Tempo di vendemmia

Non è molto poetico, ma la sensazione che rimane più addosso, più nitida, ancora oggi, è il freddo sulla pelle, sui polpacci, alle caviglie. Gelo, ghiaccio, quasi da far male.

Un'attività dall'intenso significato antropologico la vendemmia, per tutti gli italiani. Certo, la Valle Sabbia non è nota per il buon vino, ma la vicinanza col Garda e la passione dei contadini che provavano a produrlo in casa, lo rendono comunque un ricordo affezionato. In effetti ci sono anche eccellenze del territorio non indifferenti, tra cui il Groppello di Puegnago, da poco festeggiato in occasione della sagra del vino. Il valore della vendemmia è sì economico, ma soprattutto sociale, culturale, emotivo. Si tratta di un'attività di origini antichissime, che ci scorre dentro attraverso l'energia della memoria genetica: si dà il caso che furono proprio i nostri antenati toscani ad inventare il vino, gli etruschi, che ne scoprirono il sapore per errore, dall'uva dimenticata in un vaso di terracotta che aveva fermentato. A quell'epoca, il gusto un po' troppo acido della bevanda si addolciva con l'aggiunta di miele e altre spezie per arricchire la bevanda di mosto.

Nelle comunità agricole, la vendemmia era un grande evento di lavoro, che riuniva non solo le famiglie legate ai possedimenti di viti, ma anche gli altri membri della comunità, che si riunivano per aiutarsi vicendevolmente e produrre vino, da consumare e da vendere. Alla fine di una dura giornata di lavoro (a quei tempi la vendemmia si faceva a mano), si consumava una grande cena tutti insieme, come coronamento della giornata. Anche durante le fatiche sotto al sole si facevano delle pause, nelle quali le donne, munite di cesti, portavo provviste e prelibatezze ai lavoratori nei campi. Non solo, solitamente, la vendemmia era legata all'organizzazione di eventi locali come sfilate, giochi e feste della comunità. Un'occasione per socializzare, condividere e festeggiare i doni della terra.