Di parassita in parassita. Ecco un'altra analogia de LoStraniero che prende le mosse dall'idea che per distruggere lo sfruttatore si possa decidere di ammazzare lo sfruttato
Il
Pediculus humanus capitis è un parassita. Un parassita dell’uomo. Predilige la parte alta del corpo: il capo e in particolare la nuca e le zone sopra le orecchie...
E questo perché l’uomo, nel corso di sei milioni di anni, ha gradualmente perso i peli nelle altre parti del corpo.
In tutto questo tempo, nonostante i ritrovati della scienza e della tecnica che ci vengono quotidianamente annunciati, non siamo ancora riusciti a debellarlo del tutto. Anzi … .
Ci riusciremo in un futuro?
Chissà
Quello che so è che alcuni membri del governo, collegati con rinomati centri di ricerca, ci stanno pensando.
Questo perché il discorso riguarda anche un altro corpo interessato al problema: il corpo “Italia”.
Esso, contrariamente a quello dell’uomo, è rimasto ancora molto peloso. Oltre che peloso, è anche poroso, direi
fuzzy, e perciò è un habitat ideale per lo sviluppo di ogni genere di parassita.
Anche qui l’indesiderato ospite, non fosse altro che per motivi istituzionali, predilige concentrarsi sul capo, cioè nella capitale.
Qui, nella patria del diritto, i parassiti ci sguazzano. Non passa giorno che non ci giungano notizie di malaffare, di malversazione, di peculato, di corruzione, di dipendenti pubblici che non lavorano, che sprecano, sperperano, danneggiano (vedi le numerose denunce della Corte dei Conti).
Una pletora di impiegati che s’imboscano, non fanno niente se non i fatti loro, ma ricevono comunque encomi, premi e laute prebende a fronte dei danni che procurano ai cittadini, che trattano come cani, con spocchiosa arroganza e insopportabile prepotenza.
Il nostro è ormai uno Stato del non diritto, peggiore di quello delle banane.
Basti pensare alla vergogna mondiale degli esodati, e alla mancata esecuzione delle sentenze perfino della Corte Costituzionale.
Questa è la patria del diritto di calpestare i più deboli, i più indigenti, quelli che non possono difendersi.
Questa è la patria delle angherie e dei soprusi.
Questa è la patria dei vigliacchi.
Nella mia vita errabonda, un giorno sono capitato a Calci, un piccolo paese della provincia di Pisa.
Strano nome quello di Calci. Pare che l’origine derivi dal latino
calceum, piede del monte, o anche dal fatto che qui si fabbricavano i calzari per i legionari dell’impero romano.
Cito questo paese semplicemente per una curiosa scritta posta sul monumento collocato nella piazza principale del comune. Diceva: “
Calci ai caduti”.
Il non previsto secondo senso di questa scritta, certamente casuale e non voluto dagli ignari e onesti cittadini di questo grazioso paese, è stato però profetico.
Ogni volta che i media annunciano il malaffare, io penso ai caduti, ai cimiteri di guerra di italiani sparsi per l’Italia e per l’Europa, a quelle croci bianche tutte in fila, allineate e mute, e a quella scritta di Calci.
Erano in piedi e sono caduti. Caduti per chi? Per i parassiti che sguazzano nella melma della capitale e del resto d’Italia?
Per i parassiti che cantano Mameli (un altro caduto) e gridano ad alta voce “
siam pronti alla morte …”. Alla morte di chi?
Cantano e cantano. Canta che ti passa, dice un famoso detto.
Anche il grande Leopardi ha scritto un canto. Il canto “
All’Italia”.
Se avesse saputo, avrebbe ugualmente scritto questo componimento, di cui qui riporto qualche verso?
“
O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perchè, perchè? dov'è la forza antica,
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
O qual tanta possanza
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
Combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl'italici petti il sangue mio.”
Mi vien da piangere. Mio povero caro piccolo e fragile Giacomo, mi vien da piangere.
C’è però, per fortuna, anche una buona notizia.
Come dicevo dianzi, il governo, con la collaborazione dei ricercatori, ha escogitato un metodo sicuro per far fuori definitivamente i parassiti e sul punto ha fatto già dei test.
Il metodo è fondato sull’idea che per distruggere il parassita bisogna eliminare la vittima.
Quest’idea, semplice e geniale (come mai a nessuno era venuta in mente prima?) è stata già applicata in via sperimentale generando, come si diceva, i cosiddetti esodati.
Nutriamo perciò forte speranza di vittoria definitiva contro i parassiti di questa povera Italia.
LoStraniero
ID61772 - 11/10/2015 18:51:28 - (Giacomino) - Oh, caro stranier
Come non piangere con te alla tua favella udir.