03 Agosto 2015, 08.57
Pensiero

Ingarbugliate parole

di Dru

Il nostro Dru confuta alcune affermazioni di Umberto Eco, estrapolandole dal discorso pronunciato all'Expo, dove lo studioso è intervenuto sull'argomento "cultura"


"Oltre i conflitti e il terrorismo [..] c'è un'ancora [..] è la cultura."
Per Umberto Eco, insomma, la cultura non riguarda i conflitti e il terrorismo, infatti prosegue così: "È importante per la mutua comprensione in un mondo in cui i popoli non possono più ignorarsi a vicenda, ma vivono a contatto..."

Ora, queste affermazioni sono cariche di presupposti che confondono la ragione e chi ragiona.
Se oltre i conflitti e il terrorismo c'è un'ancora significa che il terrorismo e i conflitti non sono della cultura.

Falso presupposto.

Il terrorismo e i conflitti sono affermazioni storiche e quindi culturali, ogni epoca ha il suo modo di confliggere e di terrorizzare.

Che la cultura riguardi la comprensione è vero
, infatti in essa si adopera la guerra perché il nemico, altro concetto culturale, comprenda prima possibile le proprie ragioni, la propria cultura appunto.

Che l'ignorarsi esista lo si può affermare solo sulla base di un concetto, o cultura appunto, dunque sia il "comprendersi" che l'"ignorarsi" lo determinano.

"Molta gente nei secoli si è uccisa perché non si conosceva abbastanza" dice Umberto Eco.

"Molta più gente nei millenni si è uccisa perché si conosceva anche troppo bene" dice la negazione sempre presente in una cultura che è attenta a non essere banalizzazione.

"La comprensione interculturale può ridurre gli scontri e far nascere nuove forme di fratellanza" dice il nostro ad un pubblico abituato ad acconsentire senza alcuna riflessione.

Ridurre gli scontri può essere inteso come un viatico per la pace, ma se debbo ridurre qualcosa a qualcos'altro, significa che questo qualcosa lo voglio altro da sé e in quanto altro, questo qualcosa dell'altro  è terrorizzato, conflitto, annichilito, distrutto, annientato, infinitamente altro della sua pace, direi piuttosto pace  perpetua.

Infatti: ".. Far nascere nuove forme.." significa far morire quelle vecchie, fargli guerra dunque.

Tutto il contrario dello spirito con cui Umberto Eco, con le parole che gli sgorgano incoscienti, vorrebbe il dire delle parole e del loro significato.

Egli infine, concependo come contraddizione le parole dette, afferma "..è anche vero che i gerarchi nazzisti sterminarono un popolo la cui cultura conoscevano benissimo"

Ora, vi dirò perché questi intellettuali dalla penna facile si prodigano sempre a pronunciare dilemmi che non risolvono quasi mai.
Lo fanno per mestiere, non vogliono essere presi alle spalle da chi gli può rispondere come ho risposto io e molte volte sono anche in malafede, perché qui non ci credo che Umbero Eco si faccia così gioco della ragione.

Se dico "a" e dico che comunque conosco anche "non-a" risulto sapiente in tutto, perché dico di una determinazione e dico di tutto ciò che la può negare. Tertium non datur, cioè tra "a" e "non-a" non esiste nulla di intermedio.

Però se affermo che "a" è il vero, per forza, la forza della ragione, la forza del principio di non contraddizione, "non-a" è il falso di quello che dico, mentre con garbo giornalistico il Nostro inganna il pensiero e imbecille, cioè infermo, afferma che anche se "a" è vero è pur vero anche "non-a", capite la scorrettezza?

Oggi, tra i giornalisti e gli intellettuali dalla penna facile, ciò che conta non è più quello di risolvere i dilemmi, o contraddizioni, costa fatica, costa filosofia, ciò che conta davvero è mostrare di conoscere un po' di tutto e tutto contraddittoriamente, perché non serve alcun impegno intellettuale se non si è coinvolti dal districare con ragione le proprie ingarbugliate parole.




Commenti:
ID59774 - 03/08/2015 10:03:00 - (Dru) -

Expo, Eco racconta la globalizzazione buona: “La cultura crea nuova fratellanza” su la stampa, lo trovate in Internet...

ID59775 - 03/08/2015 10:08:19 - (Dru) - A proposito... Il mio titolo

La cultura crede di creare.

ID59779 - 03/08/2015 12:12:23 - (cardinale) - Igor

Dice anche "Ma non dimentichiamoci anche che ci sono stati grandi criminali che collezionavano quadri" Attenzione quindi a discendere da dove deriva la cultura...

ID59781 - 03/08/2015 12:18:33 - (Dru) -

"La comprensione interculturale può ridurre gli scontri, e far nascere nuove forme di fratellanza. In mezzo ai conflitti, può avere una funzione positiva e costituire uno - ma uno soltanto - degli elementi di salvezza per un mondo globalizzato". Dice il Nostro, ma la comprensione, che può ridurre gli scontri, è nuovamente un presupporre che gli scontri nascano per un incomprensione, quando invece gli scontri il più delle volte nascono proprio perché l'uno comprende che l'altro non ha, delle proprie volontà, o fedi, o cultura, gli stessi fini. Cioè, è propria della comprensione l'animo del conflitto. E poi qui Eco si inerpica in parabolismi degni del miglior inquisitore, cosa significa dire che è uno, e gli altri? Ci lasci così nella vaghezza? E infine questa salvezza benedetta da Eco! Ce la vuole spiegare? Perché se bisogna cambiare il mondo senza cultura in mondo con cultura, questo mondo senza

ID59782 - 03/08/2015 12:19:27 - (Dru) -

cultura è salvo?

ID59783 - 03/08/2015 12:33:44 - (Dru) - Cardinale

non confondere come fa Eco, credo intenzionalmente, la cultura con Goebbels, Goebbels non è la cultura ma è della cultura. È proprio perché Eco confonde l'Individuale con l''Universale, che poi ci si arrampica sui vetri per 2 giorni, per altro scivolando continuamente. Certo bisogna saper vedere e Eco e il vetro su cui egli scivola.

ID59784 - 03/08/2015 12:36:52 - (Dru) - E infine

nel mio scritto indico apertamente dove stia il dilemma, il dilemma sta proprio nel dover ammettere che la cultura non produce fratellanza in Goebbels. E allora? A cosa stiamo giocando, al paroliere?

ID59786 - 03/08/2015 12:47:57 - (Dolcestilnovo) -

Dipende cosa si intende per cultura, credo. Di solito Eco non e' mai banale alla Galli della Loggia per esempio che e' la quintessenza del prevedibile. Generalmente le guerre, dichiarate dai politicanti, trovano alimento nell'ignoranza, cioe' nella non-cultura, del popolo che sostiene la guerra proprio perche' l'informazione di regime ne guida i sentimenti con mezze verita' o bugie belle e buone.

ID59790 - 03/08/2015 14:05:15 - (Dru) - Caro Dolcestilnovo

la tua risposta mi stimola ad una riflessione che avrei preferito fare in un articolo (e non si sa mai che lo farò comunque). Dipende dici, ma è proprio quel dipende che va meglio risolto e che un intellettuale dovrebbe sentire come dovere nel suo mestiere. Certo è che per un bambino che guarda un film, il pistolero che spara "uccide". Ma noi sappiamo che le cose non stanno così, e certo che per un bimbo i due amanti che si stanno baciando in un film lo fanno con passione, ma noi sappiamo che le cose non stanno così, o meglio così stanno nel film ma non nella sua ragione. Lo stesso è per l'argomento che Umberto Eco sta trattando. Se egli vuole controbilanciare la propaganda di regime con queste fallibili affermazioni, non credo che gli valga la pena, cioè non credo che affermazioni così contraddittorie lo possano fare.

ID59791 - 03/08/2015 14:11:37 - (Dru) -

Sarebbe come se io spiegassi a mio figlio che il pistolero non uccide davvero perché è buono. A questo livello argomentativo, dove da una parte c'è l'immagine del pistolero che uccide e dall'altra la mia buona fede in quello, credo che mio figlio, benché affezionato a me, non mi ascolterebbe.

ID59792 - 03/08/2015 14:13:19 - (Dru) -

E d'altra parte della vera questione disputata non avremmo sfiorato alcunché.

ID59793 - 03/08/2015 14:29:47 - (Dru) - La cultura

la cultura è la storia. Punto. Se la storia la "fanno" gli uomini, anche quando a produrla è il Cosmo o Dio, allora la cultura siamo "noi" come enti storici e storizizzati.

ID59794 - 03/08/2015 14:47:07 - (Dru) -

Dire "è la nostra cultura" o "è la nostra storia" è sinonimo, è il dire della stessa cosa, o materia.. Certo si potrebbe obiettare che la cultura non si può subire mentre la storia si, ad esempio quando siamo costretti a fare o subire qualcosa allora è la nostra storia, e non è la nostra cultura, ma in questo caso l'obiezione è mossa da intelletto astratto, perché la cultura non è solo quella che si legge sui libri e non è solo quella che si fa e non si subisce, nella cultura di un popolo ci stanno e gli eventi vincenti e gli eventi perdenti. Ad esempio è della nostra cultura subire il fascino di un Dio o del denaro, relativamente a questi (enti) noi siamo ancora oggi perdenti, è la nostra cultura, è la nostra storia..

ID59797 - 03/08/2015 17:06:32 - (Dolcestilnovo) -

Dru non ti seguo scusa. Nessun uomo "di cultura" sara' mai per la guerra almeno ai nostri giorni. Non puo' esserlo, la "cultura" glielo vieta. La mancanza di conoscenza ottenebra il cervello. Io non conosco la faccia scura della luna e per questo la temo, mi e' nemica. Se conosco non sparo, discuto: cosi' dall'altra parte.

ID59798 - 03/08/2015 17:07:04 - (Dolcestilnovo) -

Ah Dru, dimenticavo: aspetto l'articolo!

ID59799 - 03/08/2015 17:28:37 - (Dru) - Non è colpa tua, Dolcestilnovo

se non capisci è colpa mia e è bravura tua di dichiararlo, perché solo così, solo discutendo di cose apparentemente facili, si può progredire. Allora, essere per la guerra non è la guerra. Se un intellettuale non è per la guerra, allora farà guerra a chi è per la guerra. Tra chi è per la guerra e l'intellettuale, in questo caso non c'è alcuna differenza, sia chi è per la guerra sia chi non è per la guerra, se vuole l'un sconfiggere l'altro, quell'un gli farà guerra all'altro e viceversa. Infatti Umberto Eco intenderebbe distinguere chi ha la cultura e allora non fa guerra e chi invece è incosciente e la fa. Già Socrate venne accusato di ingenuo intellettualismo per questo motivo e infatti Eco, per non essere preso per ingenuo, parla di Goebbels come di un finissimo intellettuale, ma che ha sterminato più di 6 milioni di ebrei e così facendo in 4 righe

ID59800 - 03/08/2015 17:34:55 - (Dru) -

quest'ultimo smentisce le prime 3 e così Eco dice e non dice allo stesso tempo, dice contraddittoriamente. Io credo che lo faccia inconsciamente, proprio perché della "guerra" ha un concetto astratto e così ha un concetto astratto di "positività" e di "riduzione"

ID59801 - 03/08/2015 18:51:01 - (Dru) - Scrivo

"Che l'ignorarsi esista lo si può affermare solo sulla base di un concetto, o cultura appunto, dunque sia il "comprendersi" che l'"ignorarsi" lo determinano." Cioè per un eremita "ignorarsi è comprendersi", e "non ignorarsi è offendersi", no?

ID59804 - 03/08/2015 19:28:06 - (Leretico) - La conoscenza dell'altro riduce i conflitti?

La conoscenza reciproca della cultura dei popoli aumenta o diminuisce la possibilità di conflitto tra di essi? Io penso che la maggiore conoscenza di un fenomeno diminuisce la possibilità che qualcuno ci possa manipolare descrivendolo diversamente da quello che è. Insomma la conoscenza aumenta la libertà di giudizio e diminuisce quel fenomeno che gli imbonitori televisivi conoscono alla perfezione. Se è questo quello che intendeva dire Eco, sono pienamente d'accordo con lui. Se invece intendeva che in generale la conoscenza dell'altro produce meno conflitti allora non sono d'accordo, perché è troppo spesso vero il contrario: proprio perché si conosce l'altro si è in grado di contrastarlo maggiormente.

ID59814 - 03/08/2015 23:34:40 - (Dru) -

"Io penso che la maggiore conoscenza di un fenomeno diminuisce la possibilità che qualcuno ci possa manipolare descrivendolo diversamente da quello che è. Insomma la conoscenza aumenta la libertà di giudizio e diminuisce quel fenomeno che gli imbonitori televisivi conoscono alla perfezione." Ma questo appunto è un altro modo per definire la guerra. È proprio così, più siamo coscienti di determinare e meno ci facciamo determinare, ma questo aumenta la conflittualità, non la diminuisce. Qualcuno d'altro appunto non ci può manipolare. Non poter manipolare o dominare, da qualcun altro qualcosa, significa, d'altro canto, manipolare e dominare quel qualcosa, o fine, che quel qualcun altro avrebbe voluto dominare e manipolare. La guerra tra qualcuno e l'altro così non è affatto sopita, anzi...

ID59815 - 03/08/2015 23:41:05 - (Dru) - La libertà è il concetto che precede la guerra.

se pensiamo che un mondo sarebbe potuto essere diversamente per una comprensione diversa di questo mondo, allora tra quel mondo e questo mondo si instaura, rispetto a quel "pensiamo", una guerra appunto.

ID59816 - 03/08/2015 23:42:48 - (Dru) - Se diversamente

pensiamo all'ineludibilità o necessità di un mondo, quel mondo ci domina, ma appunto non siamo più liberi di pensarlo diversamente.

ID59817 - 03/08/2015 23:45:21 - (Dru) -

Per questo motivo, anche se Eco non lo sa esplicitamente, un mondo, quello nazista, ha potuto su un altro mondo, quello ebreo. Ha potuto perché esso "pensava" che quel mondo potesse essere annichilito. Un pensiero irrealizzabile, ma che come volontà (libertà) è stato pensato eccome.

ID59818 - 03/08/2015 23:55:24 - (Dru) - La guerra significa contrasto

tra l'un e l'altro, la guerra è la definizione di "cosa", una cosa non sarebbe se non fosse libera di esser in guerra con il resto che la determina appunto. Un spiaggia asciutta è in guerra con una spiaggia bagnata e ciò che una spiaggia asciutta contrasta è la battigia, le sue onde.

ID59819 - 03/08/2015 23:58:21 - (Dru) - Credere che la conoscenza delle onde

per la spiaggia asciutta, risulti la soluzione tra il conflitto dei due, è credere l'impossibile, tra i due se chi conosce è la spiaggia asciutta, essa potrà magari erigere un muro, si da sconfiggere la spiaggia bagnata, ma questa comprensione non diminuisce affatto il conflitto, anzi.

ID59821 - 04/08/2015 03:59:25 - (Dolcestilnovo) -

Capiamoci sui termini: io per guerra intendo quella con morti e feriti

ID59823 - 04/08/2015 06:57:04 - (Dolcestilnovo) -

Comunque il discorso lungo, bisogna capire prima osa si intende per cultura, guerra, sconfiggere.Poi ci possiamo intendere sul resto...sempre pronto a parlarne

ID59824 - 04/08/2015 07:14:29 - (Dolcestilnovo) -

Comunque sei proprio erodotista (come coppista) Dru. O si dice erodotiano (come bartaliano)?

ID59833 - 04/08/2015 09:56:34 - (Dru) - Caro Dolcestilnovo

Se per guerra intendiamo quella che fa i soli morti e feriti, allora la guerra fredda è esclusa. In quel frangente America e Unione Sovietica erano allo studio profondo l'un dell'altra sponda. Io parlo della vera guerra, del suo più ampio significato, che comprende e la prima guerra mondiale e la guerra fredda e il significato di dolcestilnovo. Siamo nella guerra. Il significato più ampio non teme di essere scalfito dalle specificazioni, al contrario, quando le specificazioni non comprendono il senso più ampio rischiano di voler dire di quello tutto e allora cadono nel concetto astratto dell'astratto, cioè presumono di poter dire il vero senso e non lo possono dire, lo dicono contraddittoriamente.

ID59834 - 04/08/2015 09:57:55 - (Dru) - È per questo motivo

Che poi escono ingarbugliate parole.

ID59841 - 04/08/2015 11:05:48 - (Dru) - Ti faccio questo esempio

Che l'essere sia è noto per sé non è noto per altro. Che la guerra sia in "quel" luogo non è nota per sé, è nota per altro, ad esempio telegiornali e giornali. Tra queste due notizie chi ha il senso più ampio possibile di contenere tutto? E se la seconda che non contiene tutto vuole contenerlo, cosa pretende di essere? Ciò che non è e cioè una semplice notizia di giornale e quindi parte delle notizie che possono convenire a "quel" luogo e non l'intera sua notizia. Ecco su questi principi logos procede, sulla notizia dell'esser sé dell'essente, mentre la prevaricazione (hybris) ha piuttosto le movenze della notizia di quotidiano.

ID59842 - 04/08/2015 11:21:32 - (Dru) - Quindi

Quando leggiamo una notizia di "quel" luogo, non leggiamo "quel" luogo, ma la sua notizia. È della notizia che quindi possiamo trattare, non di "quel" luogo. Hybris produce questa contraddizione, invece di "criticare" la notizia, "critica" il luogo identificando la notizia al luogo. Badate bene, ora l'obiezione si leva tutta in quanto momento razionale, ma l'uomo a hybris non ha scampo, perché le cose più nascoste sono per altro le più manifeste.

ID59843 - 04/08/2015 11:43:11 - (Dru) - Perché l'essere è noto per sé ?

perché se fosse noto per altro allora "sarebbe" contraddittoriamente. Sarebbe per quell'altro si che l'essere immediato sarebbe esso più l'altro e quindi l'essere non sarebbe ma sarebbe stato, oltrepassato da questo esser altro che ne dà notizia.

ID59845 - 04/08/2015 11:57:07 - (Dru) - Ma a questo punto

se è l'altro che dà notizia dell'essere, di quell'altro chi dà notizia? Regressus ad indefinitum. Chi produce questo regresso è l'intelletto astratto. Quello che sopra, nell'articolo su Umberto Eco, specifico del senso del suo discorso, quando il Nostro vorrebbe affermare che la cultura produce comprensione. No, la cultura produce odio per ciò che gli è escluso e amore per ciò che gli è compreso, ma questo odio e questo amore, altro dall'essere due cose che non convengono, sono due modi di intendere della stessa cosa, l'esser cosa per come Hybris la vede.

ID59846 - 04/08/2015 12:11:20 - (Dru) - Magari

si dice erodoteo.

ID59852 - 04/08/2015 13:17:30 - (Dru) - Pensavo ad una battuta

E invece si dice proprio erodoteo

ID59858 - 04/08/2015 13:49:18 - (Dru) -

Comunque è vero, sono piuttosto amico dei barbari...

ID59864 - 04/08/2015 15:57:24 - (Leretico) - Le intenzioni

Ogni volta che si legge un messaggio bisogna considerare il suo destinatario. Il concetto filosofico di guerra è più ampio di quello utilizzato dal senso comune. Prima di utilizzarlo nel senso più ampio bisognerebbe capire se il destinatario ha i mezzi di conoscenza che gli permettono di capire questo senso allargato. Se leggono guerra e lo intendono alla maniera del senso comune l'intento di chi invece lo pensa e lo scrive in senso allargato è totalmente disatteso. È dunque fondamentale per il passaggio dei messaggi la comunanza dei codici. Capisco che tutto ciò vada un po' stretto ai creativi, ma che ci possiamo fare?

ID59865 - 04/08/2015 16:28:27 - (Dru) - Stiamo facendo filosofia o grammatica?

se si vuole comprendere qualcosa, è qualcosa che va studiato, e anche comprendere e volere e l'ipotesi che viene comunicata da quel "se". Quel se apre ad un mondo che è "altrimenti", poiché è dell'ipotesi la creazione di un mondo che ha come presupposto la "potenza". Senza ipotesi e senza qualcosa, cioè senza la capacità di determinare i significati che li comprendono, tutto è vano, ogni comprensione é solo interpretazione e distorsione. Quando scrive e parla Dru in cattedra è filosofia, il resto lo lascio agli Umberto Eco.

ID59866 - 04/08/2015 16:55:23 - (gabrielconroy) -

Caro Dru, fa sempre piacere leggere analisi sì pertinenti. Ma proprio perché Severino insegna che 'volere la verità' è un costrutto mostruoso e autocontraddittorio... perché vuoi confutare il povero Uberto Eco?

ID59868 - 04/08/2015 17:29:36 - (Dru) - Caro Gabriel

non confuto Umberto Eco, confuto alcune sue affermazioni ballerine che lui vorrebbe tener ferme. D'altronde Umberto Eco è un personaggio pubblico e di altro spessore intellettuale, quale migliore preda per misurarsi sul senso che i diversi significati instaurano nel proprio processo ontico...

ID59869 - 04/08/2015 17:44:36 - (Dru) - Se poi

vogliamo discutere il piano dialogico e obiettare che il Nostro non può rispondermi, allora, convenendo alle parole di Dolcestilnovo, qui un poco sopra, debbo significare che Odifreddi almeno dava una parvenza di apertura e di dialogo, cosa che per certi Soloni della nostra "cultura" resta ancora tabù. La comprensione interculturale sarebbe declinata per una dizione ambivalente. Se io debbo ascoltare tutte le "fregnacce" di Umberto Eco e di altri come lui, senza per altro esser ascoltato, di quale comprensione stiamo parlando?

ID59870 - 04/08/2015 17:57:12 - (Dru) - Capite bene

che quando Umberto Eco attaccava Internet e la sua prepotenza divulgativa, era perché voleva che la comprensione fosse ridotta alla "sua" di comprensione, per altro facendo guerra appunto ad Internet.

ID59871 - 04/08/2015 21:35:21 - (gabrielconroy) - Errata corrige

Caro Dru, forse mi sono male espresso, o l'ho fatto troppo sibillinamente... Chiedendoti perché tu volessi confutare Eco non ponevo l'accento né su di lui in quanto Umberto Eco, né su di lui in quanto 'pensiero' (metonimia) - peraltro entrambi ben degni d'esser confutati. Piuttosto l'accento era (ed è) posto sul 'perché VUOI'. Sempre posto che il volere (e dunque - Severino docet - anche il volere la verità) sia concetto mostruoso e autocontraddittorio.

ID59872 - 04/08/2015 21:51:22 - (Leretico) - Il volere

È come ci si può esimere dal volere? Può l'uomo non volere?

ID59875 - 04/08/2015 22:52:06 - (Dru) - Perché non volere?

non volere significa volere non volere. Non volere simpliciter è l'impossibile, è l'astratto del concetto astratto di volere. Io decido di non fare più niente, cioè metto consorte le braccia, ecco questa mia decisione è presupposta da una volontà, anche non fare è un fare qualcosa, perché non fare è qualcosa, non è nulla. Ogni negazione pone come esistente ciò che essa nega e da essa è costituita. Se confuto le affermazioni sopra, non è perché io le confuto, ma perché sono confutate esse dal loro apparire come contraddittorie. Perché l'essere e non il nulla? Perché il nulla che dico è. Cioè è immediatamente noto per sé che è e non per altro. Certo il nulla come nulla momento,se è dall'intelletto astratto posto come positivo significato, è identificazione dei diversi e diversificazione degli identici,

ID59877 - 04/08/2015 22:55:50 - (Dru) -

come il non volere è contraddittorio se considerato come lo considera l'intelletto astratto che appunto crede di poter isolare il non volere da ciò che lo costituisce, il volere appunto. Ma il contraddicentesi volere che una cultura possa essere un motivo di fratellanza e di comprensione dimentica appunto che una cultura è anche appunto distinzione e opposizione alle altre culture o alle inculture.

ID59918 - 05/08/2015 17:46:46 - (gabrielconroy) - Signori

è chiaro che "non è perché Dru le confuta, ma perché sono confutate esse dal loro apparire come contraddittorie" che affermazioni contraddittorie appaiono appunto come tali. Tuttavia il punto in questione è un altro. Certo che il non volere è un volere - precisamente un voler-non-volere - ma io chiedo: se la volontà è concetto contraddittorio, poiché volere è sempre volere l'altro da sé (e perfino il non-volere lo presuppone), come si può sostenere di volere? Sarebbe come sostenere la verità di un 'ferro di legno': una contraddictio in adjecto. Ergo, come non esistono ferri di legno, non esistono soggetti volenti. Con il che (questo lo dico in risposta a Leretico) io non ho affatto sostenuto che l'uomo possa non volere, né tantomeno volere.

ID59921 - 05/08/2015 18:13:18 - (Dru) -

"se la volontà è concetto contraddittorio, poiché volere è sempre volere l'altro da sé" non è esattamente questo "se la volontà vuole qualcosa che risulta contraddittorio, poiché volere è sempre volere l'altro da sé... ma la volontà non è un concetto contraddittorio, la volontà è, eccome.Se per la verità la volontà fosse un concetto contraddittorio, significherebbe che essa, la volontà, nella verità , non esisterebbe, e quindi sarebbe un assurdo simpliciter e non secondo verità. Secondo volontà di potenza la volontà vuole realizzare ciò che ottiene, secondo la verità la volontà vuole realizzare ciò che crede (è persuasa) di ottenere, ma che è impossibile (contraddittorio per la Verità) ottenere.

ID59922 - 05/08/2015 19:14:14 - (Dru) - La volontà esiste

eccome, a non esistere è il suo contenuto, cioè a non esistere è quello che la volontà pretende di realizzare.

ID59929 - 06/08/2015 00:30:01 - (Leretico) - Il volere esiste

Ma gabrielconroy, la invito a riflettere: così come la contraddizione esiste ed è un ente come gli altri, così esiste il volere. Quindi i volenti esistono, sono enti. Ciò che non esiste è il contenuto della contraddizione, così come non esiste ciò che il volente pensa di aver ottenuto volendo. Mi spiego meglio: la volontà esiste ma che essa ottenga quello che vuole è contenuto di una fede. L'uomo non può uscire dal volere, se smettesse di volere morirebbe. L'uomo costruisce tutto in base alla fede che otterrà dal suo volere un risultato, che invece non ottiene. Sapere che le cose stanno così è importante, determinante, ma non può far smettere l'uomo di essere volontà di potenza.

ID59930 - 06/08/2015 02:58:57 - (gabrielconroy) - A Dru

Non: “la volontà è concetto contraddittorio, poiché volere è sempre volere l‘altro da sé” ma “la volontà vuole qualcosa che risulta contraddittorio”. Benissimo! E cosa vuole allora come oggetto la volontà di potenza se non se stessa? Volontà che vuole se stessa - questa e nient’altro è la volontà di potenza. Ma proprio perché vuole se stessa la volontà di potenza vuole l’altro da sé, nonché sé come altro. Cioè a dire: la volontà si afferma negandosi. E dunque è contraddittoria. Non a caso la schopenhaueriana Voluntas può giungere alla Noluntas (ossia alla propria negazione): la struttura stessa della volontà (la sua stessa struttura!) glielo consente. Non a caso Zarathustra parla di eterno ritorno dell’identico. Se volete, Nietzsche (o la volontà di potenza - a voi la scelta…) mostra

ID59931 - 06/08/2015 02:59:59 - (gabrielconroy) -

qui il suo lato più biecamente hegeliano: “contraddictio est regula veri, non contraddictio falsi“. Del resto, Severino docet, la ‘cosa’ è concetto nichilistico, prodotto appunto dalla volontà di potenza.

ID59932 - 06/08/2015 03:00:52 - (gabrielconroy) - A Leretico

Dedurre dal volere I volentI… Curioso! Forse Hobbes (Terze obiezioni a Cartesio) - ma Hobbes valga a titolo d’esempio, s’intenda! Non mi si prenderà certo per un materialista, per di più inglese… - forse Hobbes, dico, avrebbe qualcosa da ridire. Invero, ogni pensiero che affermi la volontà è un pensiero negante l’individuo in quanto volente (quando non addirittura, nei suoi esiti misticheggianti, anche il soggetto tout-court: penso, tra i tanti, a Eckhart, a Nagarjuna e, appunto, a Nietzsche - ma anche a Kant, che sul volere si esprime in termini noumenici, ossia negativi): Severino stesso parla, in effetti, di individuo ABITATO dalla volontà di potenza. Il perché poi è chiaro da Schopenhauer: l’individuo è già una manifestazione, un’espressione di detta volontà, che sola è indivisa, una, extrafenomenica, ecc… “In me si vuole”: questo è il

ID59933 - 06/08/2015 03:01:39 - (gabrielconroy) -

“In me si vuole”: questo è il pensiero consentito a chi intenda davvero affermare la volontà - e forse neppure questo... Rebus sic stantibus, chi affermi invece la pluralità dei soggetti (soggetti, non individui) volenti, afferma contestualmente la pluralità delle volontà - e dunque afferma (sostanzialmente, è il caso di dirlo) un dualismo metafisico, quando non un pluralismo. Con tutte le nefaste conseguenze del caso. Con il che (mi ripeto) io non ho affatto sostenuto che l’uomo possa non volere, né tantomeno volere.

ID59941 - 06/08/2015 09:47:19 - (Dru) - Belle cose quelle che ha scritto Gabriel e condivisibili

è vero la struttura della volontà è in-coscienza o pseudoriflessione, ripiegamento su di sé, perché il sé non è tale ma è voluto. È l'intelletto astratto che produce questa scissione o separazione del sé dal suo essere: dimenticando di essere sé (sempre per volontà di dominio) , l'essente vuole esserlo, si sforza poi, infinitamente, di esserlo. Questo è il centro del nichilismo, questo significa la storia Occidentale e del pensiero. Con le sue considerazioni ultime sono assolutamente (non relativamente) d'accordo. "La storia della nostra civiltà mostra, quando lo si sappia cogliere, un significato unitario che avvolge e penetra ogni forma storica e che tanto più si illumina quanto più grande è lo specchio che lo riflette: il cristianesimo è un grande specchio di quel significato. In un senso essenzialmente diverso da quello a cui Nietzsche e Heidegger si

ID59942 - 06/08/2015 09:49:32 - (Dru) -

rivolgono, il significato unitario dell'Occidente è il Nichilismo: il cristianesimo è un grande specchio del nichilismo." Emanuele Severino in Pensieri sul cristianesimo.

ID59944 - 06/08/2015 10:36:59 - (Dru) - L'intelletto astratto

L'intelletto astratto è il corrispondente del concetto astratto dell'astratto. Il concetto dell'astratto è il concreto, cioè "il concetto dell'astratto" questo il suo concreto. La volontà vuole isolare il concetto dell'astratto dal concreto, e badate, ogni scienza e senso comune agisce per questa via.allora resta è il concetto e l'astratto del concetto astratto dell'astratto e così ad indefiniti. Si tratta di comprendere questo, che è base della logica occidentale e del nichilismo e riconoscere del concreto e il concetto concreto dell'astratto e il concetto astratto dell'astratto.

ID59947 - 06/08/2015 11:47:20 - (nicolazanoni) - Carissimi,

complimenti. Seguo sempre con passione le vostre 'querelles' dialettiche. A Dru in particolare vorrei chiedere questo: poichè alla verità nulla può togliersi nè aggiungersi, a che pro dirla? E a che pro negare la sua negazione, la quale già da sè si rivela inconsistente, ossia non può costituirsi? La verità è da sempre vera, proprio perché è da sempre se stessa. La verità è una tautologia. Il nostro dirla non la rende nè più vera, nè vera.

ID59948 - 06/08/2015 11:54:26 - (Dru) - È il dire che dice la verità

ma il dire non è la verità. La verità è già da sempre detta. Ma ora non è la verità che è detta ad esser messa in discussione, ora è il suo dire. Ma proprio perché verità allora è detta, dire senza verità è l'impossibile, è il contraddittorio. Ogni dire vuole dire la verità, è volontà e in quanto tale è verità, mentre in quanto verità è il suo contraddittorio, è contesa.

ID59977 - 06/08/2015 22:17:23 - (Dru) -

Sono stato chiaro o criptico? Se criptico dove, che possiamo semplificare.

ID59978 - 06/08/2015 23:07:48 - (Dru) - La verità cos'è?

la verità è l'essere, ma l'essere non è la verità. Come risolvere questo apparente rebus? Perché la verità è l'essere e in che modo può esserlo? Può esser-lo (esso) solo se la verità è "insieme" l'essere. Ma l'essere non è la verità perché è "insieme" la verità. L'essere appare come l'esser sé dell'essente e non come il suo altro, come il suo altro è il contraddittorio. Dire che la verità è l'essere è dire che la verità non è la verità e che l'essere non è l'essere, perché la verità è l'essere, questo dire che non include quell'"insieme" è un dire che non dice nulla o che dice del nulla (contraddittorio). Il dire, come testo, o testimonianza, è traccia dell'essere e come traccia è insieme tutte le tracce che sono.

ID59979 - 06/08/2015 23:14:20 - (Dru) - L'albero è

questo dire non è l'albero ma sua traccia appunto, è insieme l'albero e è insieme l'essere. L'albero che è è l'essere dell'albero, questa è la vera realazione o identità del dire "l'albero è" con la cosità dell'albero. La verità o identità tra il dire l'albero è e la sua esistenza e essenza è identità come relazione tra il dire e il detto.

ID59980 - 06/08/2015 23:18:43 - (Dru) - Ecco per quale intima ragione

le parole di Eco sono impossibili.

ID59982 - 07/08/2015 11:39:50 - (Leretico) - La volontà affermata

Caro Gabriel, non ho certo detto che lei ha affermato la volontà o i volenti. Ho precisato che l'uomo vive nella volontà e non è in grado di sfuggirle. Vivere è volontà. Oppure mi spieghi lei come potrebbe l'uomo vivere senza volontà di vivere. E che ci sia la consapevolezza che tale volontà non ottiene effettivamente quello che vuole non cambia la condizione nè della volontà né dell'uomo. Il dire è una forma della volontà, del credere, della fede. Qual è lo spazio di azione dell'uomo rispetto alla verità? Nessuno, perché azione è conseguenza della volontà. Si può dire dunque la verità? No, perché il dire è conseguenza della volontà. Cosa rimane? Il pensiero.

ID59987 - 07/08/2015 18:01:34 - (gabrielconroy) - L'uomo non vuole - se... (1)

Caro Leretico, il fatto che io chiosi in entrambi i miei interventi affermando di non aver affermato né la volontà né la non-volontà non significa affatto (neppure nel primo dei due casi in cui mi rivolgo esplicitamente a lei) che io le abbia attribuito l'affermazione: “Gabriel afferma il volere o i volenti”. Significa solo e soltanto che io affermo di non affermare né il volere né il non-volere, in particolare rispetto ai termini della questione. Se vuole, precauzionalmente – precauzione che certo lei condividerà con me, da esperto di eresie e di relative “rieducazioni”... Comunque, io soltanto ho preso un asserto (“il volere esiste”) e ne ho tratte le conseguenze relative ai volenti da lei affermati. Spiegare poi “come potrebbe l'uomo vivere senza volontà di vivere” è problema di chi afferma la volontà – non certo mio.

ID59988 - 07/08/2015 18:02:14 - (gabrielconroy) - L'uomo non vuole - se... (2)

Tuttavia mi permetto ancora di farle notare che affermare tout-court la volontà – diciamo così, a là Schopenhauer – significa negare l'individuo volente (vero e proprio mostro concettuale, stante la volontà!) quando non, nei suoi esiti appunto estremi, addirittura il soggetto. E ciò proprio perché a volere non può che essere la volontà, essendo appunto l'individuo una sua manifestazione. In altri termini, soggetto è la volontà, oggetto è l'uomo – che quindi non può essere 'volente', ma solo e soltanto 'voluto'.

ID59989 - 07/08/2015 18:02:54 - (gabrielconroy) - L'uomo non vuole - se... (3)

Che poi la verità non possa essere detta, ma solo pensata, non solo è una proposizione (e quindi un dire), ma anche una proposizione non vera (se appunto la verità non si può dire). A meno che non si intenda affermare che altrove è LA Verità (ineffabile) e ovunque LE verità (queste sì, dicibili): un dualismo cioè – ma certo Leretico meglio di me sa che i dualismi sempre di incenso profumano...

ID59995 - 07/08/2015 19:27:02 - (Dru) - Bene Gabriel

Della sua capacità filosofica sono sorpreso e quindi la voglio conoscere... Con Leretico non infierisca, si tratta di cose molto importanti dette in maniera precisa , le sue. La sua 3 l'avrei scritta allo stesso modo. A Lererico: la forza di Gabriel, qui, è sostenuta da filosofia, mi interessa la tua opinione in merito. ..

ID59996 - 07/08/2015 19:31:31 - (Dru) - Dico di piu , anche se a questo punto potrei essere accusato di misticismo

La sua 3 la stavo scrivendo io, ma ho desistito per aspettare lei e adesso non serve che la scriva.

ID59997 - 07/08/2015 20:15:29 - (Dru) - Ecco sono sorpreso di lei, non delle sue parole

aspettavo da anni un interlocutore come lei, adesso da lei pretendo qualche pubblicazione in Vallesabbianews, d'accordo?

ID60008 - 08/08/2015 08:50:44 - (Leretico) - Risposta a Gabriel

Caro Gabriel, lei non è affatto banale, quindi merita risposte non superficiali. Mi lasci il tempo di traghetti, valigie e ammennicoli vari per elaborare la mia replica. Dovrà però attendere, spero non vanamente.

ID60035 - 09/08/2015 00:11:49 - (gabrielconroy) - A Dru

Caro Dru, per mutuare dalla fisica un'espressione: "ad ogni azione corrisponde..." La ringrazio e sono lusingato. Non dubito nemmeno del suo "misticismo", anche perchè di tale fenomeno ho la massima stima possibile... del resto, il simile attira il simile... ma di questo avremo modo di parlare... magari a tu per tu, magari appunto sulle colonne di Vallesabbianews... per la stagione estiva spero vi accontentiate di qualche commento senza impegno, sotto l'ombrellone...

ID60036 - 09/08/2015 00:17:52 - (gabrielconroy) - A Leretico

Caro Leretico, faccia pure con comodo e non se la prenda per la salacità delle mie repliche: confidi che è tutta...apparenza, appunto. Anche a lei come a Dru voglio però dire che, se le mie sono risposte non banali, è perché da non banali domande muovono - e perciò grazie a voi e buone vacanze.

ID60061 - 09/08/2015 14:54:26 - (Leretico) - Replica numero 1

Caro Gabriel, lei scrive: " Io affermo di non affermare né il volere né il non volere". Ma non sta forse, nell'affermare, esprimendo una volontà? Questo ci riporta al meccanismo, di cui dicevo, l'uomo non si può liberare e di cui lei affermando come dunque afferma, non riesce a liberarsi.

ID60062 - 09/08/2015 14:59:20 - (Leretico) - Replica numero 2

Dissento sul concetto che l'uomo sia solo un voluto. Esso é un volente è un voluto. Solo il Verstand separa i due concetti isolandoli.

ID60063 - 09/08/2015 15:05:29 - (Dru) - Ma è la 3

ad essere vera mente solida...

ID60064 - 09/08/2015 15:21:32 - (Leretico) - Replica numero 3

Le devo dare atto, caro Gabriel, che la sua obiezione sul "dire" é molto acuta, logica e intelligente. Essa si basa però su una mia carenza definitoria che l'ha indotta a replicare così come ha fatto. Mi spiego meglio: seppur io abbia precisato che "il dire è una forma di volontà, del credere, della fede" questo non ha chiarito che esiste anche un dire originario diverso, diverso dal dire contraddittorio Occidentale. Quindi il dire Occidentale non è tutto il dire, altrimenti si potrebbe obiettare come lei ha fatto e giustamente che se si afferma che il dire in generale non può "dire la verità", tale affermazione è contraddittoria se pretende di essere vera essendo appunto un dire, una predicazione. Il dire Occidentale, la predicazione Occidentale a cui invece mi riferisco, esige la distinzione tra soggetto e predicato. Prendiamo il caso dell'affermazione A è A (A=A), qui si esige che A come soggetto sia diverso da A

ID60065 - 09/08/2015 15:26:42 - (Dru) - Diciamo meglio la seconda

solo il Verstand isola il concetto di volontà nelle due forme di volontà che sono l'astratto voluto e l'astratto volente, dimenticando che esse sono forme dello steso contenuto o concreto.

ID60066 - 09/08/2015 15:30:33 - (Leretico) - continua

come predicato. Se A-soggetto è diverso da A-predicato ed essi vengono unificati da una mediazione predicazionale che sopraggiunge, allora tale predicazione è necessariamente contraddizione. Ecco perché il dire della volontà, il dire Occidentale, la predicazione pensata come appena detto è non verità. Esiste in alternativa una predicazione non contraddittoria che non presuppone i termini alla predicazione, non separa l'essere sé di A da A generando la contraddizione.

ID60067 - 09/08/2015 15:51:46 - (Dru) - Qui

è Struttura Originaria.

ID60069 - 09/08/2015 17:19:27 - (Dru) - Vorrei però qui fare il punto

se la predicazione vuole identificare i diversi A è A, perché il soggetto non è il predicato, compie un indebita operazione, perché identifica il soggetto al predicato, cioè trasforma il soggetto in predicato, si che il soggetto non è il soggetto e trasforma il predicato in soggetto, si che il predicato non è il predicato. Pensando la predicazione del soggetto, pensa all'identificazione dei differenti, pensa all'assurdo. A questo punto A è A significa che A è non A, cioè il pensiero pensa che tutto è in tutto, pensa che quel primo A è e non è quel primo A. Ma appunto, se quel primo A non è quel primo A, allora è anche tutto ciò che A non è.

ID60071 - 09/08/2015 17:28:16 - (Dru) - allora l' identità, che non è identificazione, è di A con sé stesso

A è A = A è A o tradotto è quell'A che è A ad esser l'A di A, che concretamente dice di A che è insieme A. Solo pensando concretamente l'identità della relazione tra soggetto e predicato allora la predicazione non è contraddizione.

ID60072 - 09/08/2015 17:42:57 - (Dru) -

"A è A" non è "A" e solo perché in A è A vediamo scritto e, temporalmente ma non logicamente, diciamo in sequenza diacronica i fonemi allora deduciamo una oscillazione dei significanti. Ogni ente è se stesso e non può esser l'altro da sé, l'altro da sé è (sempre, di giorno e di notte) il suo contraddittorio, per questo A è insieme A.

ID60081 - 10/08/2015 09:41:39 - (Dru) - Tutto questo non toglie che la verità non può esser detta

in quanto se ciò fosse, se la si potesse dire, allora non mancherebbe, in quel dire, nulla di ciò che, nel cerchio dell' apparire del tutto, significa tutto. Invece Nel cerchio dell'apparire del tutto, il tutto è formale, perché il tutto concreto non appare, o immediatamente appare il cerchio, appare il tutto formale, ma il tutto concreto no (se il tutto concreto apparisse non apparirebbe altro e non direbbe altro il dire). Il tutto è detto ma non è raggiunto, si che anche la Struttura Originaria è contraddizione originaria, ma è la contraddizione C. Che si risolve non quando ad apparire è la negazione di quanto la contraddizione normale dice, ma quando ad apparire è l'intensificazione infinita dell'affermazione contenuta nella contraddizione. Il tutto non appare concretamente e tutti gli enti che appaiono concorrono a risolverne la contraddizione C di ciò che il tutto formale dice.

ID60100 - 11/08/2015 13:01:19 - (Darwin) -

Discorso tondeggiante

ID60115 - 12/08/2015 09:40:22 - (Dru) - Infine

la verità è il dire, ma non come detta, come detta significherebbe che essa verità non "apparirebbe" più, perché sarebbe già tutta apparsa e quindi oltrepassata da quel dire che l'ha detta, si che nessun altro dire potrebbe fare la comparsa in quel dire che ha detto la verità. Ciao Darwin, mancavi...

ID60117 - 12/08/2015 10:00:31 - (Dru) -

Il dire dice la verità, ma la verità non può esser detta perché appare. L'obiezione potrebbe ora incalzare affermando che il dire dice anche il falso; ma cosa veramente appare quando appare il falso? quando appare il falso negandone la (sua) verità l'obiezione che dice questo lo dice in quanto intelletto astratto, in quanto crede che il falso possa esser detto "indipendentemente" dal vero.Altrimenti, è sul motivo della verità che si può affermare che un dire è falso, il falso può esserlo solo sul fondamento del vero, di ciò che in verità appare. Il falso puro non può apparire, è contraddittorio che appaia. Il falso puro, o intelletto astratto, è la volontà che esista il falso "indipendentemente", è un pensiero chiuso, isolato, e che pretenderebbe di esistere,ma che in verità non dice nulla, perché è il dire del nulla.

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