07 Marzo 2016, 15.24
Attualità

Isis, ritorno al medioevo

di Jessica Freddi

In Egitto i cristiani, principalmente appartenenti alla chiesa copta, rappresentano il 10/20% della popolazione, e nella maggior parte dei casi la gente si pone con tolleranza, ma c’è comunque una base, anche legislativa, di diversità


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L’anno scorso cinque studenti egiziani in gita scolastica hanno girato un video: un ragazzo inginocchiato supplica l’altro, che con le mani mima i movimenti di un boia che sta per tagliargli la gola.

Nell’aprile del 2015 uno studente della stessa scuola ha informato del video un insegnante, che ha denunciato l’accaduto alla polizia locale.
La polizia viene interpellata per un video girato in gita da 5 adolescenti? Sì.

I cinque studenti egiziani erano cristiani e il loro obiettivo era quello di prendere in giro l’Isis: secondo le voci, nel video viene dissacrato il Corano, anche se in realtà i ragazzi stavano deridendo l’Isis, non l’Islam, né il suo testo sacro.

I giudici hanno emesso il verdetto senza guardare il video: tre ragazzi sono stati condannati a cinque anni di carcere per blasfemia, mentre un altro è stato mandato in riformatorio.
Le denunce di blasfemia in Egitto sono in aumento: chiunque parli della religione in modo diverso viene denunciato e condannato.

Ciò accade nonostante l’Egitto si proclami “Stato musulmano in cui cristiani e islamici vivono fianco a fianco”.
In Egitto i cristiani, principalmente appartenenti alla chiesa copta, rappresentano il 10/20% della popolazione, e nella maggior parte dei casi la gente si pone con tolleranza, ma c’è comunque una base, anche legislativa, di diversità: ogni nuova legislazione civile non può essere contraria alle leggi dell’Islam, e la Costituzione sancisce che l’Islam è la religione di Stato e la sharia è il fondamento della legislazione.

Gli egiziani cristiani sono da sempre ostacolati, non godono di pari opportunità nell’accesso all’educazione e al lavoro, e l’ascesa dei gruppi estremistici e terroristi di matrice islamica è stata  sempre accompagnata da attacchi a cristiani e chiese.

La libertà religiosa in generale in Egitto è oggi ostacolata sia dalle pratiche discriminatorie delle istituzioni pubbliche, che, ad esempio, controllano solo la costruzione delle chiese ma non delle moschee, sia dall’azione illegale ma spesso tollerata dei gruppi fondamentalisti islamici.

L’ascesa dell’Isis ha inciso in maniera incredibile sulla vita dei cristiani che vivono nei Paesi arabi.
L’esecuzione dei 21 cristiani egiziani, rapiti e giustiziati all’inizio del 2015, è una delle manifestazioni più barbare e rilevanti di come questo gruppo terroristico stia attaccando i fondamenti della tolleranza religiosa, e non meno rilevante è la condanna di questi adolescenti.

Ogni giorno le minoranze cristiane, ma non solo, sono più in difficoltà: l’Isis infatti non colpisce solo i cristiani, ma anche i musulmani che seguono una corrente diversa, e chiunque non interpreti il Corano in maniera estremista, radicale e anti-occidentale.

Nei territori di cui l’Isis si è appropriato sta formando un vero e proprio “stato”: gestisce l’istruzione, bandendo dagli insegnamenti la storia, l’arte, la musica e le teorie evoluzionistiche; pubblica linee guida su come indossare veli e vestiti; controlla l’erogazione dei beni primari, come l’acqua e il petrolio; impone la sharia, lasciando alternative praticamente nulle ai fedeli delle altre religioni e agli atei.

I cristiani che vivono in aree sotto il controllo dei terroristi hanno tre scelte: convertirsi all’Islam, pagare la tassa religiosa di protezione, la morte.
L’Isis è tutto questo: attentati, uccisioni, esecuzioni di massa, rapimenti, barbarie, terrore e censura.

Sapere che l’esercito terrorista dello Stato islamico è protagonista dei peggiori attentati che il nostro momento storico sta vivendo è terrificante, e altrettanto lo è sapere che sta influendo sulla libertà religiosa dei giovani anche in un Paese dove più fedi hanno sempre convissuto.
“L’Egitto può essere visto come modello di convivenza per combattere le barbarie dell’Isis”, così il patriarca copto Tawadros II ha descritto il suo Paese, ribadendo che la migliore risposta alla persecuzione dei cristiani e di ogni minoranza religiosa nel mondo arabo deve essere proprio la coesistenza tra più fedi.

La libertà di fede, la libertà di espressione, la libertà, oggi, non dovrebbero mai essere messe in discussione. I tempi delle Crociate sono finiti da un pezzo.



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