77147 - 12/08/2018 14:20:57 - (Iva) - Tutte grandi donne

Grandi donne queste che hanno fatto tanto bene a tutti e non chiedendo niente. Ce ne fossero tante cosi'

ID77148 - 12/08/2018 20:15:48 - (Geppo1950) - liliana

Ciao Liliana eri mia vicina di casa e ti ricordo con il tuo sorriso e la tua velocità in bicicletta,John a ragione fra i miliardi di stelle certamente una è la tua.

ID77149 - 13/08/2018 10:34:52 - (Geppo1950) - dimenticanza

avendo conosciuto sia Orsolina che la Gina, posso affermare che le famose polpette di Livemmo prima e Treviso B poi (da me frequentati), meriterebbero un Nobel in riciclaggio, grazie Orsolina e grazie Gina

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