24 Dicembre 2016, 14.04
Glocal

Qualità dell'aria e salute

di Valerio Corradi

Torna di attualità, per alcune settimane e fino alla prossima copiosa pioggia, la questione dell’inquinamento dell’aria. Ma l’aria della pianura Padana è da tempo (e per tutto l’anno) una delle più inquinate d’Europa e secondo la IARC (International Agency for Research on Cancer) contiene elementi cancerogeni. Cosa fare?


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Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 stiamo vivendo la consueta emergenza invernale da polveri sottili cui corrispondono provvedimenti degli enti locali volti ad alleviare la situazione in attesa del primo consistente periodo di pioggia, dimenticando poi il tutto fino alla nuova emergenza invernale o estiva.

Eppure l’impatto delle attività industriali (e non) presenti in pianura padana sulla salubrità dell’aria è al centro dell’attenzione ormai da alcuni anni. La pianura Padana è la zona più urbanizzata e industrializzata del nostro Paese che, come tale, vede una notevole concentrazione di sorgenti inquinanti. Il quadro è aggravato dal fatto che essa è caratterizzata, per lunghi periodi dell’anno, da persistenti condizioni di stabilità atmosferica e forti inversioni termiche che non facilitano il ricambio dell’aria ma, anzi, favoriscono l’accumulo e la propagazione uniforme di alcuni inquinanti.

Elementi di criticità interessano alcune specifiche aree del territorio lombardo, tra cui quella bresciana, dove per alcuni mesi l’anno, non vengono rispettati gli standard di qualità dell’aria per PM10 (particolato), NO2 (biossido di azoto) e O3 (ozono).

In particolare, anche per Brescia, si evidenzia la persistente concentrazione di particolato nella zona urbana. Leggermente migliore è la situazione nelle zone collinari e nelle propaggini più meridionali della pianura.

La tendenza complessiva emersa nel corso degli ultimi anni è quella di un cambiamento qualitativo della tipologia d’inquinamento atmosferico. Negli ultimi anni si è registrato un consistente miglioramento dei valori per alcuni inquinanti quali SO2 (biossido di zolfo), CO (monossido di carbonio), C6H6 (benzene) e in misura minore NO2 (biossido d’azoto). Si evidenzia la maggiore esposizione agli inquinanti delle zone urbane ma anche il contenimento, al di sotto dei valori limite, dei livelli di SO2, CO e C6H6.

Tra i fattori che hanno concorso alla riduzione di questi carichi inquinanti, vi sono le trasformazioni del settore energetico tra le quali un posto di rilievo è occupato dalle modifiche agli impianti termici civili (passaggio dal gasolio al gas naturale), dai processi di trasformazione del ciclo produttivo delle centrali termoelettriche a turbogas, dalle concomitanti diminuzioni del contenuto di zolfo nei combustibili e dal miglioramento delle tecnologie dei siti produttivi (DPR 203/1988) oltre che dalla loro progressiva delocalizzazione.

I processi energetici (industriali e non) hanno contribuito per la maggior parte delle emissioni in atmosfera. La combustione non industriale, rappresentata principalmente dal riscaldamento domestico, è l’attività energetica che più concorre all’emissione di polveri sottili. Tra i settori che contribuiscono maggiormente a produrre emissioni inquinanti quello dei trasporti si è reso responsabile di più di 1/4 delle sole emissioni di CO2.

Sono quindi l’ozono (O3) il particolato (PM10) a costituire i principali inquinanti atmosferici della pianura padana e delle aree limitrofe producendo effetti negativi sugli ecosistemi naturali oltre che sulla salute umana. La IARC (International Agency for Research on Cancer)  ha evidenziato da alcuni anni che “esistono prove sufficienti che l’inquinamento atmosferico sia cancerogeno per gli esseri umani” e in particolare sottolinea il nesso tra particolato e cancro del polmone.

Questi dati richiamano l’attenzione sulla necessità di incoraggiare, 365 giorni l’anno, un rinnovamento verso principi di eco-compatibilità delle tecnologie esistenti e di promuovere processi di trasformazione energetica e di mobilità più sostenibili. 



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