In questi giorni in cui si parla molto del film di Sorrentino, tra le varie bestialità (e i vari paragoni con Fellini, del tutto fuori luogo) ne ho sentita una che mi ha colpito in particolar modo: «La grande bellezza» rappresenta alcuni aspetti della nostra società
Malick contrappone alla nascita della natura la morte della vita, al bello della creazione il brutto della distruzione, che la folgorante angoscia della creazione produce con la sua essenziale precarietà: la speranza di una natura potente germina il nulla come senso o più propriamente come il nonsenso. Rimane un angosciante quesito che non trova risposta durante tutta la pellicola, con vite e relazioni sempre precarie, con esistenze che sono come foglie ancora sull'albero d'un autunno che si fa inverno, ma senza possibilità di circolarità. In Malik non c'è bellezza che in natura e mai nelle opere dell'uomo. Ad un decadentismo morale di Sorrentino, quando lascia vedere una via d'uscita nel bello delle opere dell'uomo, ho concluso, con la visione di Malick, che il bello della creazione, aperta all'abisso senza speranza, mette le vertigini, in un vero film d'autore.
Perché sono gli ultimi due film che ho visto con piacere, cosa ne pensi di Malick ?
La tua chiave di lettura dell'ultimo lavoro di Sorrentino è sicuramente molto interessante, certamente più degli strali che qualcuno lancia se ci si permette di ledere la maestà nazional-popolare del film. Io credo che quando un film offre motivi di discussione (intelligente) è cosa "buona e giusta", semmai è un po' meno giusto che questo avvenga a fronte di un premio così poco cinefilo (ma anzi, quasi esclusivamente commerciale) come l'oscar. A parte questo, mi chiedi cosa ne penso di Malick: ritengo che i primi tre lavori (Badlands, i giorni del cielo e, soprattutto, la sottile linea rossa), usciti nell'arco di 25 anni, siano dei veri capolavori di scrittura, sui quali un commento non basterebbe, ma credo che su questi 3 lavori si possa essere facilmente d'accordo. Con Il nuovo mondo, Malick sceglie la via del film narrativo, mantenendo altissimi livelli di tecnica cinematografica.
E poi? Poi sembra che, piano piano, in Malick sia rimasta la notevole capacità tecnica, ma che abbia perso quella verve "sotterranea" che ha caratterizzato parte del suo lavoro precedente. The tree of life è sicuramente un film ben fatto, che offre contenuti ben più "concreti" del decadentismo morale e ideologico di Sorrentino. In tree of life c'è un'interessante operazione di naturalismo, in un continuo parallelismo tra il senso scientifico della vita e quello più intimo, più religioso, forse fin troppo aperto su una sua interpretazione metafisica. Devo essere onesto: a me non è arrivato del tutto, pur rivedendolo più volte. Ho apprezzato abbastanza l'ultimo, To the wonder, che è stato piuttosto stroncato da critica e pubblico.
Questo l'inizio del Film, quel "dov'eri tu" è forse l'accusa al Dio cristiano, al Dio trascendentale? Forse il senso di una natura religiosa spinoziana? Assolutamente irriguardosa nei confronti di ogni finalismo e antropomorfismo? Non vi è gioco tra Natura e Grazia ma identità.Sembra che Malick a questo voglia indicare, ad una rilettura del vecchio testamento, di un Dio come Natura, identici come lo stesso e non uno il fondamento e l'altro il fondante, dove il tutto è immanente e non trascendente. Una Natura quindi rivisitata, come rivisitato è il messaggio del vecchio testamento, una visione, quella di Malick filosofica insomma, che guarda all'ordinamento "vero" di creazione e distruzione, né di tipo trascendentale, di un Dio che creatore rimanda al creato come ad un fondato, né ad una Natura senza leggi, che non appunto quella di un potentissimo e vorticoso creato.
Comunque, se può farti piacere, anche io l'ho visto parecchie volte e non sono sicuro di quanto voglia comunicare Malick, se non una continua e imperturbabile precarietà della Grazia, magicamente affrontato dal punto di vista tecnico.
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ID42735 - 13/03/2014 19:28:17 - (Dru) - Su La Grande Bellezza
La falce e martello, disegnata a raso sul pelo fulvo della nuda adepta sudante trepidazione, è depilazione che conduce alla autodelapidazione, intuizione che identifica il sacrificio ancorché inutile al ridicolo ideologico, per un improbabile dea bendata, retaggio di una religiosità sepolta dal tempo, che ancora si sbatte contro solide colonne, come meticcio di un estetica inattendibile.Nella carellata di personaggi, il meno peggio è giornalista, per necessità, e scrittore d'origine, metafora del tempo che vince, tutto vince, le attività, i sentimenti, le relazioni, le esistenze, ma non la grande bellezza di Roma, appunto, che a tutto resiste e di tutto gli scivola addosso, così è per le notti la festa.