26 Febbraio 2015, 15.22
Val del Chiese Storo
Giudicarie

Crisi Sapes, muro contro muro

di Redazione

Dall’azienda fanno sapere che il piano di ristrutturazione, per altro ancora in fase di approvazione, potrebbe non essere rispettato


Rimane tesa la situazione in casa Sapes – Og, azienda con stabilimenti a Condino e Storo.
Tra preannunciati scioperi, difficili se non impossibili rapporti con delegati sindacali e prese di posizione da parte degli attori della vicenda, il clima resta rovente.

Marzia Buccio, l’amministratrice del Gruppo, è tornata a prendere carta e penna per dire la sua scrivendo ai quotidiani trentini, pronunciandosi questa volta in una specie di ultimatum indirizzato a Provincia e agli stessi sindacati.
Già alle prese con problemi interni e finanziari, la signora caffarese si dice anche disposta a chiudere serrande e cancelli e depositare il tutto in tribunale.

Un’informativa che sarebbe arrivata non solo ai sindacati, ma anche sul tavolo di Ugo Rossi e Alessandro Olivi.
Qualcuno azzarda a dire (anche se al momento non ci sono conferme) che dietro ci potrebbe essere una cordata straniera pronta a rilevare l’azienda, ma non a mantenere l’organico attuale di dipendenti.

Dei 110 in forza, personale impiegatizio compreso, il gruppo potrebbe arrivare a poco più della metà e non oltre.
Nell’informativa donna Marzia prima bacchetta i sindacati, poi conferma che se non sarà in grado di rispettare il piano di ristrutturazione in fase di approvazione da parte del sistema finanziario prima e del tribunale poi, già da subito che si vedrà costretta ad interrompere l’attività e aprire la procedura CIG per tutti quanti i dipendenti.

Le conseguenze sono in tal caso prevedibili: l’azienda inoltrerà richiesta allo stesso tribunale di apertura della procedura concorsuale. Mossa che comporterà la cessazione dell’attività senza più ripresa.



Commenti:
ID55835 - 26/02/2015 16:28:30 - (Dru) - Dru è Alessandro Vaglia

Ma in tutto questo il lavoro cosa c'entra ? Si cercano soluzioni extra aziendali a problemi che sono intrinseci alla società,. Amministratori che invece di condurre l'azienda al riparo dal fallimento, razionalizzando il lavoro, si impegna a chiedere risorse continue a mamma Provincia sul presupposto ricatto che altrimenti libri in tribunale, operai che invece di sedersi al tavolo con l'amministrazione per razionalizzare il lavoro pensa a scioperare e crede ancora di poterlo fare all'ombra di ideologie ottocentesche. Ma il lavoro cosa c'entra in tutto questo? La mia è una domanda, non è una domanda retorica.

ID55837 - 26/02/2015 16:33:01 - (Dru) - Ma...

In tutto questo il Cimarolli di Storo cosa c'entra? Sempre una domanda la mia.

ID55838 - 26/02/2015 16:35:41 - (ubaldo) - Il lavoro...

...è quello che qualcuno non avrà più. Il Cimarolli non è citato.

ID55839 - 26/02/2015 16:44:47 - (Dru) - Il Cimarolli?

Sembra che se la cavi (in tutti i sensi) sempre in qualche modo, e non lo citano mai, tranne che nel carnevale... Lui con i suoi sodali...

ID55840 - 26/02/2015 17:13:41 - (Dru) - Cioè

Ci credete a sto azienda e per voi resta un fine, o l'azienda l'adoperate per altri e inconfessabili scopi? È un fine il lavoro che quest'azienda produce o è un mezzo per le ragioni sopraddette? Tutto qui, vorrei che operai responsabili ed amministratori coscienti mi rispondessero, guardando in fondo alla loro anima, cercando di non tradirla, con parole vuote e prive di senso.

ID55841 - 26/02/2015 17:31:38 - (Dru) - Insomma, se il fine è il lavoro

L'azienda va ristrutturata razionalmente senza se e senza ma, lasciando per terra ogni opportunismo, con il consenso di tutte le parti, ma con il comando delle operazioni dettate dall'amministrazione. Ristrutturazione che deve avere come unico scopo la sopravvivenza della produzione e della capitalizzazione. Produzione e capitalizzazione che vanno interamente condivise con le maestranze tutte, come obiettivi principali e peculiari della ristrutturazione... Ma per fare tutto ciò i fini non vanno confusi con i mezzi. La razionalizzazione non consente confusione, province, scioperi e tribunali per un momento vanno dimenticati, lasciati per terra e guardare alla testa e non ai piedi...

ID55846 - 26/02/2015 19:14:06 - (Dru) - P.s.

La produzione non va adoperata come mezzo per la capitalizzazione, la produzione non è solo un momento da esibire alle banche per convincerle a mollare il denaro, la produzione è il cuore pulsante dell'azienda e va razionalizzata, non usata semplicemente. Gentaglia di ogni risma, nelle nostre valli, considera quello della produzione un mezzo a tal fine, producendo due danni collaterali significanti, uno è quello di sovrastimare la capacità finanziaria (di produrre denaro) della stessa produzione, l'altro è quello di finanziare surrettiziamente il capitale, lasciando inalterata l'organizzazione, che da questa incapacità del capitale proprio a produrre competitività resta così disorganizzata e sovrastimata, si da produrre questi colossali debiti verso banche, a questo punto non servono che drastiche ristrutturazioni e infiniti torti...

ID55882 - 27/02/2015 10:39:32 - (Dru) - Ogni ristrutturazione... ( non abbiate paura a scrivermi e scrivere, la dialettica aiuta)

È responsabilità dell'amministrazione. Se la ristrutturazione è violenta significa che l'amministrazione ha sottovalutato di curare il ciclo produttivo e i suoi costi. Se la scuola dietro l'amministratore è di tipo ragionieristico, quella matematica lo induce a supportare gli investimenti e le strutturazioni conseguenti con denaro (facile, delle banche) senza passare mai dall'efficienza capitale, fino al punto in cui le banche poi obbligano a rientrare: il ciclo del capitale corrente netto viene completamente disilluso. Con debiti al dunque. Vi sono aziende, nel nostro circondario, che avrebbero bisogno di forti competenze dirigenziali del reparto produttivo, come appunto sottolinea bene l'articolo sui giornali locali di una Sapes che ricerca lì la forza. Ma questo non è sempre vero, spesso, anzi sempre, la causa del male viene dalla testa nelle nostre aziende, viene dal pensiero ragionieristico e non tecnico.

ID55883 - 27/02/2015 10:53:20 - (Dru) - Denaro facile delle banche

Si, il denaro delle banche è sempre e comunque facile, perché viene concesso sulla base di un'efficienza che non sempre è strutturata e di lungo periodo e non esiste un meccanismo di controllo tecnico del socio banca sulla società, ma solo ragionieristico appunto. La banca quindi conduce un conto matematico , non indifferente, ma mai esaustivo e sistematico, non ne ha i mezzi e le competenze, il suo è un approccio di tipo fiduciario nei confronti del socio azienda. Troppa fiducia a chi non la merita e poca a chi la meriterebbe, ma questo non è colpa delle banche, questo dipende appunto da quel rapporto che non è tecnico, ma fiduciario appunto. La matematica è necessaria ma non sufficiente...

ID55884 - 27/02/2015 11:02:46 - (Dru) - Qualcuno si sorprenderà della distinzione che assume nel mio discorso la matematica dall'apparato tecnico

E invece qui sta la necessità. La tecnica è la coordinazione dei mezzi in vista della produzione degli scopi, la matematica è uno di questi mezzi, ritengo uno dei più importanti, senza matematica il nostro mondo si spegnerebbe in 3 ore, ma non l'unico. Assumere come unico mezzo la matematica produce le distorsioni che sopra ho elencato...

ID55887 - 27/02/2015 11:23:44 - (Dru) - Quel rapporto fiduciario

Determina altri conflitti nei rapporti di produzione, il fenomeno della corruttela, ma questo è un tasto che oggi non svilupperò.

ID55897 - 27/02/2015 22:11:40 - (ric) -

non c'è dietro un personaggino strano che abita a Ponte Caffaro dietro sta storia???

ID55906 - 28/02/2015 09:19:13 - (Dru) - Parlavo sopra di ragioneria

Perché la conosco molto bene, ci ho lavorato e conosco come ragiona, il suo pensiero, che non va oltre la manipolazione dei numeri e dei conti. Un ragioniere, poco capace anche dove lo dovrebbe, nella matematica, e invadente pericolosamente invadente, invadente a tal punto da far litigare compagini societarie e disfare società è un vero flagello ... Una bomba vagante. Il nostro ordinamento, l'ordinamento giudiziario, non prevede norme e pene sanzionatorie nei confronti di questi individui, perché sono di difficile individuazione, ma la manipolazione dei bilanci è un reato gravissimo che produce evasione. Non solo fiscale, quando i numeri vengono ridotti, ma soprattutto all'evasione dai problemi, quando quei numeri vengono gonfiati.

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