L'oggettivo o il soggettivo della cosa, che č ciň che in filosofia č definita la certezza o l'incertezza di un giudizio, risulta come dell'ente ciň che corrisponde verosimilmente del pensiero l'oggetto pensato
Tra l'opinabile e l'inopinabile non c'è semplicemente il soggettivo e l'oggettivo, ma c'è qualche cosa di molto più potente e cioè il falso e il vero. È qui che non resiste l'esperibilità di fatto, ma per carpirlo certo non bastano studi scientifici.
E quel chilo di pasta e l'altezza sono valori assoluti e incontraddittori, incontrovertibili, (inopinabile come dici, quindi oggettivi) o a 299.000 km al secondo le cose che l'oggettività considera uguali sulla terra, poi mutano e diventano soggettive? Vedi che l'oggettivo è soggettivo? ma guarda caro Aldo che questo non avviene solo a quelle velocità e comunque, anche se credi che rimarremo sempre con la testa sotto la sabbia, e cioè a basse velocità, la filosofia ti conduce per mano a considerare le cose non solo sulla terra, dal punto di vista del senso comune, e nemmeno limitato al campo specifico della scienza(a questo proposito già galilei fonda la relatività)o dell'anagrafe, o questa ti rassicura a tal punto di non vedere che così facendo sbatti il muso contro la parete della realtà, come hai fatto bene sopra, per quello non ci vuole molta ingegneria. La luna, che brilla di luce propria ė evidente, no?
Eppure già Parmenide 2.500 anni fa sapeva che era la luce del sole che si rifletteva sulla luna e senza binocolo alcuno sai? Senza alcuna esperibilità. Erano, oltre che filosofi, astronomi e scienziati sopraffini sai? ma vedevano senza l'ausilio di strumenti, strumenti d'altronde,molto meno potenti del cervello, e questo loro, a differenza nostra, lo sapevano per certo.Non crederete alle favole che raccontano sui banchi di scuola del periodo d'oro della scienza durante il Galileo no ? Bellissimi i testi sulla natura dei presocratici, astronomi fisici e chimici sopraffini che già parlavano di ellissi nel tragitto dei pianeti e di luce con sue proprietà o di magnetite e sue proprietà, altro che Galileo si, basterebbe volerli leggere però.Ecco caro Aldo, a loro questa insicurezza fondata sull'osservazione (oggettività) non bastava,
ricercavano il fondamento, è questa la ragione, oggi invece il cervello è all'ammasso e basta un giornale per rimbambirne ogni coscienza che pensa di essere ragionevole.
Cosi' tra questa immensita' s'annega il pensier mio: e il naufragar m'e' dolce in questo mare.
Crediamo di essere più progrediti degli antichi, perché abbiamo qualche ruspa e qualche aereo, ma sarà poi così vera quest'affermazione?
Tutto è soggettivo e solo ciò che tutti ritengono tale diviene oggettivo. L'oggettività è quindi un risultato non un principio. È un compromesso sociale. La ciò deriva da quel passo che ha fatto la scienza affermando la propria ipoteticità. Quindi un chilo di pane non è oggettivo fino a quando non decidiamo insieme che gli errori di misura sono trascurabili, altrimenti non sarà mai esattamente un chilo. La parola oggettivo implica poi un ragionamento sul rapporto tra certezza (dentro di noi) e realtà (fuori di noi). È proprio vero che la realtà sia da noi separata? Oppure la realtà invece è "idea", tutta contenuta nella nostra coscienza? Se così fosse allora non avremmo bisogno di distinguere tra oggettivo e soggettivo, sarebbe solo questione di come nella coscienza appare un fenomeno. Insomma, la cosa è complessa.
è un falso, sarebbe come dire che non pensiamo a nulla o pensiamo il nulla(quel fuori di noi). Se vi fosse una realtà separata da noi, cioè se ciò che per idea pensassimo che di quell'idea il suo contenuto è fuori e non dentro quell'idea, l'idea e il contenuto non sarebbero l'idea e il suo contenuto, ma oltre, l'idea di quell'idea senza dentro il suo contenuto, l'apparire appunto, dove oltre è impossibile inoltrarsi, impossibile è il contraddittorio, impossibile è appunto dire che ciò che è unito è diviso.
La conoscenza e' di due tipi: quella Oggettiva e quella Soggettiva. La prima e' conoscenza di ciò Che è' noto, del conoscibile; la seconda e' conoscenza di colui che conosce.È' possibile conoscere milioni e milioni di oggetti, puoi familiarizzare con il mondo intero ma, se non sei consapevole di colui che conosce, sei ignorante. Potrai anche essere una persona colta, ma non sarai un saggio. Potrai anche aver cumulato moltissime informazioni, un sapere enorme, però' mancherà l'ingrediente fondamentale che rende sapiente una persona: la consapevolezza di se'....Solo le persone migliori si smarriscono. I mediocri non si perdono mai.La vita e' energia e chi non ne ha non va mai nella direzione sbagliata; perché' non può'.La filosofia, non ha mai risolto un problema esistenziale. Non puo'farlo: e' amore del sapere, non implica alcuna trasformazione dell'essere; si rimane gli stessi di sempre e, di fronte alle situazioni esistenziali, si
....si reagisce come sempre.Se qualcuno ti insulta, vai in collera; se qualcuno ti elogia ti sentì alle stelle: sei comunque in balia del giudizio altrui, non sei affatto libero! Malgrado ogni tuo sapere basta un nulla per smontanti.L'Oriente invece, non conosce alcuna filosofia: il suo approccio e' del tutto diverso, si tratta di una visione della verità'.L'Oriente ricerca la saggezza; non è' un cumulo di sapere, si ricerca la visione del Vero. " chi sono io?" Questo e' l'interrogativo chiave: non si ricerca affatto una conoscenza OGGETTIVA. Indago dentro di me, per vedere chi sono, chi è' quell'entita' che esiste qui dentro....il mio se', il mio Dio, la mia consapevolezza.
Quell'in sé e quella consapevolezza che indica Forzanove è l'aspetto che ogni sapiente indaga e per sapiente indico appunto i pensatori: coloro che, mostrandosi poco interessati alle cose per come sono determinate, hanno ricercato invece il significato delle cose in quanto cose appunto, l'indagine diventa a questo punto l'indagine sui principi degli oggetti e non sugli aspetti del loro determinato esserci. Dio è una cosa , FOrzanove è una cosa, il mercato Europeo è un'altra cosa, ma cosa fa di queste cose differenti il comune? Ecco che ogni termine che noi poniamo per dare un significato più ampio e omnicomprensivo ci conduce per mano ad indagare intorno al significato di "cosa", che, bada bene FOrzanove, non sono le indagini scientifiche sulle cose come determinate, non è la specializzazione come conduzione, tramite l'esperibilità, del sapere qualche cosa su qualchecosa.
Abbiamo portato in studio questa rete. Una rete, se gettata in acqua, non riesce a prendere tutto in quanto qualcosa sempre gli sfugge per via della sua maglia. Allo stesso modo la nostra conoscenza non riesce ad apprendere una verità assoluta. La nostra mente può essere simboleggiata da questa rete. Vorrei sapere se l’uomo potrà mai arrivare, nell'apprendere e nel conoscere, a una verità assoluta e non relativa. E non alle certezze, che sono anche il frutto della nostra società e dell'ambiente che ci circonda.
O si è originariamente nella verità senza bisogno di scale, oppure alla verità non si arriva. L’uomo pertanto non è più il semplice individuo, ma colui in cui avviene la manifestazione della verità. La rete è un’immagine usuale della filosofia contemporanea. Fedor Dostoevskij diceva a una principessa russa: "Se io dovessi scegliere tra la verità e Cristo sceglierei Cristo, se Cristo fosse in disaccordo con la verità". Il Cristo di Dostoevskij equivale all’elemento marino di cui ha parlato Lei. Imprevedibile, non catturabile, che sta al di là della rete. Nietzsche va oltre e individua nel caos l'imprevedibile. Possiamo dire che, malgrado una bella rete coerente, il mare resta non catturabile. Lei dice che i pesci della rete sono sempre pesci razionali, che non manifestano la profondità del mare. Aristotele formula il Principio di Non Contraddizione.
Le domande a questo punto sono: la rete è rete? La rete può essere il mare? Quando si pensa al mare, si pensa alla rete? Il mare rappresenta ciò che sfugge alla rete, se ho compreso il Suo esempio. Se il mare può diventare un pesce dentro la rete, può diventare la rete, può essere la rete, non si può contemporaneamente affermare che la rete si fa sfuggire il mare. Sarebbe come negare l’insondabilità del mare, l’irrecuperabilità del mare. Se viceversa si ha per ferma l’insondabiltà del mare si deve dire che la rete è rete e che il mare è mare. Dio stesso, in determinate forme di fede religiosa, è il mare, l’assolutamente Altro, quello che sta al di là di ogni povera rete umana. Dio è il mare, un modo di intendere il mare. Se Le chiedessi se il mare é mare o è rete in questo caso, sarebbe costretta a rispondermi che il mare non è rete.
Conclusione è che il mare è mare, e che l’insondabile sottostà a quella rete di tutte le reti che Aristotele chiama Principio di Non Contraddizione. I Latini lo traducono come principium firmissimum. Il conoscere, visto così nella sua arché, nella sua origine, non si lascia scappare nulla. Quel mare, che nella Sua metafora dovrebbe rispecchiare l'inafferrabile, è, secondo la legge di quella super - rete che è l'Esser Sé dell’Essente. L’Esser Sé delle cose rappresenta il contenuto di quella verità in cui noi originariamente siamo e che non abbiamo bisogno di raggiungere dopo un percorso nella non verità.
Se il mare è qualcosa in sé, che esiste, possiamo noi catturarlo, conoscerlo fino in fondo e completamente?
Aristotele dice che è proprio del sapiente conoscere tutto. Conoscere non tutte le cose analiticamente, quanto l'essenza di tutte le cose (ndr. ente in quanto ente libro IV Metafisica). Conoscere l'esser sé del mare, cioè il suo non essere così ex lege, da costituirsi contrariamente alla legge suprema non equivale a conoscere tutte le profondità, gli anfratti, le ombre e i misteri del mare, quanto a sapere che tutta la sua inafferrabile ricchezza è contenuta all'interno di una sonda essenziale, di una legge essenziale. L’ulteriorità del mare si sviluppa all’interno della super-rete. Non si avrà dunque più una rete che vincola, che costringe, che separa, che astrae, ma una rete che dà respiro a ogni cosa, perché ogni cosa respira in quanto è se stessa.
Se volessi fare esercizio di sapienza, potrei declinarti centinaia di parabole, decine e decine di libri, attestanti ognuno non il sapere quanto la saggezza. ..... Il dubbio e' un segnale: solo se raggiungi la vetta del tuo essere, solo se acquisisci una prospettiva migliore, un'altezza in grado di spaziare sulle infinite distese della consapevolezza, solo allora potrai risolverlo. Socrate poteva dire :"io non so niente" . Ma questa era solo una mezza verità' ; Socrate sapeva molto, ma un giorno si rese conto che tutta la sua conoscenza era inutile.Tuttavia, una persona che non ha fatto l'esperienza di Socrate non può' arrivare a quella conclusione.Chi si smarrisce e' sempre il migliore.. sono i bambini più intelligenti che si ribellano, perché' la qualità' della loro mente e' la ribellione. L'intelligenza e' sempre ribelle: più' si è' intelligenti, più si è ribell....segue, l'aereo chiama.
Che sia Severino ad accendere la torcia o Socrate, questo non significa che ciò che si illumina sia per (gli ascoltatori o) i vedenti la stessa cosa che di luce riluce e Socrate indica questo, indica che per sapere non basta la torcia e la luce, ma bisogna saper riconoscere cosa è proiettato da quella luce nelle coscienze...
Se la ribellione è l'astratto dell'astratto che del tutto (la rete che è il mare, del mare è la rete) è l'uscita o l'isolamento della parte si che la parte si crede il tutto, questo il senso di libertà voluto dal nichilismo e dal mondo alienato ( il nostro mondo in cui viviamo) per essere coerente con il senso del diveniente l'altro da sé, allora è una impossibile ribellione, allora la ribellione è contraddittoria perché se vuole essere vera ribellione non può prescindere da ciò per cui si ribella , dal contesto, dal tutto di cui essa è la parte.Se per ribellione è il concetto concreto dell'astratto che distinta si identifica per essere "solo" parte di quel tutto a cui conviene, allora la ribellione è vera.
"La rete è il mare" significa la rete "è insieme" il mare, o l'esser sé dell'essente e non il suo esser l'altro, si che, sia la rete che il mare, due eterni che si uniscono e fondano come relazione una sintesi che è essa stessa un'eterno, non sono creduti presupposti come isolati, dove una volontà li voglia unire come può un Dio quando è Dio a voler unire le cose che per amore le unisce all'essere (sarebbe da capire perché allora Dio le cose che non vuole unire all'essere perché non siano, come mai non le unisce, perché non le ama? ma questo è un altro campo) o come l'ultimo dei demiurghi, che è l'ultimo tecnico appoggiato sulle ali della scienza, che crede di poter creare che dal nulla le cose vengano.
....Se l'uomo ha bisogno di Dio, allora vuol dire che Dio ha bisogno dell'uomo.Ma l'uomo se cerca in se' la verità', non trascende e si libera da ogni schiavitù' esteriore.Non temerà' i giudizi degli altri, trovando con la serenità' la fioritura per adempiere al proprio destino di essere umano.Non definire follia la creatività', il gioco, la gioia. Trasmettila ai tuoi cari ai tuoi figli. Se così fosse, cosa sarebbe mai la salute mentale....quella salute che demiurgi moderni elargiscono su lettini definiti ameni "altari" sincretizzando schemi per recuperare il se' devastato dal modo di agire dal modo di pensare organico e convenevole.Lascia che la tua vita sia una festa. Lascia che la tua mente sia la tua, e nessuno possa inquadrarla. Diventa come l'acqua che prende il colore dai sassi su cui scorre.Anche il grande Alessandro, ebbe modo di provare la grandezza di questo pensiero. Tornando dall'Oriente conquistato ebbe modo di...
....rammentare la richiesta di Aristotele, che gli chiedeva di portare con se uno dei grandi della meditazione orientale, dei quali aveva sentito parlare...."a causa dell'Io vivi nella prigione dell'ego"Svanisci l'ego, e non avrai più' alcuna sofferenza, alcun dolore, alcuna agonia, alcun inferno, alcuna angoscia.Può' un solo dei tuoi pensatori, aiutarti in questo e dare una risposta al tuo disagio? Tutti i problemi sono conseguenza dell'inconsapevolezza. L'inconscio crea ogni sorta di problema, di fatto e' il solo problema che esista.non reprimerli, e' come nascondere del pattume nella propria casa.Sii consapevole....
Certamente ogni tua indicazione è buona volontà e ben accetta nella mia angusta capanna (il pensiero), ma come tale, come volontà di indicare la strada è, con l'oggetto da te predicato, la libertà di pensiero, un volere che per forza contraddice la natura di ciò che dice. Mi dici di essere libero nel pensare, ma non noti che appunto la tua esortazione colpisce tremendamente ciò che esortato è del pensiero libero il tuo di pensiero? Ogni dire è volontà Questo mi hanno insegnato cosiddetti "miei pensatori" che la tua volontà sia fatta non significa che io sia davvero libero.
....dimenticavo: il grande personaggio dedito alla meditazione ebbe a rispondere ad Alessandro che gli proponeva tanta ricchezza o la sua spada...."non puoi comprare il mio se' e tantomeno puoi portare il mio corpo con te, nemmeno se mi fai a pezzi...il mio corpo l'ho lasciato da tempo, quindi mi è' estraneo. Prenditelo, ma avrai poca cosa".Parabola o verità? Non importa se non è verità, importa il senso compiuto.È vuoi vivere la realtà , devi creare spazio dentro di te. Se ti aggrappi a conclusioni, pregiudizi, idee, filosofie, non incontrerai mai la realtà , vivrai immerso nel regno della speculazione. Il tuo stesso sapere si frappone tra te e la realtà.Il sapere brama la discussione. Non è affatto interessato ad apprendere, si sente umiliato, nel farlo; ecco perché le cose diventano sempre più difficili, man mano che si cresce: più si è adulti, minori sono le possibilità che si hanno
Ma noto in queste una sorta di pedagogia o senso del terapeutico che è, come ogni volontà, illusoria volontà di trasformare l'essere in qualche cosa d'altro e questa persuasione, la persuasione che attraverso la forza di volontà le cose mutino, è l'impossibile realizzarsi di ogni volontà.
....ricorda dipende...dipende solo da te. La vita può' essere modificata, cambiata in ogni momento...se stai attento tutti si lamentano, ma nessuno attiva il proprio cambiamento. Pigrizia mentale? No! Solo inconsapevolezza. Ciò che non si sa, ciò che non si conosce ci lascia succubi di una cultura consumistica e becera. Desideriamo solo, e questo tarlo, mai sazio, ci divora giorno dopo giorno.Annoiati, invidiosi, gelosi, ambiziosi e mai contenti. Quando raggiungiamo uno scopo un oggetto, subito lo sostituiamo con altro, vivendo perennemente in competizione, in conflittualita'. Questo pozzo inconscio bisogna svuotarlo di cose inutili, e riempirlo di piccole cose giorno dopo giorno. Ci bastano, anzi, ci fanno felici...quanto adoro le pecore di Aldo, e quelle di Simone.Il tuo sapere e' una valle fiorita; ma nel contempo rischia l'aridita', perche' attorno a te, c'e' il deserto.
Dici che tutti si lamentano, ma nessuno attiva il proprio cambiamento, ma questo è proprio il principio della volontà, cioè credere che per deliberazione determiniamo l'esistenza delle cose future e il loro essere ma anche il loro non essere, il poter essere appunto trasformate, forse non è proprio qui la radice di ogni nostra frustrazione ? La fede nella follia, la follia di volere l'impossibile diventare delle cose il loro altro, il di-ve-niente, e dal niente il poterle trarre fuori ? La frustrazione, se leggi il senso di questa follia, deriva proprio dalla persuasione che noi possiamo cambiare le cose, persuasione che si scontra con la verità delle stesse, che sono l'apparire dell'essere sè dell'essente e il non diventare l'altro.Cioè, se quello che dici lo condivido, nella parte che riguarda il consumismo, ti invito però a non trascurarne l'essenziale fondamento, che è appunto la volontà frustrata del
cambiamento di come stanno le cose che non divengono altro per la deliberazione o la volontà, che in questo è fede nel cambiamento, e come tale rimane la frustrazione della follia o il niente dell'ente, l'impossibile, ma è il loro apparire nel cerchio dell'apparire dove ogni volontà di potenza risulta l'impotenza e frustrazione appunto.Dal deliberare e dal credere nella libertà che ogni nostra frustrazione ha e prende il suo significato.
Ti invito a considerare la vita come quell'oggetto che continuamente crediamo di cambiare, crediamo di mutarne l'essenza, sostituendo quella televisione a questa o semplicemente trasformandolo l'oggetto per dare un senso alla nostra esistenza, fai uno sforzo per comprendere che la vita, in quanto ente, come per il televisore o un ciocco di legno che "facciamo" statua, è e il suo altro non è( l-altro della vita come ente) che il niente, se quindi , credi di poter cambiare la vita, questo il senso del libero arbitrio o libertà, credi nel senso profondo che è dell' omicidio e di ogni omicidio, credi nell'impossibile. (ma per capire quanto ti sto dicendo devi leggere il mio contributo scritto qui intitolato "Poiane e Kite surf").
... che ogni volontà, quella del tiranno che vuole la schiavitu come quella del democratico che vuole la libertà, è fede, fede che le cose divengano altro da sé, fede nell'impossibile (contraddittoria) trasformazione delle cose nel loro altro. Ogni esortazione ad agire sia per il "bene" che per il "male", lascio decidere a te quale sia l'uno e quale l'altro, ha la stessa radice o anima, la follia di credere nell'impossibile divenire altro delle cose.Se le cose tutte sono eterne e poiché le cose sono eterne, allora nessuna volontà può modificarle e è destino, il de-stino (stare) della necessità (contesto), il loro esser sé e non il loro diventare altro.
tra familiari in cui si discusse sul valore diverso che contraddistingueva l'azione di Che Guevara e l'azione di Osama bin Laden.Io mi espressi sulla stessa radice o anima e non distinguevo i due combattenti che erano la stessa cosa, certo non negandone le differenze formali, chi portava i baffi e chi no, ma la filosofia si interroga sul senso delle cose, certo non disdegnandone nemmeno il contenuto determinato, i baffi.
....i baffi? Sono in divenire continuo, quindi fuori dalla logica. I due personaggi in questione non avevano superato la fase Edipica, quindi versati allo stesso destino. Morire come eroi. Niente di piu' ameno.
Sotto il segno dell’incertezza L’incertezza della certezza o la certezza dell’incertezza? L’incertezza ha a che fare col mondo delle decisioni.
Decidere nell’incertezza è un problema molto serio e va affrontato con la massima attenzione
Ci risiamo Situazione di oggettivo pericolo allo svincolo fra la Variante della Valle Sabbia e la 45Bis. E nessuno fa nulla per rimediare
Restare liberi nella tecnica E' significativo il pensiero che rende il senso della cosa, o il significato che è la sua essenza. differentemente il suo esser quella cosa, quel pensiero, vuole la trasformazione di essa. La trasformazione di essa è lo scopo dell'azione voluta
Non ho colpe perché ero comandato Dovete sapere che a Norimberga i nazisti ebbero l'ardire di mostrare cosa celasse il significato della tecnica nel suo lato peggiore...
Autostima, come migliorarla L'autostima č un processo soggettivo e duraturo che porta la persona a valutare e apprezzare se stesso tramite la consapevolezza positiva del proprio valore personale.
In occasione della Giornata del Riciclo i bambini della Scuola primaria di Sopraponte e la Banda “Nestore Baronchelli” si sono esibiti insieme in un piccolo concerto
Originario di Condino, aveva pubblicato numerose ricerche storiche e trascritto centinaia di pergamene conservate negli archivi giudicariesi e sabbini. E' scomparso qualche giorno fa
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Col professor Luciano Pace, abbiamo dialogato di filosofia: dalla scuola filosofica con più di cento iscritti invidiata anche all’università di Urbino ad un blog di riferimento per la didattica della IRC
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ID35428 - 30/08/2013 21:23:05 - (Aldo Vaglia) -
E' inutile che ci giri attorno. E' soggettivo cio' che opinabile e' oggettivo cio' che non lo e'. Che l'uomo non sia oggi pesce e' oggettivo. Che tu sia bello e' opinabile. Poi e' vero che ci sono delle sfumature e che c'e' sempre di mezzo l'osservatore, ma questo rientra nell'errore accettabile. Un chilo di pane su ogni bilancia e' sempre un chilo nelle stesse condizioni, escludendo l'errore del misuratore e dello strumento. Se tu sei alto 1.80 te lo scrivono sulla carta d'identita,' come se hai dei segni particolari da tutti visibili. Anche se hai gli occhi azzurri o di un altro colore. Nessuno si sognerebbe di scrivere bello o brutto. Proprio perche' e' soggettivo.