21 Dicembre 2014, 08.43
Valsabbia
Valsabbia

Il paesaggio sabbino tra storia e valorizzazione

di Giancarlo Marchesi

In occasione della presentazione del video di Federica Bolpagni e Dario Bellini sulla storia e l'arte della Vallesabbia, voluto dall'Agenzia territoriale per il Turismo, ha relazionato anche lo studioso Giancarlo Marchesi. Ecco il suo intervento


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Convegno
A sua immagine e somiglianza…
Profili, volti e facciate
Itinerario tra le belle cose d’arte della Valle Sabbia

di Federica Bolpagni e Dario Bellini
riprese e timelapses Agostino Bellini

Agenzia Territoriale per il turismo della Valle Sabbia e Lago di d’Idro

Relazione
Il paesaggio sabbino tra storia e valorizzazione
di Giancarlo Marchesi

Un saluto cordiale alle autorità, al pubblico e agli autori del Dvd, Bolpagni e Bellini, presenti questa sera nella bella sala della Comunità Montana di Valle Sabbia.
Il concetto di paesaggio come bene culturale, quindi come valore da tutelare e difendere, ha preso da qualche tempo più solide radici nell’opinione pubblica dell’intero Paese.

Si è diffusa la consapevolezza di avere a che fare con una grande questione d’interesse generale.
Questa consapevolezza ha attecchito grazie al paziente lavoro di sensibilizzazione compiuto da uomini di cultura e intellettuali che nel tempo hanno portato avanti riflessioni sulle profonde e radicali trasformazioni dell’uso del suolo.

Tra questi intellettuali spiccano alcune personalità “amiche” della Valle Sabbia: come non ricordare le pagine che lo scrittore Mario Rigoni Stern – cittadino onorario di Vestone – ha dedicato alla natura e al paesaggio.
Pagine dense che solo valse allo scrittore la laurea honoris causa in Scienze forestali, conferitagli dall’Università di Padova nel 1998.

E proprio Rigoni tenne a Vestone, esattamente venticinque anni fa, nell’ormai lontano 1989 una conferenza dedicata alla natura e al paesaggio prendendo spunto dalle sue più famose opere letterarie (Il sergente nella neve; Il bosco degli urogalli, La storia di Tonle, ecc…).

Voglio ricordare questa sera un altro amico della nostra Valle che si è speso per il paesaggio: il compianto professor Renzo Paci,
marchigiano, docente all’Università di Macerata, fondatore con Sergio Anselmi della prestigiosa rivista “Proposte e ricerche”.
Legato, per ragioni affettive, al territorio delle nostre Pertiche ha tenuto conferenze e incontri di sensibilizzazione anche in Valle Sabbia grazie all’Associazione culturale AZ.

Con Alberto Caracciolo, Renzo Paci ha aperto la strada
in Italia alla realizzazione di studi approfonditi dedicati alla valorizzazione del paesaggio agrario e all’uso dei suoli (recentemente il comune di Senigallia gli ha dedicato una giornata dal titolo: Il paesaggio delle Marche tra storia, tutela e valorizzazione).
Proprio Renzo Paci in un saggio dedicato alle sue Marche parlò, riprendendo il “Dialogo degli uccelli” di Giacomo Leopardi, di “Natura Articiciata”.
Era un modo per sottolineare il contributo che alla costruzione del Paesaggio Agrario hanno dato la storia e il lavoro umano.

Venendo ora a parlare più in specifico della nostra terra, occorre dire che la Valle Sabbia presenta dal Nord a Sud, secondo la suddivisione messa a punto dalla Camera di Commercio di Brescia, ben 4 regioni agrarie: si va dalla montagna dell’alta Valsabbia alla montagna della media valle, dalle colline alla zona morenica lungo il confine con l’area gardesana.

Questi contesti profondamente diversi hanno però una caratteristica in comune: tutti sono stati plasmati dalla storia grazie a vicende del passato lunghe e ricche di cultura. Nel primo Ottocento la campagna e la montagna valsabbine avevano raggiunto un saldo equilibrio tra necessità produttive e armonia formale anche se non erano mancati dissesti idrogeologici a causa del massiccio diboscamento in atto,con conseguenti straripamenti dei corsi d’acqua.

Un equilibrio, quello del paesaggio sabbino, che è stato compromessi dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando è iniziato in modo massiccio l’abbandono della montagna, con conseguente spopolamento, e si è  assistito a una crescita edilizia disordinata, in molti casi poco rispettosa del paesaggio.
Uno degli esempi più clamorosi di questo scarso rispetto per la storia e il paesaggio è l’operazione edilizia che ha visto protagonista la Cascina “Marcina” di Gavardo.

Nei possedimenti della “Marcina” verso la metà del Cinquecento l’agronomo Camillo Tarello mise a frutto quella esperienza che lo porterà a scrivere il famoso trattato “Ricordo di Agricoltura”, il testo più rilevante della letteratura agronomica italiana.
Nei 36 piò bresciani che Tarello possedeva alla “Marcina” si propose di mettere a punto tecniche agrarie che ponessero rimedio alla scarsità dei raccolti attraverso un metodo di sua invenzione capace di garantire un maggior prodotto con un minor impiego di sementi.
Tarello teorizza la rotazione quadriennale delle colture e la fondamentale funzione ristoratrice delle foraggere, che inoltre  permettevano incrementare l’allevamento del bestiame.

“Il Ricordo” verrà riscoperto nel Settecento, quando quanto unanimemente gli studiosi dell’intero continente europeo riconosceranno al Tarello il merito di aver dato avvio alla moderna rivoluzione agraria.
Non a caso, la rivoluzione agraria inglese, che precede quella industriale, mutua idee del Tarello.
Se, grazie a una maggiore sensibilità e a una visione più lungimirante, fosse stata conservata l’integrità della Cascina “Marcina” oggi la Valle si sarebbe potuta presentare all’Expo 2015 con un centro di rilievo per la Storia dell’agricoltura mondiale.

Ma non esiste solo il paesaggio agrario: vi è anche un paesaggio industriale, realizzato dalla storia economica della nostra valle.
L’archeologia industriale nasce in Gran bretagna negli anni ’50 e con essa la spinta a preservare le testimonianze della prima industrializzazione. Anche la Valle conserva questi “monumenti” industriali: presenze che raccontano la storia della nostra terra dai villaggi operai delle grandi fabbriche di Roè e Villanuova sul Clisi alle fucine del ferro dell’alta Valle.

Un esempio di riuso di questo paesaggio industriale è la Biblioteca di Vobarno, collocata negli ex stabilimenti Falck, ma anche i musei del ferro di Odolo, Casto e  il forno fusorio di Livemmo ci parlano di valorizzazione.
Non a caso la recente uscita della guida Grafo dei Musei del ferro bresciani illustra con belle schede tematiche le realtà valsabbine.

A conclusione di questo mio intervento, mi pare di poter dire che serate e momento come questi ci aiutano a conoscere meglio la nostra terra e spingerci a tutelare al meglio il nostro paesaggio che ci parla della nostra ricca storia.
Grazie a tutti.

Nozza di Vestone, 28 novembre 2014
Giancarlo Marchesi




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