26 Giugno 2014, 07.25
Terza pagina

Restare liberi nella tecnica

di Dru

E' significativo il pensiero che rende il senso della cosa, o il significato che è la sua essenza. differentemente il suo esser quella cosa, quel pensiero, vuole la trasformazione di essa. La trasformazione di essa è lo scopo dell'azione voluta


Voglio che quel bicchiere qui stia lì, questo pensiero vuole modificare lo stato "iniziale" della cosa percepita come mutabile e portar(la), portar quella, in quello stato là.

La cosa vista inizialmente è la materia dell'azione che è voluta  trasformata in quello scopo che è, dell'azione, il significato ultimo e così trasformato è lo scopo dell'azione.

Questo è ciò che definiamo azione e questo meccanismo interno al significato "azione" è ciò che mettiamo alla base di ogni nostra trasformazione e in ultimo alla base di ogni tecnica. Questa è la Tecnica.

Ora, come si può ben guardare, cambiato lo scopo cambia l'azione: differente è se vado in campagna per guidare la mia nuova e fiammante macchina, dall'andare con la mia fiammante nuova macchina in campagna per respirare l'aria fresca.
E' diverso se ho un certo gruzzolo in banca per fare opere pie, dal fare opere pie per avere un certo gruzzolo in banca.

Allora qualcuno potrebbe obiettare che le azioni, indipendentemente dalle intenzioni, possono restare le stesse per intenzioni diverse, cioè quello che apparentemente di un azione resta il medesimo, e resta così perché preso astrattamente e cioè perché non è né scopo di quel mezzo né mezzo per quello scopo, è il gruzzolo in banca che contato a quel punto è il medesimo.

Ad un osservatore attento non basta invece questo sguardo (lo sguardo dell'oggetto che definisce il suo significato, il suo essere) che coglie solo apparentemente ciò che l'azione produce.

E' del tutto evidente quindi che cambiando i mezzi con i fini l'azione cambia, cambia di significato.

Ecco, questo mutamento dei mezzi che da mezzi si trasformano in scopi è l'inevitabile gioco dialettico tra mezzo e scopo, inevitabile nel senso che raggiunti certi scopi, attraverso dei mezzi, solo potenziando questi mezzi allora noi saremo in grado di raggiungere i nostri scopi dipendentemente dall'assumere come scopo gli stessi mezzi, e chi non lo facesse si troverebbe ad essere in svantaggio nei confronti di chi invece praticasse questo significato dell'intenzione: cosa voglio? come lo raggiungo?
Se metto come scopo del mio agire il potenziamento dei mezzi per il raggiungimento dello scopo, che in altri termini significa cambiare il mezzo per lo scopo, allora sarò più potente e sarò il  tecnico "per excellence".

Qualcuno oggi confonde l'etica in azienda per raggiungere lo sviluppo economico come lo scopo dell'etica, ma non è etica questo scopo, quando l'etica diventa un mezzo per il raggiungimento della ricchezza l'etica muta il suo senso e diventa qualche cosa di diverso, appunto diventa il mezzo di uno scopo diverso, il raggiungimento della ricchezza.

Questo significa che siamo inevitabilmente immersi in questo sistema dialettico tra mezzo e scopo e inevitabilmente siamo indotti a potenziare i mezzi per il raggiungimento degli scopi che a loro volta diventano gli scopi delle nostre azioni. Questo significa restare “liberi” nelle "procedure" e nel funzionamento del discorso mezzo/scopo.

A Norimberga i Generali nazisti, accusati di sterminio, rispondevano che loro erano comandati a farlo e che i comandi non si discutono.

La Tecnica determina ogni nostra vera intenzione secondo procedura, perché l'intenzione della procedura (mezzo/scopo) rimane sempre quella, indipendentemente la nostra volontà: il funzionamento dei mezzi per il raggiungimento degli scopi.

Nei campi di concentramento di Auschwitz arrivavano treni pieni di 3 mila uomini al giorno, il generale doveva risolvere questo problema e lo risolveva nel modo migliore possibile, secondo procedura, perché la mattina seguente un nuovo treno pieno di 3 mila vite avrebbe fatto capolinea e lui poteva procedere solo funzionalmente e con i migliori mezzi a disposizione, gassificando in tutta fretta altrettanti uomini, se non voleva in poco tempo essere sommerso da "troppe" vite umane.

Ma questo comportamento non è qualcosa che rende “innocenti”  solo i generali di Hitler, nei confronti delle loro presunte intenzioni, che di fronte alle intenzioni della tecnica sono intenzioni impotenti, questa è la conseguenza di ogni nostro agire tecnico, che volesse avere come scopo uno scopo umanitario, diverso quindi dall'unica vera intenzione della Tecnica che sopra abbiamo menzionato, e cioè quella di potenziare i mezzi a disposizione, per il raggiungimento di tutti gli scopi, non solo per quello umanitario, per l'efficienza dell'apparato mezzo scopo.

Lo scopo umanitario è uno scopo “ideologico” e in questo è immutabile, fermo (punta i piedi contro ogni altro scopo) e non può prescindere che dalla scelta di certi mezzi, scartandone altri, uno scopo quindi escludente, un’intenzione che è destinata, dal processo mezzo/scopo a soccombere per lasciare spazio alla vera intenzione della tecnica, la riproduzione indefinita di scopi attraverso qualsiasi mezzo possibile, che da mezzo diviene, appunto, lo scopo.

Questo non dovrebbe risultarci che per la sua gioiosa tragicità
, in quanto salta subito all’occhio la  potenza insita nel processo, prodotta da questa continua ricerca di puntare ai mezzi  dell’efficienza (o razionale) , ma anche la sua inevitabile scienza della possibile trasformazione della  cosa vista inizialmente, che è la materia dell'azione, che è voluta  trasformata in quello scopo che è, dell'azione, il significato ultimo.

Ma così trasformato è lo scopo dell’agire “impossibile” su di essa, se essa è e non diviene altro da sé.



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