26 Dicembre 2016, 14.30
L'intervista

Dal teatro di strada al circo contemporaneo, il viaggio di Giulio Lanzafame

di Davide Vedovelli



Giulio Lanzafame nasce come artista di strada, frequenta alcune tra le più prestigiose scuole di circo europee e ha debuttato da poco con il suo nuovo spettacolo teatrale dal titolo Tramp. 

I più attenti se lo ricorderanno tra gli artisti della seconda edizione del festival di teatro di strada di Sabbio Chiese. Lo raggiungiamo per un'intervista in cui ci racconta di lui, del suo spettacolo e dell'affascinante vita dell'artista di circo.

Dal teatro di strada, passando per il circo e arrivando poi al teatro, da dove comincia il tuo nuovo viaggio. Quali sono le differenze maggiori (pregi e difetti di un luogo rispetto all'altro) tra piazze, strade e teatro?


Allora, la prima e più importante differenza tra strada e teatro è il pubblico: in teatro o comunque in un posto predisposto allo spettacolo (arene, corti, ecc.) il pubblico ha una volontà precisa di andare a vedere uno spettacolo e quindi ha una coscienza - non tanto su quanto andrà a vedere - quanto sull’utilizzo del suo tempo. In strada, invece, il pubblico si trova coinvolto all’improvviso in uno spettacolo; ovviamente anche qui c’è una sua scelta ma è estemporanea e non premeditata; quindi avremo due tipi di pubblici diversi, entrambi curiosi, ma uno pronto ad andare via per completare le proprie commissioni e l’altro paziente e predisposto a vedere e capire.

Detto ciò vengono le differenze di stile tra la strada e il teatro: la strada ti porta ad avere un rapporto diretto con il pubblico e un ritmo sostenuto dello spettacolo che deve essere sempre coinvolgente; la durata dello spettacolo non può superare in 45 minuti, sia perché il pubblico è in piedi sia perché si tratta di persone che stavano andando da qualche parte e che l’artista ha interrotto nella propria giornata.
La strada non può essere modificata, se non in rare occasioni.
 
Il teatro è come una lente di ingrandimento per il pubblico, quindi ogni gesto dell’attore deve essere calcolato e deve esprimere un’intenzione, i tempi e i ritmi sono molto più calmi, il pubblico si trova in una posizione rilassata al buio e l’unico elemento illuminato è la scena: quindi l’attore si può permettere di rallentare. Per contro, non si può permettere di saltare passaggi psicologici del personaggio, altrimenti la lettura del pubblico sarà deviata (il rapporto diretto in strada ti permette di cambiare idea e quindi intenzione seguendo il pubblico).
Il teatro può modificare lo spazio all’interno dello stesso spettacolo quindi permette una versatilità drammaturgica potenzialmente infinita.

Sei contento di come è andata la prima assoluta del tuo spettacolo? C'è qualche cosa che vorresti cambiare o va bene così?

Sono contento per com’è andata la Prima del mio spettacolo. Ovviamente cambierò delle cose: questo spettacolo - essendo un’opera vivente - ovviamente cambierà con il tempo e soprattutto in quanto spettacolo di circo dovrà necessariamente cambiare rispetto alle potenzialità del mio corpo. Il corpo dell’attore in scena è il vero e unico strumento che lui ha a disposizione, infatti è tramite il corpo che dà vita a tutte le situazioni e tutti i suoi oggetti in scena. Quindi lo spettacolo cambierà in base al corpo e alle sue potenzialità.

Inoltre penso di essere un artigiano più che un artista e quindi nel momento in cui imparerò qualcosa di nuovo, sicuramente lo inserirò, stando attento allo stile e alla drammaturgia.
 
La performance di ieri sera, oltre a far vedere le tue grandi abilità, e permettimi i complimenti per il numero di giocoleria, unisce il circo classico al circo contemporaneo creando un filo invisibile, quasi come la corda su ci ti esibisci alla fine. In alcuni passaggi mi hai ricordato David Larible (spero sia un complimento). Hai girato molti paesi e sei rientrato in Italia, qual è la situazione generale? Come siamo messi noi rispetto ad altri paesi?

Grazie, sì, lo prendo come un complimento.
Questa è la famosa domanda da un milione di dollari.
Ogni Stato ha una cultura differente, un’attenzione differente rispetto alla cultura e non in tutti gli Stati hanno la stessa definizione di cultura.
Io ho vissuto il circo principalmente in Canada, dove i punti di riferimento sono il Cirque du Soleil, le Sept doit de la Main e il Cirque Eloise. Lo Stato canadese stanzia milioni di dollari per la ricerca e lo sviluppo del circo e noi in Europa ospitiamo moltissime compagnie canadesi acquistandole a un prezzo vantaggioso; lo stesso fanno la Francia e il Belgio e quindi c’è un forte scambio artistico tra queste tre nazioni.
Ho lavorato anche negli Stati Uniti, dove la situazione è più simile a quella italiana e quindi la nostra compagnia ha dovuto completamente autofinanziarsi, di conseguenza abbiamo dovuto mettere l’accento artistico su cose che potevamo reperire gratuitamente (quindi per esempio le nostre idee e il nostro talento).
Poi ho avuto l’occasione di lavorare in Sud America e in Africa: anche lì tutta un’altra storia: l’assenza quasi totale di infrastrutture e la necessità di dover lavorare presentando sempre produzioni nuove porta il circo a un’evoluzione “orizzontale” che non sempre va nella profondità di un tema (ovviamente questa affermazione non è assoluta, mi rifaccio alle mie esperienze personali).


Come vedi invece lo stato attuale del circo classico? (parlando con alcuni impresari e direttori ho riscontrato una grandissima difficoltà a portare gente sotto il tendone. Cosa non funziona o non ha funzionato negli anni passati e ha portato la gente a disinnamorarsi del circo?)

Altra domanda da 2 trilioni di dollari!
Contestualizziamo l’era d’oro del circo, rifacendoci anche a Fellini (la strada e i clown): si parla di anni dove il pubblico si stupiva con poco e c’era un’ingenuità molto sviluppata. Bastava pochissimo per accattivare il pubblico e questo credeva a tutto quello che si diceva (verso la fine dell’800 qualcuno aveva cucito mezzo pesce a un corpo e diceva di aver pescato una sirena e la gente credeva che fosse vero) e quindi la poetica del circo si muoveva tra mito e incredibile. Il circense che riusciva a fare il triplo salto mortale era un eroe unico al mondo che viaggiava ovunque per mostrare la sua abilità.

Se consideriamo la società di oggi siamo diventati molto concreti, sappiamo dove sono i continenti, vediamo gli animali esotici ovunque e non ci basta più vedere il salto mortale. Quel salto deve rappresentare qualcosa sia dal punto di vista della drammaturgia che dal punto di vista “vita”: il pubblico non vuole essere preso in giro facendogli credere chissà che, ma vuole sognare e dimenticare se stesso per la durata dello spettacolo. La tecnica circense è fondamentale, ma lo è anche la poetica e l’universo: ognuna di queste cose deve servire l’altra, quindi non dobbiamo identificarci con la tecnica, ma cercare quanto più possibile di unire corpo mente ed emozione. Solo così si potrà creare e percorrere un viaggio emozionale, smontando il proprio ego ed essere solo tramiti (catalizzatori) per il pubblico così da regalare la katarsi.

Altra cosa importante è cercare di mettersi nei panni del pubblico: mi chiedo spesso “io andrei a vedere il mio spettacolo? Io pagherei 15€ per vedere il mio spettacolo? Se dovessi essere lo spettatore del mio spettacolo mi piacerebbe e aspetterei per salutare l’attore? Dopo l’esperienza di aver visto il mio spettacolo lo consiglierei ai miei amici?”

 
Il circo contemporaneo, come tutte le forme d'arte, credo abbia un ruolo nella società, oltre a rifletterla un poco. Tu che ruolo pensi possa avere una forma di spettacolo tanto antica in una società improntata sulla velocità e sulla multimedialità?

Il circo contemporaneo può avere il ruolo che vuole, se ha un pubblico di supporto la cosa fondamentale sono i rischi che vogliamo prendere.
Il circo può essere all’interno del teatro ragazzi, della danza contemporanea, dell’opera e là dove c’è bisogno di volare o di vedere il mondo sottosopra, il circo può creare metafore infinite sempre in equilibrio tra il successo e il fallimento.
I grandi classici della cinematografia ci hanno mostrato che tutto è possibile; il circo ha lo stesso potere se e solo se vogliamo metterci in gioco per realizzare l’impossibile e vedere l’invisibile, creare metafore che parlino sia al cuore che alla mente. Il circo non deve mai dimenticare l’umiltà della fragilità e della vita; noi siamo al servizio del pubblico e non viceversa solo grazie al pubblico noi possiamo vivere e senza vita non ci può essere circo.

Progetti per il futuro? dove potremo rivederti?

Ancora non so dove potrò riproporre il mio spettacolo, spero che il teatro sempre di più apra le sue porte al circo. Comunque sicuramente ancora all’interno del circuito C.L.A.P. Spettacolodalvivo con i quali ho collaborato negli ultimi due anni e che sono i precursori dei circuiti per il circo contemporaneo.
 
Qual è il tuo vizio preferito?


Il mio vizio preferito è parlare di arte e di spettacoli, davanti a una moretti… ma più che un vizio mi sembra una condanna! La cosa che preferisco è osservare la gente nei suoi momenti più intimi per cercare una qualsiasi fonte di ispirazione osservare l’essere e poi cercare di riprodurre l’essere.

Grazie


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