Giovanni Bonsignori: un sacerdote al servizio dei contadini
di Giancarlo Marchesi
In occasione del centesimo anniversario della scomparsa di padre Giovanni Bonsignori, “Vallesabbianews” vuole ricordare la figura e l’opera del pioniere dell’agricoltura bresciana e anche di quella valsabbina
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Sono state consegnate nei giorni scorsi al Quirinale le onorificenze dell’Ordine “Al Merito del Lavoro” ai 25 nuovi Cavalieri, nominati il 2 giugno scorso dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Tra i cavalieri di quest’anno vi è il bresciano Vittorio Colao, amministratore delegato del gruppo Vodafone, che si affianca al primo Cavaliere del Lavoro bresciano, nominato nel 1906, il sacerdote Giovanni Bonsignori, fondatore con San Giovanni Piamarta della Colonia agricola di Remedello, e infaticabile artefice del rilancio dell’agricoltura della nostra provincia.
Bonsignori ebbe un rapporto speciale con i paesi della nostra valle: fu parroco di Prevalle e fu lungimirante propugnatore delle Cattedre ambulanti di agricoltura, guidate da Antonio Bianchi, e delle latterie sociali che furono fondate in Valle.
Con questa nota Vallesabbianews vuole ricordarlo ad un secolo esatto dalla sua scomparsa.
Giovanni Bonsignori, originario di Ghedi (1846), ultimo di quattro figli di una famiglia di piccoli proprietari terrieri, compì gli studi ginnasiali presso il Collegio di Lovere (Bergamo) e successivamente, nel 1862, entrò nel Seminario di Brescia.
Ordinato sacerdote nel 1869, fece la sua prima esperienza di curato a Gratacasolo, in Valle Camonica, quindi in città, a Borgo Pile, l’attuale Borgo Trento.
Nel 1876 fu nominato parroco a Goglione Sotto, oggi Prevalle, dove, nell’ambito del suo ministero sacerdotale, iniziò ad occuparsi con dedizione delle questioni che sul finire del XIX secolo angustiavano i lavoratori dei campi.
Successivamente, dal 1881 al 1898, resse le sorti della parrocchia di Pompiano.
Presso quest’ultima comunità religiosa accentuò il suo impegno per elevare il livello economico e morale del ceto contadino.
In una fase come il declinare dell’Ottocento, segnata dalle ripetute crisi agrarie, Bonsignori si dedicò allo studio dei problemi che frenavano lo sviluppo dell’agricoltura bresciana.
Avvicinatosi alle idee e ai metodi dell’agronomo parmense Stanislao Solari, sostenne con forza le teorie salariane, tanto da divenire un paladino della «neofisiocrazia» cattolica, dottrina che affermava la preminenza dell’agricoltura sugli altri settori economici come fonte di benessere materiale e spirituale.
Nel corso dell’ultimo decennio dell’Ottocento, la vicinanza a padre Giovanni Piamarta, già fondatore della congregazione Sacra Famiglia di Nazareth e dell’Istituto Artigianelli di Brescia, portò Bonsignori a promuovere l’istituzione di una Colonia Agricola, che sorgerà all’interno del vasto appezzamento di terreno acquistato da padre Piamarta a Remedello Sopra.
Fu l’avvocato camuno Giuseppe Tovini – futuro beato – a costituire una società anonima tra padre Piamarta, don Bonsignori e don Bonini.
Fin dalla sua fondazione, all’interno della Colonia Agricola provò posto una scuola di agricoltura che ebbe inizio il 25 maggio 1896 con cinque alunni orfani provenienti dall’Istituto Artigianelli.
Abbandonata la parrocchia di Pompiano, Bonsignori si impegnò con tutte le sue energie per accrescere il prestigio del nuovo ente e per elevare la preparazione culturale e tecnica dei giovani che frequentavano la scuola agraria di Remedello.
Unica nel suo genere, la Colonia Agricola divenne lo strumento attraverso il quale Bonsignori diffuse le sue idee per la redenzione delle campagne grazie al metodo salariano che permetteva un significativo aumento della produttività dei campi.
Il nucleo delle tesi agronomiche di Bonsignori è da individuarsi, oltre che nella rotazione agraria, nella restituzione alla terra, attraverso particolari piante, degli elementi minerali sottratti al suolo per effetto di coltivazioni depauperanti.
Infatti, secondo Bonsignori esistono piante come il trifoglio e l’erba medica che, grazie alle loro proprietà di indurre azoto nella terra, accrescono la fertilità del terreno e piante che, come i cereali, al contrario, la sottraggono.
Ciò implica che non è necessario acquistare l’azoto, ma è possibile indurlo gratuitamente nel terreno.
Remedello ebbe un indubbio beneficio dalla Colonia Agricola di padre Bonsignori: si arrestò l’emigrazione, il paese aumentò di 400 persone e godette di istituzioni agrarie, come l’Unione Agraria, la latteria sociale, la cooperativa di consumo, l’industria della conservazione del pomodoro.
Ma l’attività di Bonsignori non si fermò con la fondazione e il successivo sviluppo della Colonia Agricola: il sacerdote si sentì investito dall’ardua missione di riscattare i contadini della provincia bresciana.
Per raggiungere tale ambizioso obiettivo, ispirò la fondazione di Società di Mutuo Soccorso; ricoprì la carica di consigliere provinciale e, in quella veste, si adoperò per la creazione, nel 1900, della Cattedra Ambulante di Agricoltura, una interessante istituzione che si proponeva di incrementare la coltivazione del prato stabile, di migliorare il bestiame, di realizzare nelle vallate bresciane una capillare rete di latterie sociali (in Valsabbia furono istituite a Casto e Lavenone) e, soprattutto, nuove sedi del Consorzio Agrario Provinciale (si veda, per esempio, la sede di Nozza, fondata agli inizi del Novecento); inoltre fu un instancabile divulgatore dei nuovi sistemi agronomici attraverso le pagine dei periodici “Il Cittadino di Brescia” e “La Famiglia Agricola” e animatore di diverse Casse Rurali.
Di più, dal 1896 al 1900 tenne nel solo Bresciano oltre sessanta conferenze agrarie (durante il 1899 percorse tutte le realtà territoriali valsabbine), nel corso delle quali avvicinò i contadini della pianura e delle valli che non avevano avuto la possibilità di frequentare scuole di agricoltura.
Oltre a ricevere numerosi riconoscimenti e onorificenze, Bonsignori fu il primo religioso italiano a essere nominato Cavaliere del Lavoro (1906).
Si spense a Remedello Sopra il 29 novembre 1914, ad un anno dalla scomparsa di San Giovanni Piamarta.
Giancarlo Marchesi