18 Febbraio 2016, 14.21
Quaderni di Cinema

L'immagine della città nel cinema, n. I

di Nicola 'nimi' Cargnoni

Con questa piccola introduzione, inizia l’inserto che sarà dedicato all’uso dell’immagine cinematografica all’interno dei vari contesti urbani


Si tratta di un piccolo viaggio virtuale che tenterà di tracciare alcune linee di sociologia urbana utilizzando proprio l’immagine filmica come scandaglio per misurare il rapporto tra uomo e città in alcuni dei film più importanti del passato e del presente.
All’origine di questo lavoro c’è lo studio del testo “L’immagine della città nel cinema” di S. Bisciglia (edito da Progedit, Bari, 2013) sul quale ho voluto provare a realizzare questo lavoro di “integrazione” virtuale.
Per avere il fascicolo completo mandate una e-mail a n.cargnoni@studenti.uniba.it


INTRODUZIONE


L’incipit di «I quattrocento colpi»1 non si limita a fungere da establishing shot2.
Il carrello con cui Truffaut esplora Parigi è molto di più: è una visuale dal basso, e in un certo senso integrata, dell’ambiente urbano in cui si svolgerà la narrazione del film.
La Tour Eiffel rimane sullo sfondo, accennata, visibile soltanto per la sua parte superiore e a intermittenza, mentre in primo piano scorrono le immagini di enormi caseggiati popolari e vecchi opifici; fino a quando il carrello passerà molto vicino alla torre, sfiorandola, senza però che il grandangolo riesca a contenerla per intero.
A mio avviso è una splendida metafora della marginalità dei personaggi che Truffaut andrà a tratteggiare nello sviluppo della pellicola.

È altresì innegabile l’importanza che assume il contesto urbano, soprattutto a partire dagli anni in questione, che hanno investito il cinema italiano e francese, portando la macchina da presa sulla strada, tra le abitazioni, in mezzo al traffico, di fronte a persone reali.
Il teatro della vita non può avere migliore scenografia del mondo reale, fermo restando che qualsiasi inquadratura è comunque finzione, essendo il frutto di precise scelte, selezioni ed esclusioni. Ciò che determina l’inquadratura è, fondamentalmente, il fuoricampo.

Ma il carrello iniziale di Truffaut rimane scolpito nella storia, in tutta la sua maestosità annunciata e poi solo sfiorata, contemplata e sognata. L’essere parte del contesto urbano, l’essere “dentro”, l’essere integrati alla città è in netta contrapposizione con lo splendido finale che vedrà Antoine3, il piccolo protagonista, in una fuga verso l’orizzonte, libero da quelle catene con cui la famiglia, il quartiere e la città (intesa anche come istituzione) lo tenevano stretto.

L’azione dinamica del carrello che si muove tra le vie delle città, però, non è l’unico punto di vista in movimento.
Riprendendo il concetto “baudleriano” di flâneur vengono subito alla mente i meravigliosi piani sequenza di Tarkovskij e Anghelopulos, talvolta vere e proprie inquadrature a 360° che cercano in un certo senso di abbracciare l’ambiente in cui si svolge l’azione, in una sorta di cerchio infinito, che non preclude spazi all’occhio dello spettatore, dando così l’impressione che la macchina da presa stia passeggiando coi protagonisti.
Oppure come non ricordare certo cinema che vive di nuovi linguaggi, spesso radicato in realtà urbane, che fa del pedinamento e del piano sequenza gli elementi vincenti di un nuovo modo di raccontare le tensioni della società: a tal proposito viene naturale pensare al cinese Ming-Liang Tsai o al messicano Carlos Reygadas.

Il presente lavoro, invero molto essenziale, si presta a essere più che altro un indice. Nella prima parte ho deciso di provare a proporre alcuni film che il testo «L’immagine della città nel cinema» non comprende, soprattutto a causa delle recentissime date di uscita, di poco antecedenti, contemporanee o addirittura successive all’uscita del libro.
Nella seconda parte parlerò di come si sono sviluppati alcuni film molto recenti che hanno visto come protagonista la periferia romana (e un paio d’altre periferie italiane) partendo da un confronto con alcuni dei film di Pasolini e dei suoi «ragazzi di vita».

1  Un film di François Truffaut. Con Jean-Pierre Léaud, Albert Rémy, Claire Maurier, Patrick Auffay, Georges Flamant. Titolo originale Les 400 coups. Drammatico, b/n, durata 93 min. - Francia 1959.
2Ripresa utile a presentare il luogo o l’ambiente nel quale si svolgerà l’azione.
3 Interpretato da Jean-Pierre Léaud.

CAPITOLO 1 – I luoghi cinematografici


1.a Il punto di vista mobile: «Holy motors»

L’excursus parte dall’ultimo lavoro1 di Leos Carax. Il regista francese ci ha ormai abituati a un cinema del tutto visionario, votato all’estetica, che tende essenzialmente a farsi manifesto di sé stesso, in una strenua lotta per la sopravvivenza.
È proprio il cinema l’argomento principale di «Holy motors». Monsieur Oscar2 fa un lavoro molto particolare: passa da una vita all’altra, interpretando ogni volta un personaggio diverso (o meglio: vivendo ogni volta nei panni di una persona diversa).
Nei passaggi tra una situazione e l’altra si muove su una Limousine guidata dalla fidata Céline.
La Parigi in cui è ambientato il film non è sempre quella oleografica e stereotipata, ma dai finestrini dell’automobile si possono intravedere molti dei quartieri della città.

Elemento essenziale anche ai fini della nostra ricerca è la luce “malinconica” e notturna, anche durante le ore del giorno, che rispecchia quel bisogno di dialogo che il regista ha di instaurare col pubblico.
La città non si limita a essere sfondo, ma “cambia” insieme a M. Oscar e diventa scenografia, si trasforma in un enorme palco “vivente”, vero e proprio teatro dei “sacri motori” (mi piace pensare che essi siano le macchine da presa…) che alimentano la scena in un caleidoscopico turbinio di vita.

Metamorfosi umana e urbana, la pellicola di Carax è un mosaico di vicende umane e situazioni disparate, in cui Oscar si muove come pedina su una scacchiera. L’uomo interpreta persone e personaggi di diversa estrazione sociale, calandosi nei panni delle persone che animano la società contemporanea, facendosi specchio di una sorta di “determinismo ambientale” che pare condizionare i comportamenti sociali e antropologici nei vari teatri dove il palcoscenico della vita offre il suo spettacolo.

Così quartieri residenziali, umidi garage, stretti vicoli di periferia, malinconici tetti di un albergo con l’insegna al neon diventano gli spazi dove Oscar, nell’arco di 24 ore, anima le intere vite dei personaggi che interpreta, in una fantastica allegoria del cinema dove una Limousine diventa backstage, ma non luogo freddo e passivo, bensì uno spazio animato da un “sacro motore” in grado di dare forma ai sogni, filtrati da una crepuscolare luce malinconica.

1  Un film di Leos Carax. Con Denis Lavant, Edith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue, Elise Lhomeau. durata 110 min. - Francia, Germania 2012.
2Interpretato da Denis Lavant.

Prossimi numeri (previsti circa 6):
-Her, Cous Cous, La notte
-Arca Russa, Clerks, Alta fedeltà
-Grand Budapest hotel, Il buio oltre la siepe
-Capitolo II – Periferia romana, periferia italiana; Accattone, Mamma Roma
-Brutti sporchi e cattivi, Et in terra pax, Sacro Gra
-Pasolini e conclusione



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