03 Novembre 2014, 09.11
Briciole di Cultura

Donne di Valsabbia

di Alfredo Bonomi

Tre donne legate alla Valle Sabbia hanno anticipato l’emancipazione intellettuale femminile


Tra le prerogative culturali valligiane tre figure femminili si sono imposte a tal punto da essere un riferimento storico obbligato per chi vuole approfondire il lungo cammino dell’emancipazione culturale femminile.

Il pensiero va alla prima donna laureata al mondo vissuta nel 1600, ad una poetessa, che, nel 1700, un periodo ancora dominato da vicende culturali “declinate” essenzialmente al maschile, ha dimostrato la parità culturale ed intellettuale, e ad una docente universitaria che, nel ‘900, ha tracciato un solco profondo e fecondo di studi storici e giuridici.
Ma andiamo per ordine.

Il primo “quadro storico ed umano” richiamato è quello della Venezia del 1600,
non più centro commerciale e finanziario del mondo, ma ancora ricchissima e splendida.
Giovan Battista Corner Piscopia, patrizio di una delle più antiche, ricche e prestigiose casate di Venezia che ha dato alla Repubblica ben quattro Dogi, come ogni “grande” della Repubblica, “recitava” un ruolo di rilievo nello Stato. Nel 1649 venne eletto Procuratore di San Marco, la seconda carica della Repubblica a seguito anche del suo esborso dell’enorme somma di venticinquemila ducati per far fronte alle spese per la terribile guerra contro i Turchi.

Giovan Battista si distinse da quasi tutti i patrizi veneziani nelle scelte d’amore.

Con grande scandalo, sfidando la freddezza della nobiltà della laguna e il rischio più che reale dell’esclusione dei figli dalle cariche della Repubblica (non era ammesso il matrimonio tra un patrizio ed una popolana senza il consenso della Repubblica, concesso assai raramente) si sposò con Zanetta Giovanna Boni, o Bonis, che veniva dalla Valsabbia, probabilmente da Nozza, e che era giunta a Venezia con il padre, in condizioni assai umili in cerca di fortuna.
Il matrimonio si rivelò solido, coronato da parecchi figli.

Tra questi la vera perla fu Elena Lucrezia (1646-1684). Sin da bambina rivelò doti intellettuali straordinarie.
Versata in molte lingue ed in diversi ambiti del sapere, dedita totalmente agli studi, avrebbe desiderato una laurea in teologia presso l’università di Padova, ma le autorità religiose decretarono che ciò non era possibile per una donna.

Si pensò allora alla laurea in Filosofia.
Il 25 giugno del 1678 Elena Lucrezia, all’età di 32 anni, ottenne tale laurea in una solenne adunanza nella cattedrale di Padova.
Per la sua discussione della tesi la cattedrale era gremita all’inverosimile con la presenza dei dotti professori dell’Università di Padova e dei nobili accorsi in massa da Venezia.

In Elena confluirono mirabilmente
una intelligenza acutissima, un grande amore per il sapere ed un’altrettanto grande umiltà che la portò a rifiutare prestigio ed onori per seguire la vita religiosa.

Il 1700 è il secolo delle “Accademie”, delle discussioni, del nascente illuminismo,
di una civiltà in Italia dominata dall’arte nonostante il declino economico e politico.
In questo clima in Valle Sabbia e nella Riviera salodiana s’impose la figura della poetessa Diamante Medaglia Faini (1724-1770).
Nata a Mura dal medico del paese, originario di Marmentino, e da Annunciata Gnecchi di Casto, rivelò ben presto doti poetiche ed acutezza d’ingegno.
Continuò a poetare anche dopo il matrimonio in quel di Salò.

Ammirata per la sua intelligenza da molti intellettuali del tempo, tenne molte relazioni epistolari.
Si dedicò, oltre che alla composizione di sonetti, a considerazioni scientifiche dimostrando che la mente femminile non è adatta solo a “questioni domestiche” ma è ben attrezzata come e più di quella maschile.

Nel “Discorso intorno alla discipline che competono alle donne”, letto in occasione della sua nomina all’Accademia degli Agiati di Rovereto, sostenne, anticipando i tempi, che un’ampia e sana cultura letteraria e scientifica sarebbe servita a preparare le donne a vivere meglio. Il tutto si sintetizza in un’appassionata invocazione alla «donna del futuro», cioè la donna colta ed istruita altrettanto quanto l’uomo.
La sua produzione è stata raccolta in uno splendido volume edito da Bartolomeo Righetti in Salò nel 1774 ed esposto a rappresentare l’Italia alla mostra Internazionale del libro a Lipsia nel 1914.

Anche una delle poche donne con cattedra universitaria della prima metà del 1900 ebbe radici valsabbine.
Il riferimento è a Ginevra Zanetti (1906-1991), figlia dell’avv. Gianluca Zanetti di Bagolino, figura di spicco nel foro milanese.

Laureatasi in giurisprudenza a pieni voti presso l’Università Statale di Milano nel 1928, conseguì la libera docenza in Storia del Diritto Italiano. Nel novembre del 1935 fu chiamata all’Università di Sassari con l’incarico dell’insegnamento del Diritto ecclesiastico, una fra le prime donne docenti universitarie.

Ginevra Zanetti ha speso molti anni della sua vita per l’Università di Sassari con una vita accademica ricca e feconda.
Ha tenuto rapporti con personalità di spicco come Segni, Gossiga, Berlinguer. Amò intensamente la Sardegna interessandosi anche di storia monastica benedettina e della salvaguardia del patrimonio storico ed artistico dell’isola.

Non si dimenticò mai di Bagolino, la sua “piccola patria”,
alla quale tornava assiduamente cercando di valorizzarne la storia e le testimonianze artistiche. A lei va il merito della scoperta del ciclo degli affreschi del Da Cemmo nella chiesa di San Rocco, occultati da intonaci. Donna di forte carattere, unì le spigolosità montanare all’apertura mentale ed ad una grande cultura.

In conclusione, è veramente incredibile questa trilogia femminile che spinge ad approfondire versanti storici ed umani poco indagati.

Alfredo Bonomi

.in foto, un ritratto di Elena Lucrezia (particolare)



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