05 Marzo 2017, 09.16
Maestro John

Sei bellissima

di John Comini

Nella mia vita ho avuto un sacco di donne. Sono sempre stato circondato dall’affetto e dall’amore delle donne...


Mia mamma Caterina, che mi ha dato alla luce e mi ha donato un mondo d’amore.
E poi mia nonna Margherita, che mi chiamava “el mé prufisur”.
Mia nonna Francesca, che a Salò andava a lavare i panni sulla riva del lago, e per guadagnare qualche soldo li lavava anche ai carabinieri.
E una sera sua marito era stato fermato da due gendarmi vicino alla caserma, e gli hanno chiesto: “Cosa portate lì in quel pacco?” e lui “Le vostre mutande, signori” e tutto si risolse con una risata.

Mia nonna Francesca mi regalava sempre un pacchetto di wafer, ha avuto una vita così difficile che diceva sempre ai figli: “Quand che möre fì festa, mitì sö polenta, soprèsa e spinase, mangì e balì e disì a töcc: la nosa mama la ghà finit de patì.”

E poi c’erano le mie sorelle Valentina e Rita.
Mia sorella Valentina era costretta da me a giocare a palloncino, su nel grande terrazzo del “grattacielo” di Gavardo, e quando una volta erano entrati i ladri nella tabaccheria del Bruno Datteri, e lei aveva paura di dormire, io l’ho rassicurata: “Non preoccuparti, Valentina, ho la mia pistola Interpol sul comodino” (aveva dei micidiali capsuli rossi di gomma…).

Mia sorella Rita è una delle persone più buone che conosco (tutta mia mamma…).
E poi mia zia Giulia, piccolina, che lavorava in negozio e siccome mia mamma era quasi sempre in casa (usciva solo per andare in chiesa o per comprare la frutta e la verdura dalla Ranesi), tutti pensavano fosse lei mia madre.

Da ragazza durante la guerra portava i messaggi allo zio Vittorio che dopo l’8 settembre si era nascosto a Tenno, a pochi chilometri da Riva, e quando saliva sul battello rischiava i controlli dei militi nazi-fascisti, e non ha detto a nessuno –nemmeno ai genitori- di questa cosa, per non rischiare che qualcuno senza saperlo parlasse.

E poi la sorella di mia mamma, la cara zia Celeste.
Al suo funerale in chiesa avevo letto questa lettera per lei.

“Cara zia Celeste, in questo momento – ne sono certo- sei in Paradiso. E in Paradiso in questo momento, vedrai la luce dell’amore di Dio, e vedrai i santi di tutti i tempi e di tutto il mondo, vedrai i santi famosi, quelli che si venerano sugli altari, quelli che nelle chiese sono giustamente celebrati con l’oro e l’incenso. E sono certo che sarai felice, anche se forse penserai: “Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?” Ma come, zia Celeste, non ricordi? Hai vissuto la tua vita con la leggerezza di un sorriso, hai sempre aperto la porta del cuore a chiunque ti chiedeva un piccolo o grande aiuto.
Ti chiamavano l’angelo della notte, quando andavi a vegliare le persone anziane e malate, e lo facevi con serena sensibilità e tenerezza.
Al Centro sociale di Salò conoscevi tutte e ti facevi ben volere da tutte e a tutte regalavi un sorriso: come correvi dalle tue amiche nonne per giocare a tombola!
Tutto è puro per i puri: accoglievi ogni persona con umiltà e tenerezza, e mai hai parlato male di qualcuno, in ognuno trovavi sempre qualcosa di buono.
Eri innamorata dello zio Cecchino... ricordo quando abitavi vicino al Duomo, entrare nella tua casa era per me entrare in un mondo fatto di amore... ricordo che cinguettava un canarino, e io stavo bene con te.
Cara zia Celeste, certo penserai di non aver fatto cose straordinarie, forse pensi che la storia della tua vita non merita nulla al confronto con le vite delle persone cosiddette grandi che hanno fatto la storia. 
Forse adesso penserai che Dio è troppo buono con te, che la tua esistenza è solo una goccia dell’oceano... ma sono certo che qualche angelo ti spiegherà che la tua vita. fatta di fede, di tenerezza, di sacrifici, rappresenta una goccia unica, limpida e irripetibile nell’infinito mare dell’amore di Dio.
Cerca bene, lì in Paradiso, che certo troverai la tua mamma Francesca, la tua suor Dina, la tua Maria, la tua Giulia, il tuo Giovanni, il mio papà Luigi e la tua sorella Catina che –dicevi- da giovane era bella come un’attrice del cinema.
Scommetto che sarà ancora più bella lì in cielo, in un cielo celeste...come te.”
 
“Sally cammina per la strada senza nemmeno guardare per terra
Sally è una donna che non ha più voglia, di fare la guerra
Sally ha patito troppo, Sally ha già visto che cosa ti può crollare addosso
Sally è già stata punita per ogni sua distrazione o debolezza
per ogni candida carezza, data per non sentire l'amarezza…
Sally cammina per la strada sicura senza pensare a niente
ormai guarda la gente con aria indifferente.
sono lontani quei momenti quando uno sguardo provocava turbamenti
quando la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole
Perché la vita è un brivido che vola via è tutto un equilibrio sopra la follia…
Senti che fuori piove, senti che bel rumore...” (Vasco Rossi)
 
E poi nella mia vita all’asilo ci sono state tante suore Orsoline, da Madre Crocefissa a Madre Rosa a Suor Guglielmina (talmente piccola che ricordava la suora di Fellini in “Amarcord”).
E poi la maestra Scolari, che ho avuto nei primi due anni delle elementari.
In colonia a Livemmo ho conosciuto l’affetto della “zia” Orsolina Avanzi e della Gina Tortelli, oltre alla bravura della cuoca, la nonna “Ghita”.
E poi ho sempre avuto le “signorine” che mi lasciavano libero di giocare a cow-boy (come dimenticare la dolce Dori Lazzarini?).
E poi ho conosciuto le professoresse delle medie e delle magistrali, anche se con quelle non ho avuto un gran rapporto: ero un po’ come l’uomo invisibile. 

A 19 anni ho collaborato con la rivista “Madre” di Brescia, diretta da don Mario Pasini: mi piaceva scrivere, da qualche parte devo conservare il mio primo articolo… In redazione c’erano donne molto gentili e piene di sorrisi.
Nel ’74  è arrivato il concorso magistrale, il mio testo è stato apprezzato dalla commissione e ho superato lo scritto. Ricordo che il tema era sul lavoro di gruppo, a chi l’ha letto è piaciuto – sarà stata una donna?– e ho avuto un punteggio altissimo.

Dopo il concorso ho fatto i corsi quadrimestrali  (a quel tempo li  chiamavano così… mamma mia,  mi sembra di parlare dell’Ottocento!).
Frequentavo i corsi a Salò e lì ho conosciuto Maria Tiziana Baronio, mia futura dirigente scolastica.
I corsi ti davano diritto all’abilitazione e al ruolo: così sono passato di ruolo subito. Essendo entrato di ruolo con un punteggio alto potevo scegliere qualsiasi sede.

Scelsi Brescia, mi assegnarono alla scuola della Pendolina.
Il primo giorno ero un po’ perso, spaurito e mi chiedevo ‘Che cosa faccio adesso?’ Le novità in genere mi spaventano, mi creano ansia. Come se fossi un attore che non sa la parte…e infatti non avevo nessuna esperienza di insegnamento e non mi sentivo all’altezza.
La prima esperienza scolastica mi è stato però utile, perché ho lavorato con la maestra Maria Luisa Nardoni e mi occupavo di un bambino sordomuto con problemi di inserimento e socializzazione: quando io ero al suo fianco, il bambino era più tranquillo.

Ero una sorta di insegnante di sostegno, pur non essendo questo il mio vero incarico.
Stavo per lo più in classe e in questo modo osservavo il lavoro dell’insegnante.  Devo ringraziare quella maestra che mi voleva bene. Mi ha regalato il libro “Don Chisciotte”, che poi mi servirà per preparare lo spettacolo col Teatro Poetico. 

Nel gruppo dei teatranti ho conosciuto Gabriella Goffi, una persona splendida, riservata e profonda, che fin dai primi eventi realizzava costumi e scenografie.
Poi ha allargato la propria creatività realizzando sculture ricche di un fascino misterioso, utilizzando materiali presenti nella vita quotidiana, come stoffe, legno o metalli.

Ha detto: «Quando ho iniziato il "gioco" della scultura non potevo fare altrimenti: cucire, recuperare, riutilizzare era quello che sapevo e che potevo fare».
Ha esposto i propri lavori in musei famosi in Italia ed all’estero, unendo alle sculture foto e video (bellissima e struggente la “mostra” sull’Orfanatrofio di Brescia).

Il talento e la sensibilità di Gabriella si esplicano anche, in collaborazione con la psicologa Laura Consolati, nella "Scuola di psicodramma e arte" di Brescia, che si rivolge a tutti coloro che vogliono dare spazio al bambino nascosto e integrarlo nella propria vita emotiva e professionale.
E poi ho conosciuto le donne del Gruppo teatrale e del teatro Poetico, tra cui Rosa Micheli e Paola Rizzi, la ormai famosa Signora Maria.

Quando si è sposata con Giovanni Antonelli (professore di scienze motorie e sportive) aveva cantato questa bellissima canzone della Mannoia:
 
Se una mattina io mi accorgessi che con l'alba sei partito 
con le tue valigie verso un'altra vita riempirei di meraviglia la città…
Ma forse dopo un po' prenderei ad organizzarmi l'esistenza 
mi convincerei che posso fare senza 
chiamerei gli amici con curiosità e me ne andrei da qua…
Cambierei tutte le opinioni  e brucerei le foto con nuove convinzioni 
mi condizionerei forse ringiovanirei 
e comunque ne uscirei non so quando, non so come…
Ma se domani io mi accorgessi che ci stiamo sopportando 
e capissi che non stiamo più parlando ti guardassi e non ti conoscessi più 
io dipingerei di colori i muri e stelle sul soffitto 
ti direi le cose che non ho mai detto che pericolo la quotidianità e la tranquillità…
Dove sei, come vivi dentro? C’è sempre sentimento nel tuo parlare piano
e nella tua mano c’è la voglia di tenere quella mano nella mia…
Tu dormi e non pensare ai dubbi dell'amore
ogni stupido timore è la prova che ti do
e rimango e ti cerco non ti lascio più, non ti lascio più…”
 
Dopo un anno a Gavardo,  ci sono  stati due bellissimi anni a Gardone Riviera, in cui ho insegnato per due anni a due quinte diverse: i bambini erano bravissimi, molti figli di avvocati o di proprietari di Hotel, ma anche bambini del “popolo”, ma molto seguiti dalle rispettive famiglie.

Anche con le colleghe stavo benissimo.
Ricordo con particolare affetto la maestra Milena Scolari (ancora una maestra che si chiama Scolari! Un nome, un destino…), prodiga di consigli e di sorrisi.
A Gardone, l’anno dopo, non c’era più posto e così ho scelto Prevalle, la cui sezione staccata era Mocasina. La scuola era dislocata in un piccolo negozio, l’auletta era piccolissima e aveva una grande vetrina che dava sull’esterno.
Con i pochi bambini della pluriclasse preparavamo “il giornale” che poi incollavamo al vetro, che diventava una sorta di gazebo a cui appendevamo racconti, disegni, poesie.

Titolo del giornale di vetro? La “Vetrina”, ovviamente.
Conservo ancora una vecchia foto che testimonia i giri in paese fatti con i bambini. A Mocasina ho conosciuto una maestra eccezionale, una signora del paese, la maestra Neni Pasini, suo marito aveva le cantine.
Spesso mi invitava a casa sua, era una persona molto dolce.
Mi diceva: “Guarda John il campanile della chiesa, non somiglia a un gatto?”
Adesso è in Paradiso. Ciao, dolce maestra Neni!

Dopo 3 anni a Mocasina, nell’82 sono arrivato a Prevalle, la mitica scuola di Prevalle S. Zenone.
Io e la maestra Anna Ballerini facevamo l’esperienza delle classi aperte: avevamo due classi, e questo  per me, didatticamente, rimane il massimo a livello pedagogico.
Io insegnavo matematica e scienze, Anna faceva Italiano.
Alle 10.30 facevamo il cambio e i bambini vedevano due insegnanti in tutto, ma era come fosse insegnante unico.

Insegnavo anche religione: non c’erano bambini che non frequentassero le lezioni di Religione Cattolica, la mattina cominciava con la preghiera e con la riflessione personale di chi voleva..
Non c’erano grandi problemi a livello di insegnamento, nonostante ci fossero bambini che facevano fatica ad apprendere: il clima delle classi era sereno.
Le classi erano medio-piccole e si andava solo al mattino fino al sabato.

Con il nuovo direttore Omero Sala mi trovavo benissimo
: per me era (ed è) come un amico vero!
Mio figlio Andrea andava alla scuola materna, mia moglie lavorava a Brescia e allora spesso mi fermavo a mangiare a scuola, con il direttore e le altre maestre (tra le quali le amiche Fiorella Marai, Giovanna Gamba e Daniela Viola): erano momenti di gioiosa condivisione, di cui ho un ricordo indelebile.

Dovrei nominare tante persone, ma non potendo nominarle tutte, ricordo Enza Lonati e Marisa Gamba da Rezzato.
Le vedevo arrivare in macchina da Rezzato e confabulare tra di loro. Marisa mostrava a tutti i maestri i quaderni dei bambini che avevano scritto un bel tema.
Enza mi chiamava “maestro John, genio e sregolatezza”. Ricordo che dovevamo fare un regalo ad una maestra, e lei (presa da mille pensieri, era anche impegnata nell’amministrazione di Rezzato) era andata dalla festeggiata a chiederle i soldi per il regalo…
Che ridere! Mi trovavo davvero benissimo, il clima era molto bello, l’intesa praticamente perfetta.

Ascuola venivo in macchina con le maestre Nadia Bruschi (nonna dei miei carissimi nipoti Giulio e Marta) e Marì Zecchi, mamma del mio grande amico maestro Luca Lombardi.
Mi sono sempre trovato bene sia con le bidelle (gentili e premurose) sia con la Dirigente Maria Vittoria Papa e con il personale della segreteria (donne efficienti e sempre sorridenti, che non si arrabbiano mai, anche quando le prendo in giro…).
Lasciatemi ricordare con affetto e nostalgia la segretaria Angela Braga, che si destreggiava in modo perfetto nelle cose burocratiche ed apprezzava sempre le mie battute. Ora è in cielo col suo dolcissimo marito. 

Tra le tante maestre che ho conosciuto e con cui ho lavorato,
vorrei ricordare anche Ines Botelli, Giovanna Zambelli, Laura Rubino, Nives Cunni, Chiara Poli, Fiammetta Segala, Paola Romagnoli, Lucia Pappalardo, Antonella Staffa, Stefania Placenti, Serena Rizza, Sandra Amoroso, Chiara Fantoni e Debora Tonoli di Botticino (delle attuali maestre scriverò in un altro articolo… se no son guai…).

Il Dirigente-amico Omero Sala si era trasferito, con grande tristezza di tutti noi insegnanti, ed è arrivata la Direttrice Tiziana Baronio.
Inoltre, alcune delle mie care colleghe erano nel frattempo andate in pensione. Durante quel primo anno di scuola unica ho fatto anche il vicario, perché ero l’unica persona che la dirigente conoscesse.

Ricordo che nel collegio dei docenti aveva detto
: “L’unico che conosco qua dentro è il maestro John, con lui abbiamo fatto una ricerca sull’uccello scomparso, il Dodo”.
Ovviamente tutte le maestre risero, lanciandomi sguardi diabolici. Per molti anni (una vita!) ho lavorato a fianco di Vanna Ferraboli e Franca Filisina (nella foto, con le maestre Stefania e Sara ed i maestri Luca e Angelo Mora) con le quali ho condiviso i valori di fondo dell’insegnamento e l’attenzione verso tutti i bambini.
Con loro si è creato un legame, una sintonia su questo; come nella vita, anche nel rapporto professionale. Ci siamo sempre detti che era necessaria fiducia reciproca pur nella diversità. Le maestre nuove si sono sempre inserite su un modulo ben collaudato. 

La maestra Franca, ora in pensione, ha scritto queste bellissime parole ai bambini di quinta:
“Cari bambini, vorrei aver avuto il tempo di scrivere una lettera personale a ciascuno di voi perché credo che, pur formando un gruppo, una classe, siate tanti mondi diversi che ho imparato a conoscere in questi anni trascorsi insieme.
Ognuno di voi è unico, straordinario, anche quando si atteggia, soffre, ride e scherza.
A volte vi guardo e penso a quand’ero anch’io come voi e mi chiedo che cosa fa vibrare i vostri cuori, che cosa vi appassiona, che cosa mette in moto la vostra volontà di fare una cosa piuttosto che un’altra. Imparate a dire sempre, con educazione, tutto ciò che pensate. Continuate a credere nei vostri sogni perché “il sogno di oggi sarà la realtà di domani”.
Siete in possesso della libertà intesa come capacità di scegliere per cosa giocarsi la vita, ma che sia la vita vera, quella che volete, quella che vi aspetta, quella che vi farà tremare, gioire e capire che lì c’è tutto e non volete più tornare indietro.
Da parte mia vi dico che avrei voluto essere una buona e brava insegnante, aiutarvi, consolarvi, ascoltarvi quando vi vedo tristi e preoccupati, ma chiedervi di parlarmi mi è sembrato troppe volte un’invasione ed ho preferito a malincuore rinunciare.
Ho capito però che a volte l’arroganza di qualcuno di voi nascondeva un disagio, un malessere che più volte non ho realizzato e mi ha fatto comportare da “insegnante”, non da amica.
Di questo vi chiedo clemenza. Ora sento che avete una grande voglia e un gran bisogno di ballare “attraverso tutte… le note” della vita! Vi auguro un futuro fantastico…che l’avventura continui.”

Ho sempre creduto nel lavoro di modulo
in cui le colleghe condividono la sostanza delle cose, anche in presenza di metodi diversi.
Dovrei citarle tutti, ma l’elenco sarebbe troppo lungo.
La vita è l’arte dell’incontro, e io sono stato fortunato a incontrare queste persone! Queste insegnanti hanno dato il meglio di sé alle loro classi, nel rispetto dei ritmi, dei tempi e delle diversità di ciascuno.
Queste insegnanti hanno capito la solitudine e il senso di vergogna del bambino che non capisce, perso in un mondo in cui gli altri capiscono. Per alcuni bambini la scuola è l’unica salvezza.

Allora ogni giorno hanno provato a tirar fuori il meglio da tutti i bambini, e se non ce la facevano, si sono buttati di nuovo, giorno dopo giorno, ancora e ancora…
Insomma, devo ringraziare il Signore di aver conosciuto tante belle persone…  
Tra queste (anche se so che mi sgriderà) devo parlare di una “maestrina” incredibilmente brava e dolce, la maestra Sara Ragnoli.
Una donna (e amica) facile da osservare, ma difficile da definire… Apparentemente semplice, ma con un’imprevedibile sensibilità, molto riservata, difficilmente riesce ad aprirsi con le persone che non conosce.
Dotata di un’ottima capacità d’ascolto, non soffre la solitudine, le piace starsene da sola a riflettere sugli eventi incontrollati ed imprevedibili della vita (adesso rifletterà con in braccio la “sua” Cloe).
Guarda alla vita in modo positivo, ma non sopporta l’ipocrisia e le falsità, non sopporta chi fa del male alle persone che adora…
Se qualcuno ha bisogno di un favore,  Sara si fa in mille e cerca di fare il possibile per rendersi utile. Ha un forte senso estetico, adora le cose belle, è “maniacale” nell’abbinamento dei colori, adora la precisione per i minimi dettagli. Ha sempre voglia di far bene le cose,
è molto attenta alle parole di tutte le persone.
Non le piace oziare, deve sempre essere in movimento…lo standby non fa per lei..
Si sente insoddisfatta quando non riesce a fare qualcosa  al meglio delle sue possibilità.
Non sopporta di lasciar calare la notte sulle tristezze, incomprensioni o litigi del giorno. È convinta che ognuno di noi abbia ricevuto un carisma che deve mettere assolutamente in moto per non sprecare la propria vita.
Ha un forte senso del pudore.
È estremamente riflessiva e  prima di prendere decisioni pensa e ripensa ai pro e ai contro.
Arrossisce (come ora che mi sta leggendo) quando si sente imbarazzata…
Grazie Sara per l’amicizia che mi hai regalato.
 
“Ci fanno compagnia certe lettera d’amore, parole che restano con noi,
e non andiamo via ma nascondiamo del dolore che scivola, lo sentiremo poi,
abbiamo troppa fantasia e se diciamo una bugia
è una mancata verità che prima o poi succederà
cambia il vento ma noi no e se ci trasformiamo un po’
è per la voglia di piacere a chi c’è già o potrà arrivare a stare con noi…
Siamo così, è difficile spiegare certe giornate amare, lascia stare,
tanto ci potrai trovare qui, con le nostre notti bianche,
ma non saremo stanche neanche quando ti diremo ancora un altro “sì”.
In fretta vanno via della giornate senza fine, silenzi che familiarità,
e lasciano una scia le frasi da bambine che tornano, ma chi le ascolterà…
Siamo così, dolcemente complicate, sempre più emozionate, delicate,
ma potrai trovarci ancora qui nelle sere tempestose portaci delle rose
nuove cose e ti diremo ancora un altro “sì”…”
(Quello che le donne non dicono di  Ruggeri/Mannoia)
 
Dovrei scrivere un’enciclopedia delle mamme e delle nonne dei bambini di scuola, e delle bambine che ora sono diventate ragazze e donne e quando mi vedono mi fanno un sorriso che mi illumina il resto della giornata. Io sono sempre a contatto con le maestre, e potrei dirmi “beato tra le donne”.
E vorrei ricordare con riconoscenza anche la maestra Letizia, maestra di mio figlio Andrea e delle mie belle nipoti Barbara e Paola (nella foto).

E adesso sorbitevi questa mia filastrocca sgangherata sulle maestre…
Maestre che si chinano sui bambini e ascoltano i loro segreti
Maestre che odiano le cose fatte burocratiche
Maestre che chiacchierano dopo le riunioni e vanno avanti fino a tardi (ma chi prepara la cena? I mariti, e chi se no?)
Maestre che dicono 1.000 volte al giorno “Allora…adesso…” (provate a pensarci se non è vero)
Maestre che sbagliano porta ed entrano nella classe sbagliata
Maestre che fumano fuori dal cancello (è severamente vietato fumare…)
Maestre che portano a casa quintali di quaderni da correggere
Maestre che sono curiose di qualsiasi novità
Maestre che a ricreazione fanno comunella
Maestre che hanno cassetti della cattedra pieni di cose
Maestre che amano il proprio lavoro
Maestre che a furia di stare con i bambini diventano un po’ bambine anche loro
Maestre che parlano di viaggi, di città
Maestre che chiedono ai bambini “cosa pensi?”
Maestre che incoraggiano i bambini
Maestre che amano la materia e cercano di trasmettere questo amore ai bambini
Maestre che delle volte i bambini rompi li mangerebbero (ma pare che non si possa)
Maestre che lavorano di comune accordo con le altre maestre
Maestre che “piuttosto” di lavorare con quella lì…
Maestre che si complimentano con le altre maestre per il vestito
Maestre che aspettano un bambino
Maestre che tra poco si sposeranno e volano a mezzo metro da terra
Maestre che sono già sposate da un pezzo e camminano con l’aria di chi ha molto vissuto
Maestre che sognano
Maestre che si innamorano
Maestre che con pazienza ascoltano le domande dei bambini (anche quelle che non c’entrano per niente, ma tutto c’entra)
Maestre che accolgono con un sorriso i bambini di altri continenti
Maestre che credono nei lavori fatti bene, e se non son fatti bene, “sbagliando s’impara”
Maestre che odiano le prove Invalsi ma poi cercano di farle al meglio
Maestre che trasmettono l’amore per la scrittura, l’arte, la storia e persino la matematica
Maestre che magari non sono capaci a disegnare ma fanno fare disegni stupendi ai bambini
Maestre che sono imbranate col computer e girano con il tablet “poco connesse”
Maestre che urlano e i vetri tremano
Maestre che gridano col silenziatore
Maestre che in classe non senti volare una mosca (ma come fanno? Che metodo usano? Montessori o “Pestalozzi”?)
Maestre che addobbano le aule e pare una stanza di fate, piena di colori
Maestre che sono felici di andare in vacanza, come e più dei bambini
Maestre che sono più piccole dei loro scolari
Maestre che vanno ai corsi (che sono anche un modo per conoscere nuove persone e per chiacchierare…e metti che ci sia qualche bel docente…)
Maestre che parlano, parlano, parlano e poi hanno sete (per forsa!)
Maestre che hanno i tacchi alti e paiono fascinose modelle (ma col gesso sulla gonna)
Maestre che “si fa quel che si può”
Maestre che “oh no, ancora questa programmazione da correggere!”
Maestre che “i bambini son sempre peggio, guarda i quaderni di 5 anni fa, facevo il doppio e lavoravo la metà”
Maestre che sono innamorate dei propri bambini
Maestre che non invecchiano mai (anche nel ricordo dei loro alunni)
Maestre che si ricordano della loro vecchia maestra
Maestre che portano le paste perché compiono gli anni (e il maestro John corre felice nell’aula-insegnanti)
Maestre che hanno un’auto scassata, la maestra-mobile
Maestre che arrivano mezz’ora prima delle lezioni (“così sistemo le mie cose con calma”)
Maestre che già a settembre contano i giorni di vacanza
Maestre che sognano spiagge dorate, oceani immensi e un bel collega “macho”
Maestre che “stamattina non è giornata”
Maestre che confidano i loro segreti alle colleghe (“Ma mi raccomando, non dirlo a nessuno”)
Maestre che gli si illuminano gli occhi a parlare dei loro bambini 
Maestre che lavorano in silenzio, senza tanti proclami e progettazioni
Maestre che si prendono a cuore i bambini “difficili” o “diversi”
Maestre che fanno mille fotocopie
Maestre che da bambine volevano fare la maestra (come la mia bella ex alunna Michela Leali, che fa la maestra a Prevalle…col suo vecchio maestro)
Maestre che credono in un mondo migliore
Maestre che rendono il mondo migliore
Maestre con un'autorevolezza carismatica e materna Maestre competenti, appassionate, affabulatrici e rigorose
Maestre che insegnano a usare l'acca, gli apostrofi, le maiuscole e le doppie, a moltiplicare e a dividere, a credere in se stessi
Maestre che nel cuore dei bambini passano davanti alle mamme ("Lo ha detto la maestra")
Maestre coraggiose, resistenti, pazienti, eque, appassionate
Maestre sorridenti
 
Fra le donne della mia vita vorrei ricordare mia suocera Virginia, le mie cognate Giovanna Maccarinelli e Mariarosa Avanzi.
Il loro sorriso rende il cielo sempre più blu.  

“Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni.
” (Paulo Coelho).

E dulcis in fundo parlerò di mia moglie, il mio amore eterno (finché dura), che quando andavamo in giro con la Vespa cantavamo insieme Baglioni…
“E lungo il Tevere che andava lento lento
noi ci perdemmo dentro il rosso di un tramonto
fino a gridare i nostri nomi contro il vento, tu fai sul serio o no?
Tra un walzer pazzo cominciato un po' per caso
tra le tue smorfie e le mie dita dentro il naso
noi due inciampammo contro un bacio all'improvviso
è troppo bello per essere vero, per essere vero, per essere vero
Amore mio, ma che gli hai fatto tu a quest'aria che respiro
e come fai a starmi dentro ogni pensiero
giuralo ancora che tu esisti per davvero…”
 
C’è un libro famoso che diceGli uomini vengono da Marte, le donne da Venere.”
Il libro mi rasserena e mi mette in pace. In effetti, osservando bene mia moglie (sono 40 anni che la osservo...) noto alcune differenze: non è colpa sua se è fatta così, è che viene da un altro pianeta!
Non è colpa sua se a ferragosto, quando c’è quel caldo umido che io vorrei morire e mi strapperei la pelle, lei “sente” freddo e si mette
il golfino e la coperta ai piedi.
Non è colpa sua se alla tele io (partite di calcio a parte) salterei da un film all’altro, mentre lei si concentra su uno e lo guarda tutto, sino alla fine, anche per 10 volte in poco tempo (vedi “Il piccolo Lord”  e “Pretty Woman”).
Non è colpa sua se io vorrei dormire con la televisione spenta, mentre lei la vorrebbe sempre accesa tutta la notte…

Non è colpa sua se di notte io vorrei tutte le ante chiuse, al buio, mentre lei se potesse abbatterebbe anche i muri per “guardar fuori”.
Non è colpa sua se io mi metto sempre le mie comode tute mentre lei –armadi pieni, s’intende- non ha mai niente da mettersi e chissà come riesce a trovare sempre vestiti “in offerta” (ma alla domanda dettagliata: quando costa? Mi risponde: pochissimo, è quasi regalato).
Non è colpa sua se io vorrei mangiare la mia pastasciutta e lei inventa pranzetti sempre diversi (buoni, per carità, ma la mia pastasciutta?).
Non è colpa sua se passa con l’aspirapolvere mentre io sto guardando una partita di coppa (non puoi aspettare? Faccio in 5 minuti… e spesso in quei 5 minuti c’è un rigore).

E il bagno? Non si può entrare, l’ho appena pulito...
E la cucina? Non si mangia, però non trovi che c’è un buon profumo di lavanda?
Insomma, mia moglie è fatta così: sarebbe come dare la colpa al leone se mangia una gazzella (io sono la gazzella, per chi non l’avesse capito).

Una notte si è svegliata di soprassalto e mi ha detto che le stavo stringendo il collo con le mani…Scusa, ero in pieno sonno...stavo dormendo…
Nella mia casa ho un ruolo di primaria importanza: sono incaricato del cambio della carta igienica e come acchiappamosche: quando mia moglie vede terrorizzata da un ragnetto, io con sprezzo del pericolo lo acchiappo e lo voglio buttare fuori, e mia moglie con aria sadica: “Sbatel nel föch!”
 
“Se io fossi il re, oh amore se io fossi il re, molte nazioni porterei ad inchinarsi dinanzi al tuo scettro e a giurare fedeltà alle tue labbra, agli occhi e ai capelli e ai tuoi piedi quali tesori metterei…Le stelle  sarebbero il tuo filo di perle e il mondo un rubino per il tuo anello e potresti vestirti di sole e di luna…se io fossi il re…”
 
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
maestro John Comini


Commenti:
ID71317 - 05/03/2017 21:39:40 - (ba53) - Grazie

La ringrazio maestro John per i suoi scritti,mi aiutano a spaziare ancor di piu' nei miei ricordi,spesso simili ai suoi,penso che siamo quasi coetanei.Approfitto per ricordare due persone:l'ing.Tininini che da supplente alle medie mi diede lo slancio ad amare la matematica e Sandrini che al CFP di Villanuova in breve ci spiegava la lezione poi si spaziava nelle domande piu' strane a cui rispondeva come neanche un papà...

ID71322 - 06/03/2017 10:13:42 - (pierdo53) - ING. TINININI

Mi permetto di allinearmi con ba53 nel ricordo della figura del Prof. Ing. Enrico Tininini che alle medie di Vestone ebbi come insegnante di matematica. Persona squisita di una simpatia rara (per un insegnante di matematica poi) e che ebbi la fortuna di ritrovare in età adulta con la stessa simpatia e grande personalità che lo contraddistingueva. Purtroppo mancato alcuni anni fà rimane di Lui un bellissimo ricordo.

ID71323 - 06/03/2017 10:20:42 - (agostina62) - leggo molto volentieri

Leggo molto volentieri gli scritti del maestro john, anche se non sono stata sua alunna, ma nei suoi racconti dove mescola ricordi, canzoni e persone c'è qualcosa di poetico e diverente al tempo stesso proprio come nei suoi spettacoli....bravissimo Grazie

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26/08/2018 13:18

Rimmel

Lunedì a Nave ci sarà l’addio a Manuela, 35 anni. Ci sono ancora uomini che odiano le donne. Ci sono ancora donne che subiscono violenza. Ci sono ancora donne uccise da maschi pieni di orgoglio, di voglia di possesso o di un “amore” sbagliato

24/11/2011 08:00

Donne e dubbi Donne e maltrattamenti sar l'argomento di un incontro organizzato da Nonsoloottomarzo e dalla Casa delle Donne nella sala consiliare di Ro gioved 1 dicembre alle 20.45.

14/03/2014 09:00

Donne sull'orlo, donne sull'urlo Uno squarcio sull'amore al femminile in uno spettacolo scritto da donne ed interpretato da donne che andrà in scena nella palestra di Paitone sabato sera

25/04/2021 08:50

Voci di donne che resistono Da bambino ho sempre ascoltato storie di guerra, di prigionia e di resistenza. Mi addormentavo con mio papà che mi raccontava la sua guerra, di quando era stato in Africa, in Albania e in un campo di prigionia in Polonia (mio zio Fausto era stato in un campo in Austria)




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L'Unione ristoranti del buon ricordo festeggia i 60 anni

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