22 Agosto 2016, 14.51
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«Neet», ovvero i giovani che non studiano né lavorano

di Valerio Corradi

Si stima che in Italia i Neet siano oltre due milioni. Si tratta di un numero di giovani in aumento che sono inattivi, prima di tutto a livello lavorativo, seppure per motivazioni spesso anche molto diverse tra loro. Il rischio della disoccupazione "strutturale"


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I Neet (Not in Education, Employment or Training) sono una categoria sociale composta da persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che non sono iscritti a scuola né all’università, che non lavorano e che nemmeno seguono corsi di formazione, stage o aggiornamento professionale.

I Neet sono una categoria composita
che comprende coloro che hanno concluso la scuola dell’obbligo e lavorano in assenza di un regolare contratto, i giovani che hanno interrotto la loro ricerca di lavoro dopo alcune esperienza magari anche positive ma che non sono sfociate in una stabilità occupazionale.

Ci sono poi giovani che non sono in possesso di competenze richieste dal mercato del lavoro e che rimangono in attesa di un lavoro in linea con la propria carriere scolastica, con le proprie aspettative oppure con occupazioni vicine al proprio luogo di residenza.

Il problema di fondo che accomuna questi profili sembra però essere una bassa motivazione e uno spirito rinunciatario che comporta la mancanza di interesse per il lavoro e lo studio e per un aggiornamento delle competenze.

Per evitare che questi giovani vadano ad alimentare una disoccupazione strutturale con conseguenze socio-economiche generalizzate è necessario favorire una loro attivazione e rimotivazione elaborando strategie condivise per far emergere la specificità della loro condizione e la necessità di un riavvicinamento a contesti lavorativi reali.

In questa direzione, il coinvolgimento dei Neet all’interno dei Patti di servizio (accordi tra Centri per l’Impiego e persone disoccupate incentrati su progetti lavorativi/formativi personale concordati con gli interessati), previsti dalla recente riforma della politiche attive del lavoro (D.lgs. 150/2015), sembra offrire qualche opportunità aggiuntiva per favorire l’attivazione dei giovani e una maggiore personalizzazione delle azioni loro rivolte.

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