15 Agosto 2013, 08.45
Bagolino
Disfide

Botte da orbi, tifo da stadio

di Magi

Non l'ha riconquistato neanche quest'anno, l'Ösnŕ ha perso la partita ai rigori, e il Cävril si č nuovamente accaparrato il trofeo della classica disfida tra le due contrade storiche

 
Si è concluso così martedì 13 agosto il confronto del 2013, con la vittoria del Cävril e dal giorno dopo è ricominciato lo sfottò.
Come dimostra il racconto seguente, che risale a due anni fa, ma che è sempre di immutata attualità.

BOTTE DA ORBI E TIFO DA STADIO

Dubbi e certezze con le gambe sotto il tavolo – La cena in strada

Deciso per la cena. Si va. Già, ma da che parte, Ösnà o Cävril? Io dove sto? Posso ambire allo status di contradaiola o mi si ritiene forestiera? Vorrei conoscere il criterio per stabilire le appartenenze.
Forse il criterio è dato dalla famiglia, ma bisognerebbe sapere quale, quella del padre o quella della madre, il casato paterno o quello materno? Bel quesito, mio padre era della Bassa, perciò è fuori questione, e mia madre di Ösnà, allora sarebbe questa la mia collocazione; per via matriarcale quindi, una bella innovazione nel diritto di famiglia.
 
E se invece fosse l’ambiente geografico e culturale a determinare l’appartenenza? In questo caso non sarei messa tanto meglio, sono cresciuta ai piedi dei Ronchi e sparsa tra la pianura e la montagna, un po’ montagnina e un po’ bassaiola, con le colline di Brescia a far da spartiacque tra ambienti diversi e ad incasinare ancor di più le abitudini, i dialetti, i comportamenti, i sentimenti, le aspirazioni; montaiola o bassagnina per confondere ancor più le idee, tanto per stare in tema.
 
E’ dunque il sangue (mi fa un po' senso) che comanda o la geografia, la genetica o l’ambiente? Vecchia questione psicosociologica, come quella se sia nato prima l’uovo o la gallina, credo che la disputa seguiterà a lungo.
Nel frattempo il mio dubbio ha subìto un contraccolpo: - Se vai in Cävril non ti rivolgo più la parola, noi siamo di Ösnà! - La minaccia di mia zia ha scosso le mie incertezze. Allora è il criterio della famiglia che determina l’appartenenza, è perciò il sangue che prevale e comanda… Ma io da giovane ho fatto una trasfusione, non sarà che in mezzo si è infilata anche la contrada dell’Aquila o dell’Onda?
Insomma, ha ragione mia zia e devo andare in Ösnà o ha ragione la toponomastica e devo quindi andare in Cävril dato che ho casa in Nadre? Béh, ancora non ci siamo, l’indecisione permane, quindi si decide sul posto.
 
Cävril dall’alto del suo dominio arroccato è tutto un fuoco e a me starebbe anche bene dato che la temperatura è bassa e io patisco il freddo.
La capretta del simbolo, dal suo sfondo rosso fiammeggiante, è pronta a saltar fuori dagli stendardi e dalle divise della contrada per incornarti a dovere se la fai innervosire (ma il drago mangia la capra, ammonirà una canzoncina appositamente inventata dagli avversari di Ösnà); del resto le capre in montagna sono nel loro ambiente ideale e molte già saltano sulle spalle dei tanti giovani presenti e scatenati nel ballo ancor prima di mettersi a tavola e certamente non avranno bisogno di altri stimoli infuocati per scaldarsi, loro (l’importante è che non prendano fuoco come i loro predecessori quando se le davano di santa ragione con quelli dell’altra contrada). Però qui non vedo nessuno dei miei conoscenti, così un giro nel covo dei rivali va fatto per vedere che aria tira da quelle parti.
 
Alla Scala Santa, linea di confine tra le due contrade, spariscono il rosso e il bianco e la capra di Cävril e domina il drago con l’azzurro e il giallo di Ösnà, colori che in verità sono esposti dappertutto con creatività, uno striscione pende addirittura dalla corna di San Gervasio sul versante opposto della vallata. Ma i santi non possono dire la loro, immobilizzati sulle tele o nelle dimore dedicate non possono contestare l’appartenenza; in questo caso la geografia è determinante: San Gervasio sta a valle della Scala Santa perciò è di Ösnà e si becca lo striscione senza discutere (al massimo dirà un’avemaria in più per aver perso la pazienza; si sa, chi sta sulle corne, forse ama di più le capre che i draghi).
 
In Ösnà l’atmosfera è più tranquilla (si scateneranno dopo cena), ma molto allegra; una tavolata chilometrica si snoda seguendo il sinuoso tracciato della via (particolare curioso: in Cävril la tavolata era rettilinea) e abbraccia il profilo delle case e della piazzetta assecondandone l’architettura; è un colpo d’occhio piacevole che fa pensare ad un buon Consiglio dove prevale un clima familiare che invita a mettersi a tavola; infatti sono già tutti seduti. E qui, tra i tavoli e la folla dei presenti ci sono parenti e amici (ma possibile che siano tutti di Ösnà i miei conoscenti?) e si riesce a guadagnare un posto a tavola, stringendosi un po’ tutti, ché nessuno resti in piedi a bocca asciutta a vedere gli altri gustare la polèntä täràgnä (che si rivelerà veramente buona), preparata lì sul posto per la cena in strada.
 
E’ andata così, ci siamo aggregati con quelli di Ösnà e ci siamo divertiti.
Sì, perché non ero sola, c’era anche mio marito che a Bagolino non ha discendenze famigliari dirette, quindi si era ripresentato il dilemma: da che parte doveva cenare un extracomunitario puro (dove per comunità si intende quella bagossa, beninteso)?
Avevo ragione a ritenere che il quesito si sarebbe riproposto e allora ho pensato che il comitato delle contrade potrebbe dirimere la questione per i casi controversi; quelli dei nuovi residenti, ad esempio, venuti da chissĂ  dove per stabilirsi in questo paese ricco di storia e di storie.
Prendiamo il caso di tal Paolo da Milano: è sufficiente abitare a valle della Scala Santa per considerarsi di Ösnà? E dato che l’aspirante ösnatese (si dice così?) non ha nemmeno una moglie mezzosangue che faccia da salvacondotto, non servirebbe forse una prova di fedeltà alla causa per accoglierlo nella cerchia degli ösnatesi di antica e certa fede? Una parola di probiviri super partes sarebbe d’aiuto nell’incertezza.
- Non ce n’è bisogno - sentenzia a questo punto Gian Martino – Va dove ti porta il cuore. Siete venuti con Ösnà perché con noi si sta bene, è il cuore che comanda, il resto non conta.- E va bene, ma se uno ha il peacemaker che dirige il cuore a bacchetta, come la mettiamo?

La prova di fedeltà - L’incursione

Scontata la reazione, le affermazioni erano troppo provocatorie. Paolo da Milano balza in piedi come se la panca su cui stava seduto avesse preso fuoco e dall’alto della sua dignità offesa dichiara: - Io ho le carte in regola, la mia prova di fedeltà l’ho già data e non temo alcuna sentenza.-
Si deve ora conoscere cosa era accaduto l’anno precedente al termine della cena in strada, quando i contradaioli, dopo brindisi e banchetti, balli e canti, scherzi e risate, lasciano cadere lo spirito di fazione e diventano soltanto festaioli (di parte) e si azzardano a superare il confine della Scala Santa mescolandosi, quelli di Ösnà sconfinano in Cävril e quelli di Cävril fanno un giro in Ösnà.
 
Ebbene, il nostro Paolo da Milano aveva allora osato l’azzardo temerario: un’incursione solitaria nel cuore gastronomico di Cävril.
Accompagnato soltanto dalla sua incoscienza e impugnando la bandiera metaforica della sua contrada era saltato sul lungo tavolo dove i sostenitori di Cävril avevano banchettato e dove ancora sostavano in allegra compagnia, e al grido di “Ösnà, Ösnà” l’aveva attraversata tutta di corsa, riportandone un bagno di birra, lanci di pane, torta, avanzi vari della cena, che secondo gli offesi commensali non potevano trovare miglior destinazione e bersaglio. Un’ovazione, un trionfo invece da parte dei propri sostenitori, che lo avevano insignito del titolo di ösnatese honoris causa. L’onta del sospetto veniva così definitivamente fugata.
 
Certo, anche la mia era stata una provocazione, che è poi il senso di queste righe sgallettate, che dovrebbero stimolare il racconto dei fatti, delle storie, la piccola mitologia di casa nostra, ad emergere dalle nebbie del passato o dai fumi (alcoolici) del presente; prima che lo scorrere del tempo cancelli le tracce dei ricordi e il livellamento imposto dal pensiero unico del villaggio globale annulli ogni diversità.

La disfida storica. La partita

Ösnà aveva perso tutto; giovanile, vecchie glorie, persino la pallavolo femminile le avevano prese da Cävril senza misericordia; restava solo la sfida più importante, la partita di calcio Ösnà – Cävril, la classica di metà agosto. L’orgoglio ammaccato di Ösnà doveva essere riportato alla sua integrità: bisognava vincere ad ogni costo.
Il giorno 13 agosto 2011, alle opre 18,30 l’aria attorno al campo di calcio vibrava; vibrava già da un po’ in verità, dato che le tribune erano state prese d’assalto dalle rispettive tifoserie per tempo, non si poteva rischiare di non prendere posto e non partecipare ai cori (da stadio), già caldissimi e scatenati.
 
Il colpo d’occhio era allegrissimo; rosso e azzurro dominanti sugli spalti, con le gradinate divise in due parti rigorosamente separate da nastri colorati, guai a trovarsi dalla parte sbagliata; bandiere e palloncini nei colori rosso e bianco di Cävril e azzurro e giallo di Ösnà; abbigliamento dei sostenitori in sintonia cromatica con le rispettive contrade, magliette, cappellini, sciarpette per tutti, compresi i bambini e gli infanti nei passeggini; e in campo un drago rilassato e una capretta accigliata occhieggianti dai rispettivi stendardi.
 
Attorno al campo da gioco i sostenitori che non avevano trovato posto sulle tribune erano già assiepati per non perdersi l’agognata disfida, mentre fiumane di spettatori abbigliati con i colori delle rispettive contrade si riversavano ancora sulla strada di accesso al campo, interi gruppi famigliari con pargoli e nonni al seguito, immancabilmente in rosso o azzurro, anche se non mancava qualche difformità cromatica in alcune famiglie, madre di un colore e padre di un altro: di fronte alla contesa Ösnà – Cävril anche i legami famigliari più stretti si allentano!
 
Organizzatissime le tifoserie, impegnate a sostenere le proprie formazioni con accompagnamento di tamburi e a scandire gli slogans appositamente preparati con creatività per le varie circostanze di gioco (dal già citato “Il drago mangia la capra” su musica di Guantanamera, al cinico “Veterinario, chiamate il veterinario” lanciato a gran voce ogni qualvolta un giocatore di Cävril restava a terra sul campo di gioco).
 
Al grido di Riconquistiamolo! (l’ambito e sfuggente trofeo) lanciato dalla tifoseria di Ösnà, e di Facciamoli neri ancora una volta in risposta da parte di Cävril , le squadre danno inizio alla storica sfida e dopo un solo minuto di partita l’ Ösnà segna un goal che raggela le certezze degli avversari. Indescrivibile ciò che accade sugli spalti: tifoserie gialloazzurre in delirio, ammutolite e incredule quelle biancorosse. Ma siamo solo all’inizio della partita, perciò dopo un momento di sconcerto i sostenitori del Cävril riprendono vigore e la gara continua tra festosi incitamenti alle proprie squadre e il consueto reciproco sfottò.
 
Il primo tempo si chiude con l’Ösnà in vantaggio per 1 a 0, ma nella ripresa il Cävril rende agli avversari lo stesso servizio ricevuto, segnando immediatamente il goal del pareggio. Un boato fa tremare le tribune, ora gioia e delusione si sono invertite sugli spalti, ma è questione di pochi attimi perché un altro boato ribalta nuovamente gli umori del pubblico: il goal è stato annullato.
E’ una partita al cardiopalma e ancor più quando il Cävril va davvero al pareggio con Roberto, mortificando le aspettative di rivincita degli avversari, ancora una volta sull’orlo di un’altra sconfitta, o per lo meno soltanto di una mezza vittoria destinata a lasciare un po’ di amaro in bocca.
 
Con questi alterni sentimenti la gara si avvia alla conclusione, quando tra capo e collo della Capra si abbatte la zampata del Drago: quello stesso Alessandro che aveva segnato la rete nel primo tempo mette a segno la seconda, diventando l’artefice del riscatto dell’Ösnà: il tempo è scaduto, la partita è vinta, la sfiga è finita.
Sugli spalti gialloazzurri è il delirio puro; troppo abituati a perdere, i tifosi dell’ Ösnà quasi non credono alla vittoria, la soddisfazione e l’entusiasmo sono alle stelle; compare uno striscione con l’acida scritta Veni, vidi, vici, traduzione per le capre: Venni, vidi, vinsi, che conferma l’umorismo dissacrante di altri slogans e parole d’ordine ösnatesi (che aveva raggiunto il suo più alto livello di ironica impudenza nella cena in strada dell’anno precedente, con la macabra scelta di servire a tavola capretto arrosto).
 
Ma il sarcasmo contro i vinti si attenua presto in un grande festeggiamento che rende onore innanzitutto agli avversari; in perfetto stile british allora applauso agli sconfitti, strette di mano, abbracci e pacche sulle spalle e c’è chi riconosce nuovamente nell’avversario il parente o l’amico!; foto-ricordo e poi festa fino a notte fonda, balli, canti, coriandoli e fuochi d’artificio a suggellare la fine della contesa, ovvero la tregua per un anno.
 
Con l’immancabile eccezione dei giorni immediatamente successivi (e anche un poco più in là), quando chi perde deve pagare da bere e si deve sorbire di buon grado le canzonature degli irriducibili burloni della parte avversa, adusi a non lasciarne passare liscia neanche una, a nessuno, mai. Del resto meglio lo scherzo e il tifo da stadio che le botte da orbi che Cävril ed Ösnà si davano nei tempi lontani, quando lo sport diffuso non era un calcio amatoriale, ma una boxe senza regole, senza arbitri imparziali, e con molta libertà interpretativa.

UN ANNO DOPO.

Animata discussione tra amici davanti ad un bicchiere di vino

(Traducete il dialogo in dialetto bagòs)

Alfio: Sei di Cävril o di Ösnà ?
Dario: Di Ă–snĂ  .
Gianni: Ma sono vent'anni che stai in Cävril.
Dario: Sì, ma io sono nato in Ösnà.
Fulvio: Tu sei nato in Tonol, mica in Ă–snĂ .
Paolo: Allora è proprio di Ösnà.
Luciano: Eh no, non è neanche bagòs, è trentino, è un extracomunitario come me e come Paolo.
Dario: Io sono di Ă–snĂ , non raccontare balle.
Robertino: Raccontala giusta.
Fulvio: E tu allora, di dove sei?
Robertino: Di Ă–snĂ .
Gianni: No, la tua casa era in Cävril.
Robertino: La camera e il bagno erano in Cävril, l'ingresso e la cucina erano in Ösnà.
Luciano: Come nel film con Totò e Fernandel, ve lo ricordate?
Robertino: La porta era all'inizio di Ösnà, è quella che conta.
Paolo: Ma allora siamo tutti di Ă–snĂ !
Gianni: No, io sono di Cävril.
Fulvio: Anche io, se non vi dispiace.
Paolo: No, non mi dispiace perché ve le daremo anche quest'anno.
Fulvio: Vedremo, avete vinto una volta, ma di solito perdete.

Ci risiamo. E' trascorso un anno, tra poco la cena delle contrade e le partite.
La disfida è alle porte, la contesa ricomincia.
 
MAGI 2011/2012
 
 
- Foto di Luciano Saia
 


Commenti:
ID34941 - 15/08/2013 13:20:27 - (Giacomino) - Chei de cavril

i mangia en del badil, chei de osnà i la mangia en del stagnà.

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