Si possono superare con la tecnica i limiti naturali della procreazione, è giusto superarli? Questo domanda Leretico nel suo ultimo pezzo
Se intende rispondere che l'uomo è tecnico e quindi gli esperimenti tecnici di Mengele erano umani, mentre il limite imposto dal concetto di uomo è disumano, io oppongo la mia fede nell'uomo, ripeto fede, che salva delle vite, come quelle dei bambini rinchiusi in baracche fatiscenti e convinti dalle infermiere tedesche ad andare verso la morte sotto i ferri di Mengele con la promessa di vedere la loro mamma. Certo la radicalità della filosofia vola più in alto rispetto a queste domande di così basso profilo. Ma personalmente voglio credere, ripeto voglio credere, in un uomo diverso.
Rispondo in questo modo perché ho capito che l'uomo non può fare altro che scegliere, nella fede che il mondo possa essere oggetto di scelta. Anche se l'uomo sapesse che il tutto rimane immutato e che la sua volontà non avesse possibilità di ottenere ciò che vuole, si muoverebbe nell'ambito di volontà contrapposte ad altre volontà, ad altre scelte. Anche quella nella tecnica è una fede che combatte contro altre fedi. Combatte contro il Cristanesimo, la Democrazia, il senso comune, la naturalità del lago d'Idro, i diritti naturali. Ma è una fede, una scelta anch'essa. Se questa scelta portasse alla morte milioni di persone, rispetto ad un'altra scelta che ne portasse una di meno, solo una persona che sopravvivesse in più, sceglierei sicuramente per la seconda. Sceglierei la vita rispetto alla morte.
Lo sterminio non non si orefigura come tecnica, ma come tecnologia, in quanto è la tecnica al servizio di un'idea e non un'idea al servizio della tecnica.
Non sono diversi in quanto limite, o struttura ideologica. Non è questa la dimensione tecnica, questa è la dimensione ideologica. Ogni fatto, come sterminio o come umano, è un concetto che crediamo realizzato. Si tratta di comprendere che la tecnica non si ferma al concetto del realizzato, al fatto, perché vuole realizzare. Anche il concetto, o concettualizzazione vuole "realizzare", ma essendo il "realizzato", blocca il "realizzare" nel limite del "realizzato".
Si, ma quello che non hai ancora compreso è che, essendo la tecnica la super fede, non combatte nell'incertezza, ma combatte certa di esser vittoriosa. Ora, è invece necessario sapere che, all'interno della fede, il suo fondamento è la tecnica. Quindi, nella fede, il risultato è la tecnica. Dunque Leretico crede di poter scegliere, glie lo consente proprio il senso che diamo alle cose, le cose tecniche.
Questo è il necessario del dire..
Poi vi è il dire libero, ma questo si contraddice.
è il discorso tecnico, essendo tu ancora ancorato a quello ideologico. Si, credi di aver capito la differenza del "realizzato" e del "realizzare", ma poi (in realtà da subito, il poi è un poi temporale ma non logico) identifchi il secondo al primo, mostrando di non esserti liberato da certe concettualizzazioni del senso comune. Allora la morale a Vendola cade, cioè cadi dal piano filosofico a quello del senso comune, quello di Vendola e di chi, Giano bifronte, non comprende a fondo ciò che dice, perché non ti accorgi di "far lo stesso".
Certo non ti obbligo ad abbandonare il tema in cui ti rifugi...
tra la fede nella tecnica e altre fedi, essendo l'uomo mortale prigioniero della scelta, scelgo quello che produce meno meori, meno sofferenza. Delimito il piano del mio discorso perché vedo che nonostante la logica, il mio messaggio non passa. Il dire "la tecnica è vincente" significa che tale volontà, l'uomo che ne è espressione, è vincente. Si parla sempre di dominio, potenza, essere vincenti. Un'ossessione a cui mi sottraggo volentieri. E dico: nell'ambito delle volontà e delle fedi, tra cui la tecnica, scelgo, essendo condannato a scegliere come uomo mortale, ciò che salva più vite. E' chiaro che qui si sta parlando dell'ambito contraddittorio della volontà, nessuno lo nega. Ma ciò che non vuoi capire è che, se parliamo di questo piano o mi porti un esempio che possa chiaririsi su questo piano oppure parliamo di altro. E se parliamo di altro (destino, apparire, contraddizione C) allora ammettiamo di
essere su un altro piano.
Ragiona, non voler vincere a tutti i costi, questo tuo essere ti confonde. Vincere significa, all'interno sempre del concetto storico o della storia di ogni elemento, superare l'altro, strappandolo. Ma l'altro non confonderlo e ridurlo sempre al concetto di uomo, sei oltremodo riduzionista. Tu che critichi la potenza, poni sempre i concetti su di un ring dove l'uno e l'altro sono solo uomini. Questo è riduzionismo. Vincere la morte, appunto, significa superarla, cioè strapparla ucciderla.
Significa appunto dire che all'interno della fede, siccome la fede è il discorso sull'apparire di ciò che non appare, la tecnica, che è il processo di separazione dell'identico e identificazione del diverso, supera ogni altra fede.
Non ti avvedi che il ring è la tecnica.
La tecnica sul ring combatte contro la democrazia, ma alla base, il ring, è per entrambi la tecnica. Dove la democrazia se ne serve, è quindi obbligata dalla tecnica, mentre la tecnica può benissimo far a meno della democrazia... Ecco perché la tecnica vince.
Ti ho fatto un buon esempio?
La domanda "si possono superare con la tecnica i limiti naturali della procreazione, è giusto superarli?" indica qualcosa di ben preciso: esistono (nella fede) dei limiti naturali ed esiste un discrimine tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Il limite naturale è espressione di una volontà, di una fede. La giustizia dipende anch'essa da un limite espressione di una fede. Anche la tecnica è una fede, una volontà. La domanda iniziale si traduce allora così: quale forma di uomo esce dalla tecnica vincente? E soprattutto: la sconfitta delle volontà (fedi) che credevano di utilizzare la tecnica per dominare, porta alla loro ininfluenza definitiva? Io credo che la visione del paradiso della tecnica manchi di qualcosa: manca la descrizione dinamica in cui tutte le forze e le fedi in campo si confrontano generando un equilibrio dinamico finale. E parliamo del piano della fede, dell'ideologia, della tecnologia, per
intenderci, e non lo confondiamo con il piano del destino, dell'apparire, del cerchio trascendentale dell'apparire.
.... Cosa ho definito con Giusto? Eppure sono anni che qui lo definisco, ma si vede che non mi ascolti; cosa significa giusto, Leretico?
Cosa è davvero giusto?
Sei ancora immerso nell'ideologia, nel limite...
Il davvero giusto, cioè quello che si mostra con autorità, è che non esiste alcun limite.
..l'anima della tecnica, questo il pensiero moderno fonda, mostrandone le ragioni e l'essenza. Tutte le nostre convinzioni poi sono potenziate se in questo si trovano d'accordo e depotenziate se vi ci si oppongono.
È solo il pensiero nichilista, la tecnica, che crede di poter essere influente sul tutto.
Il limite esiste eccome: è una volontà. E' da anni che lo dico ma si vede che non mi ascolti.
Il limite sorge sulla tecnica, cioè sorge, come volontà, quando tutto cambia. Se il tutto cambia, il suo limite, in questa proposizione, è il tutto e non è il tutto, cioè l'uno (il tutto) e l'altro del tutto. Ma se guardiamo bene, dentro questa ulteriore proposizione, che scaturisce dalla prima proposizione, vediamo che a diventare è anche il limite che adesso sono due, il tutto e non il tutto, e così ad indefinitum...
Anche il logos lo è, anche la ragione.
Non è quest'ultimo discorso, è il nichilismo. Ora, se l'esser sé dell'essente ti ha coinvolto, lo hai capito davvero, quando si è nichilisti, quando si parla dell'essente "volontà annientante", il limmite non esiste. Cioè, è la volontà annientante che dice che il limite non esiste. Infatti io, per non cadere nella categoricità ho scritto sopra "se" il limite non esiste, cioè in quanto nichilista il limite non esiste... Fare il verso del pappagallo non ti aiuta.
che il limite non esista è il preconscio del pe siero occidentale... E quindi del nichilista o di chi vuol con potenza... Utero in affitto anche.
E primogenitura del lago anche...
abbiamo lambito le acque scure del fondamento, per altro chiarissime e limpide come nessuna superfice può nemmeno mai immaginare.
La volontà è verità...
"La questione decisiva del pensiero, oggi, riguarda il senso è il valore della fede e dell'interpretazione greca del divenire. Mettendo in questione tale fede, si mette in questione l'essenza stessa della nostra civiltà. Ma anche: se la fede greca nel divenire sta al fondamento dell'etica della scienza, ossia della volontà di accrescere indefinitamente la propria potenza, allora, mettere in questione la fede e l'interpretazione greca del divenire del mondo significa incominciare per davvero a mettere in questione l'etica della scienza." Tra virgolette si dice che la tecnica, e la scienza che è il suo motore, sono fedi al cui fondamento sta la fede nel divenire. Se è così allora chi oppone alla tecnica un'altra volontà rischia di perdere. Se salvare la vita di qualcuno significasse perdere, allora correrei il rischio di perdere. Questo sempre sul piano della volontà, per intenderci.
Ma si dice anche che il modo di mettere in questione la tecnica non è con un'altra volontà ma con la messa in discussione del suo fondamento ossia la fede nel divenire. Io invece sostengo che essendo l'uomo prigioniero della scelta, non è detto che non ci si possa opporre per un fine diverso, anche se si risulta perdenti alla fine.
Il valore della fede è l'intretazione greca del divenire. Qui, tra le virgolette è in discussione la messa in questione di questo valore. Mettere in questione il valore fondante il pensiero Occidentale è già una presa di coscienza di ciò che la volontà in sé non può mettere in questione.. L'io che assume come prigione la scelta dovrebbe riconoscere come vera la scelta. Cosa è la scelta?
Una di mirtilli e una alla panna. Siamo ad una festa e "io" prende (sceglie) una fetta ai mirtilli. Cosa significa questo per il valore suddetto? Per il valore che dà significato anche alla nostra scienza, scegliere di prendere la fetta ai mirtilli significa dar vita al mondo della decisione dell'"io" coi mirtilli e cancellare quello dell'"io" con la panna. Ma accade davvero questo? Cosa accade quando facciamo le "nostre scelte"? Accade questo che ho appena detto?
Noi, in quanto occidentali, crediamo che questo accada, ma ancorché pieni di torta ai mirtilli, non è vero, cioè non alpare che noi facciamo una scelta e non appare ne meno che noi diamo vita a qualcosa e togliamo vita ad altro.
Dicevo: questo non appare. Quindi credere di essere nella posizione di scegliere è credere nell'impossibile.
Ma voi due non fate prima a telefonarvi?
Hhhhhhhhh
che un mondo, quello della torta alla panna nella pancia di chi ha mangiato la torta ai mirtilli, è stato cancellato per far posto a quel mondo della pancia piena di torta ai mirtilli? no, nessuno lo può affermare con verità. Quindi è una pura deduzione quella che fa derivare la scelta occidentale sul presupposto della libertà discegliere mondi possibili e diversi, o libero arbitrio, una deduzione che non appare e mai è apparsa.... e sai che tutto ciò che non appare, e lo vogliamo come ciò che appare, è fede. La libertà è fede.
Restare liberi nella tecnica E' significativo il pensiero che rende il senso della cosa, o il significato che è la sua essenza. differentemente il suo esser quella cosa, quel pensiero, vuole la trasformazione di essa. La trasformazione di essa è lo scopo dell'azione voluta
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ID64658 - 06/03/2016 09:53:41 - (Leretico) - Il tema del mio articolo
Il tema del mio articolo era la contraddizione in cui è caduto Vendola che nel contrasto tra ideologia comunista (fede) e apparato tecnico-scientifico ha scelto di rinnegare la prima per abbracciare la seconda. A detta sua "per amore". Per venire al discorso sui limiti, mi sono chiesto nello stesso articolo come fosse stato possibile che in Germania si fosse realizzato l'Olocausto di milioni di ebrei. E qui chiedo nuovamente che senso vogliamo dare alla morte, tra quei milioni, di bambini oggetto di esperimento "tecnico" da parte del dottor Mengele. Quei bimbi innocenti sono morti e noi che abbiamo saputo ci siamo chiesti se tutto ciò fosse giusto. Ora chi viene a raccontarmi della giustizia di questi atti deve poi dirmi qual è il criterio che distingue il giusto dall'ingiusto. E nella sua spiegazione deve dirci se dunque quei bambini è giusto che siano morti.