05 Novembre 2014, 07.55
Terza pagina

Il male e il rimedio

di Dru

E' Nietzsche che così si esprime: "Il rimedio è stato peggiore del male". Un giudizio che all'apparenza non dice molto ai tanti soddisfatti di quella nave, al riparo in coperta, che è così contesa dalle violente correnti della Storia...


Se non si comprende che è qui, dietro queste poche parole, che si produce la critica al modo che l'uomo ha di comprendere se stesso, ci può anche sembrare sicura la coperta della nave, ma, non avendo mai messo fuori la testa, ogni direzione obbligata dalle correnti è  preclusa e, appunto, le parole di Nietzsche suonano come rumori più o meno acuti.

Le leggi, le cause, il senso, l' essenza, il cosmo, gli immutabili, le teorie evocate dal pensiero della  tradizione sono il rimedio a cui Nietzsche contrappone l'evidenza suprema e il male dei mali per l'uomo, il divenire di ogni cosa  che è per sé stesso l'imprevedibile divenire della vita.

Questa comprensione della corrente, che è il pensiero dell'Occidente, e ormai dell'intero pianeta, non è il pensiero di un singolo, ma il tentativo, mai riuscito tra quelli che conducono la nave, di prevedere il mare burrascoso che lo stesso pensiero ha evocato attraverso il senso greco del divenire di ogni cosa, così come della vita, forma suprema di ogni cosa.

Il rimedio delle teorie anticipatrici
è stato peggiore del male del divenire in quanto ha voluto cancellare il divenire delle cose e così facendo ha cancellato la vita stessa dell'uomo, forma suprema del divenire.

L'uomo appare a sè stesso come la più instabile e tormentata  delle cose, ma "il rimedio distrugge la vita".
L'uomo è la vita, ma volendo salvarsi si accorge che si distrugge, distrugge sé stesso.

"Se Dio esiste, l'uomo non può vivere".
Nietzsche, semplicemente, è la punta dell'iceberg del pensiero Occidentale.

E' questo il significato autentico della liberazione dagli immutabili che sostiene l'ultima fase di questo nostro  pensiero e dove ora la nave dell'Occidente e dell'intero pianeta si trova a combattere i flutti e le burrascose mareggiate.

Le tradizionali teorie anticipatorie non possono essere la verità, poichè esse giungono a soffocare la propria creatura, il divenire "storico" di ogni "essere".
Ormai anche gli ignoranti sanno che le cose che gli stanno attorno vengono dal niente e vi ritornano.

All'inizio l'uomo non è l'uomo tecnico, ma è l'uomo mitico, in quanto gli strumenti a disposizione per salvarsi dal divenire del mondo e difendersene sono pochi, egli si affida all'interpretazione mitica, che è un modo ingenuo di controllare gli eventi.
In seguito l'interpretazione filosofica del mondo è lo sforzo più radicale di comprenderlo, attraverso una configurazione razionale della conoscenza.

Ma negli ultimi cento anni la scienza
, con il suo apparato tecnologico, ha mostrato una capacità di modificare il mondo, conformemente ai suoi progetti, che non fa rimpiangere la comprensione filosofica, seppur razionale, perché quest’ultima è accessibile solo ad un'élite di individui e del loro linguaggio sovente incomprensibile.

"Questi gruppi sociali" non sentono come efficace la filosofia, nei confronti dei problemi, che di volta in volta si presentano, perché esclusi non si sentono protagonisti in questo, che è l'apparato degli apparati.

Dicevo, anche un ignorante oggi sa che le cose vanno e vengono dal nulla, ma questo sapere è appunto il senso ontologico delle cose evocato dalla filosofia, il senso che la filosofia non è mai stata veramente in grado di spiegare alle masse, a differenza della scienza e della tecnica, i cui risultati pratici sono percepibili da tutti.

Si è così diffuso un clima di potenza.

L'uomo si fa audace contro l'antico terrificante imprevedibile.
Oggi la scienza e la tecnica sanno di non essere verità assolute in conformità alle parole di Nietsche: "Il rimedio è stato peggiore del male".

In questo senso oggi la scienza e la tecnica sono una nuova forma di mito e sembrano mantenere ciò che promettono: il rimedio ci sembra più efficace contro il terrore del divenire che è espresso, nelle sue forme concrete, dal pensiero greco



Commenti:
ID51689 - 05/11/2014 19:14:53 - (Leretico) - Il dramma dell'uomo

L'uomo ha bisogno di previsione. Ha bisogno cioè di poter conoscere, con la massima accuratezza possibile, cosa accadrà nel futuro. Questo bisogno è talmente profondo che nel tempo l'uomo si è affidato a qualsiasi mezzo gli potesse garantire un certo grado di sicurezza nella previsione. L'incertezza crea angoscia, da cui in qualche modo si vuole fuggire. La ricerca della regola, della legge di funzionamento della realtà è quindi ansiosamente perseguita, un anelito speranzoso al calcolo del proprio destino, ineliminabile dalla coscienza. Da questo bisogno innato deriva la fede nel divenire, fede non verità. Da questa fede derivano i problemi, le disperazioni. Purtroppo il mondo moderno ha testimoniato che la distruzione degli immutabili ha creato un altro immutabile: il mutabile. Esso domina su tutto, è il nuovo epistemico mantra. Strano: anche l'anti-rimedio vuole essere un rimedio e non funziona.

ID51692 - 05/11/2014 20:53:00 - (Dru) - La previsione

La previsione nell'uomo è la visone precedente di ciò che sarà, ma ciò che sarà attualmente non è, e la previsione è quindi previsione di qualcosa che attualmente non esiste. Questo significa che per il pensiero, che pensa di prevedere le cose del futuro (che saranno appunto), pensa "le cose che non sono" la contraddizione, e che produce, se non realmente, almeno dal punto di vista ideale, altrimenti non ci sarebbe previsione ma visione del futuro. Mentre la visione contempla una dimensione passiva (effetto) e non produttiva (causa) delle cose la previsione è produzione, la produzione è qualsiasi causa che muove l'essente dall'essere al non essere e viceversa, dice Platone nel Convivio. Se il divenire delle cose tutte è il venire dal nulla, il futuro è il nulla delle cose passate e presenti, il presente è il nulla delle cose future e passate e il passato è il nulla delle cose presenti e future.

ID51693 - 05/11/2014 21:06:36 - (Dru) - La produzione

La previsione deriva dalle categorie della produzione. Essendo le cose disponibili all'uomo, in quanto lui è causa di esse di essere come di non essere, questo è il senso della produzione, allora esse non lo sono arbitrariamente, ma secondo regole quelle regole appunto che definiscono infine la previsione. Ogni legge, teoria, senso, essenza, previsione dunque è questa regola che diviene il principio delle cose, in quanto in suo potere (l'esser mio).

ID51694 - 05/11/2014 21:25:30 - (Dru) - L'incertezza crea angoscia

L'angoscia allora, alla luce di quanto ho definito sopra, deriva proprio da ciò che avrebbe dovuto ripararci dal dolore, dolore provocato dall'angoscia. Il dolore, provocato dall'angoscia, deriva dall'impotenza della potenza, deriva dall'inconscio del pensiero che pensa la produzione, e quindi la previsione, come l'uscire e l'entrare delle cose dal e nel nulla. Ma se le cose vengono e vanno nel nulla esse sono infinitamente imprevedibili, perché esse non sono almeno fin tanto che sono nulla, come vedere nel nulla le cose ? Le cose che nel futuro sono del presente il nulla non sono né visibili né prevedibili, altrimenti, anche solo in qualche modo, anche solo idealmente, sarebbero, non semplicemente non sarebbero, pena la contraddizione del loro essere nel nulla.

ID51695 - 05/11/2014 21:47:27 - (Dru) - altrimenti

Altrimenti, se la produzione non fosse causa dell'essente che va e viene dal nulla, come suggerisce l'intera metafisica nei diversi modi convergenti o divergenti a quello, la produzione non sarebbe.

ID51696 - 05/11/2014 22:04:56 - (Dru) - e altrimenti, conseguente all'altrimenti sopra

la previsione sarebbe previsione di ciò che già è da sempre visto, se quel visto non va e non viene dal nulla ma è, altrimenti sarebbe l'assolutamente imprevisto, se al divenire delle cose dal nulla mancasse il principio di causalità o la produzione dell'"esser mio".

ID51699 - 05/11/2014 23:41:02 - (Dru) - Ora, dato che Leretico è coraggioso... Perché l'incertezza crea angoscia.

L"'incertezza" è la contesa del "poter essere" (ipotesi) tra l'essere e il non essere differentemente l'ente in quanto ente in potenza, che può diventare ente in atto (Aristotele e il divenire). La "certezza" è l"'incertezza" che si veste della "decisione" (l'esser mio) per diventare la verità, o realtà dell'ente che da potenza si fa atto. La decisione (l'esser mio) è fede in un mondo, il "nostro mondo". Per questo dico che l'incertezza crea l'angoscia. L'angoscia è percepita in corrispondenza di ciò che non può essere nelle nostre decisioni e ciò che non è delle nostre decisione è appunto l'imprevedibile, l'incerto che come tale può arrecarci dolore perchè non è in nostro potere.

ID51700 - 06/11/2014 00:07:13 - (Dru) - E quando la certezza è il rimedio

La certezza, in quanto volontà di potenza, cioè in quanto è volere che un ente sia altro da sé, quando non è, questo il divenire, crede di poterlo essere e in questo è la follia. Ma questa follia, in quanto creduta come la verità evidente, è il "male" che in Nietzsche e nella modernità ha promesso la diffusione di questa potenza, rendendo l'uomo audace.

ID51701 - 06/11/2014 00:38:18 - (Dru) - solo per la volontà di potenza che è fede che sia ciò che non appare

È strano ciò (l'anti-rimedio) che è (l'anti-rimedio) e non è strano ciò (l'anti-rimedio) che non è (rimedio), come per le ultime parole de Leretico che appunto dicono: strano che anche l'anti-rimedio che "vuole essere" rimedio non funziona...

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