12 Aprile 2017, 07.28
Fenomenologia della filosofia

Capire significa essere felici

di Dru

La filosofia è l'argomento dell'incontrovertibile essere. Esso si esprime intorno ad essa con linguaggio, cioè si manifesta processualmente

 
Il linguaggio sa essere controvertibile perché, nel processo in cui si rivela, appare come il problema scritto che ciò che ancora non è scritto si presenta per risolvere, la filosofia no.
Allora il linguaggio contiene la filosofia ma anche no, la nega.
 
Capire questo è già molto ma non è tutto, dove già molto ma non tutto presenta  il problema, la manifestazione filosofica o dell'incontrovertibile, ma non lo comprende del tutto.
 
Capire; si capire o carpire è proprio il comun denominatore che fa essere identica la conoscenza all'essere incontrovertibile, direbbe sempre quel mio caro professore di matematica.
 
Capire significa catturare, qualcuno lo chiama intuito, altri karma, ma non stiamo in linguaggio.. dicevo che capire ci mette in comunicazione con chi siamo, con l'essere incontrovertibile, incontrovertibile in quanto nessuno e nulla può davvero negare, questo conta davvero.
 
Ma se guardiamo un poco più a fondo questo assunto ne noteremo una crepa, un pertugio, la grande filosofia la chiama contraddizione.
Si, perché capire così significa non capire affatto, anche se così per millenni l'uomo ha creduto di capire.
 
Provo a mostrare la contraddizione con una metafora anche banale e che non sfuggirà la critica benvenuta, ma può servire alla causa:
Un uomo sta sulla barca e vuole tuffarsi per rinfrescarsi dalla calura.
L'uomo che sta sulla barca può davvero rinfrescarsi?
 
Ebbene, la nostra scienza arriverebbe a dire che a vista l'unica prudenza sia quella di accertarsi che l'uomo sappia nuotare, altrimenti si si rinfresca, ma per sempre.
 
Ecco che capire significa esser felici, e voi attoniti vi domanderete e perché?
Perché l'uomo "che sta sulla barca" non può davvero bagnarsi.
 
E per molto altro se è per il vero, ma già questo poco vi fa capire che esser felici comprende la soluzione del problema che si manifesta.
 
Capire significa appunto esser felici e voi, i più, forse tutti in questa lettura non avrete capito perché l'uomo della barca non può bagnarsi e resterete in questo infelici.
 
Perché l'infelicità è un problema che si presenta senza apparente soluzione.

E dunque vi si presentano due strade percorribili, come è di ogni problema, fingere a voi stessi, aver fede, che quello che dico non significhi nulla e così ve la cavate e siete in qualche modo, nel modo della fede, felici per la strada della fede in voi, o capire, cioè esser davvero felici.
 


Commenti:
ID71728 - 13/04/2017 14:41:43 - (Leretico) - Capire non sempre rende felici

In questo pezzo hai usato categorie psicologiche forzandole a diventare categorie filosofiche. utilizzi un artificio retorico per creare sorpresa, infatti dicendo che l'uomo sulla barca non può rinfrescarti tendi un trabocchetto al pensiero comune. Evidentemente si vuole dire altro. Rimanendo invece nell'ambito del sentire comune direi che il capire, a volte, genera una grande infelicità, se capire vuol dire "adaequatio rei et intellectus".

ID71732 - 13/04/2017 20:07:37 - (Dru) - Infatti capire non rende affatto felici

Sono assolutamente d'accordo con te, se tu che non lo sei con me, fenché non capirai.

ID71733 - 13/04/2017 20:13:41 - (Dru) -

Egon Key: Ciò che occorre rilevare e' che la volontà (di potenza) tradisce la vocazione della parte di voler essere il Tutto, ossia la volontà, fondata sull'isolamento della terra, non sa di essere già quel Tutto che accade processualmente (ed e' precisamente l'accadere processuale dell'eterno a costituire la radice dell'alienazione nichilistica - ossia il non apparire del Tutto come Tutto).

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