Possibili revisioni dei criteri di montanità

Tra le misure contenute nel Disegno di legge firmato da Linda Lanzillotta e Giulio Santagata, presentato al Consiglio dei ministri nel luglio scorso, vi è quella che introduce la nozione di «montanità». Secondo tale nozione: «fanno parte delle Comunità montane i comuni con l’80% del territorio ad una altitudine superiore ai 600 metri, oppure se anche solo il 50% del territorio si estende sopra tale soglia a patto che all’interno del comune ci sia un dislivello di almeno 300 metri. In tal caso scatta la definizione di comune ripido», che qualcuno ritiene evidentemente essere sinonimo di montagna vera.

Sulle voci di possibile inserimento in Finanziaria della revisione dei criteri di montanità inseriti nel ddl Lanzillotta-Santagata, il presidente dell’Uncem, l'Unione delle Comunità montane, è chiaro:

«Non commento le voci, sto ai fatti. E i fatti dicono che il governo si è impegnato ad una consultazione e ad un’intesa preventiva, che nei confronti di comuni e province si è già tradotta in un accordo siglato oggi sul patto di stabilità. Così come è stato fatto con Anci e Upi, qualora ci siano misure che riguardano le Comunità montane e i territori montani ci attendiamo una convocazione per la discussione di un accordo.

«Escludo sin d’ora che si possa trattare della montanità, visto che il ddl Santagata-Lanzillotta su questo non assicura neanche un euro di risparmio ma in compenso fa solo tanta confusione e, se tradotto in legge, causerebbe solo danni a famiglie e imprese, con pesanti ripercussioni sulla coesione territoriale e sociale del paese e sulle aree più deboli.
Meglio concentrarsi su una vera riqualificazione della spesa, attraverso le migliorie e la riforma del Fondo Nazionale della Montagna, per il quale nel Dpef ci si è impegnati ad un incremento, e che noi proponiamo diventi selettivo e non più suddiviso a pioggia».

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