Non è tutto oro quello che luccica

Federcosumatori Lombardia mette in guardia i consumatori dal voler impugnare presso i tribunali contratti di mutuo e prestito, a fronte di una recente sentenza della Corte di Cassazione (la numero 350 del 2013).
Se non letti attentamente - la sentenza suddetta, ma soprattutto i contratti stipulati con la banca - si rischiano salatissime penali.

L’esempio arriva dal recente pronunciamento del Tribunale di Padova con una sentenza emessa il 10 marzo scorso, che ha condannato i consumatori appellanti alle spese di giudizio per “lite temeraria”.
La questione ha visto coinvolti un consumatore che accusava il proprio istituto di credito di avergli applicato un mutuo con tasso di usura; per cui a fronte della sentenza della Cassazione si chiedeva la nullità del contratto stipulato.
Di fatto, utilizzando un'interpretazione definita "mostruosa " dal Giudice, gli attori tramite il loro difensore ed alle informazioni fuorvianti che troppo spesso si leggono in rete, hanno sommato il tasso di mora al tasso convenzionale applicato dall'istituto.

“È stato quindi commesso un grave errore – commenta Gianmario Mocera, presidente di Federconsumatori Lombardia – che non sarebbe accaduto se ci si fosse rivolti ad un’associazione seria come la nostra.
Fatto sta che questa vicenda evidenzia un’emergenza molto grave, la superficialità con la quale molto spesso si interpretano (positivamente) le disposizioni giurisprudenziali ed il troppo entusiasmo col quale si decide di intentare una causa. Molto spesso, infatti, quest’ultimo passaggio è il risultato di una riflessione lunga e ragionata da fare”.

Ci spiega Carmelo Benenti, dello staff legale di Federconsumaori Lombardia: “Secondo il ragionamento della Cassazione con la sentenza numero 350/2013  è stato aperto un principio per il quale il tasso di mora deve essere tenuto in conto nella verifica dell'usura, ma i tassi devono essere analizzati singolarmente e non cumulativamente, come è stato fatto nel caso di Padova”.

“Tale orientamento giuridico – continua Benenti -, ovvero la non cumulabilità dei tassi, ormai risulta essere ampiamente consolidato dalla magistratura e l'avere improntato l'azione sotto tale profilo ha comportato una sanzione ai consumatori pari ad 4.3520,00 euro (secondo l’articolo 96 comma 3 del Codice di procedura civile) in considerazione anche al danno che viene causato al sistema giudiziario da procedimenti aventi meramente finalità dilatorie e strumentali, oltre ovviamente alla condanna al rimborso alle spese legali quantificate in 8.700 euro”.

“Pertanto – termina Benenti - al fine di evitare conseguenze a dir poco disastrose per il consumatore e per l'ordinamento giudiziario è bene che il cittadino diffidi da chi prospetta facili risultati e guadagni in una materia estremamente complicata e tecnica”.