25 Giugno 2013, 07.03
Sabbio Chiese Roè Volciano
Valsabbini

Lo zio Carlo

di Vitale Dusi

Quello di Vitale Dusi è un commosso ricordo di suo zio, colpito in tenera età dalla poliomielite. Il nipote tratteggia una figura, quella dello zio, che seppe superare con forza e determinazione le avversità della vita

 
A Sabbio Chiese, in provincia di Brescia, dalla famiglia numerosa di Pietro Tisi e Domenica Tolettini, nel 1906 nacque zio Carlo, fratello di Caterina, mamma dello scrivente.
Tra il secondo ed il quarto anno di età, egli venne colpito dalla poliomielite, detta anche paralisi infantile.
Con febbre molto alta all'inizio, tutte e due le gambe divennero atrofizzate, e per di più ruotate su se stesse di 180 gradi, così che il collo dei piedi rimase per sempre rivolto verso il basso, e la pianta girata all'insù.
Per tutta la sua lunga vita non poté più camminare normalmente, ed il suo fisico non conobbe mai più la posizione eretta.
Comprensibile per molto tempo, fu il dramma per l'intera famiglia. Se madre natura infierì crudelmente sulle sue gambette, al contempo si dimostrò assai generosa nel resto del corpo, divenendo vieppiù ed eccezionalmente robusto.
In paese correva allora voce che questo funesto morbo potesse colpire contemporaneamente più bambini, anche di Comuni distanti fra loro.
Ne sarebbe una conferma il fatto che assieme allo zio Carlo colpì un altro bimbo, Battista Franchini, distante alcuni chilometri e residente a Roé Volciano, ma per fortuna in modo meno grave.
Anch'egli rimase offeso ad una gamba, rimasta parzialmente atrofizzata, così che a tempo opportuno gli fu possibile ricorrere all'ausilio di una protesi.
Per questa triste coincidenza, da adulti si definiranno “compagni di sventura”.
 
Anche per il Franchini, alla menomazione delle gambe, fece riscontro una forza muscolare erculea che gli permise, in seguito, di scegliere niente meno che la professione di macellaio, capace anche di atterrare un manzo, liberatosi dal vincolo della corda.
Con la massima calma, pur zoppicando, lo afferrò energicamente per le corna frontalmente, torcendogli bruscamente il collo fino a farlo stramazzare a terra.
A queste manifestazioni di forza fisica, in lui si univa un'alta sensibilità musicale che ne fece un bravo violinista, di spiccata espressività musicale.
In quest'ottica si adoperò con tanta passione a formare allievi violinisti ai quali, ad incoraggiamento, soleva dire che la musica è il cibo dell'anima.
Erano questi i tempi delle “serenate”. Nel magico silenzio della notte, canti e suoni echeggiavano allora, creando un clima tutto particolare, assai gradito al gentil sesso, e che inteneriva il cuore dell'innamorata. L'invito in casa concludeva in bellezza l'incarico del violinista e dei cantanti Pietro, Filippo e Rino.
Altre volte il violinista da solo, lasciato il paese, se ne andava a far le serenate alla sua fiamma del cuore.
Tornando allo zio Carlo, ci si può giustamente chiedere come potesse spostarsi. Egli escogitò l'unica maniera a lui possibile.
Sedere a terra, con le robuste mani impegnava le corrispondenti gambe disposte trasversalmente al senso di marcia, per poi spostarle di fianco entrambe, nella direzione di marcia. Poi, con un colpo di reni, spostava il corpo sollevato, nello stesso senso di marcia, allineandosi così alle gambe. Non gli rimaneva che ripetere l'operazione fino alla meta.
Ben presto i fratelli pensarono di rendergli la vita meno dura, progettando per questo la costruzione di un bel carrettino in legno, con quattro ruote, trainato da due cani.
In tal modo riuscì a correre qua e là, in paese ed in campagna.
Un bel giorno zio Carlo trovò inebriante percorrere tranquillamente una strada di campagna, delimitata da una siepe con spine. Ad un certo punto i cani, inaspettatamente accelerarono il passo deviando a sinistra, dentro la siepe.
Cani e carrettino arrivarono si di là, ma il povero Carletto venne ribaltato bruscamente all'indietro e lasciato sulla strada spaventato ed in attesa di soccorsi.
Fu poi chiaro che il cambio di rotta avvenne perché i cani avvertirono l'allettante presenza di una cagnetta.
Un altro curioso fatto vide coinvolto la zio Carlo.
La celebrazione domenicale della S. Messa avveniva nella Parrocchia, alla frazione di Sabbio Sotto, al di là del fiume Chiese.
I fratelli più anziani di lui si prestarono sempre a turno a trasportarlo a spalle.
Una domenica, a funzione terminata, essi ripresero la via del ritorno, tranquillamente parlando dei loro progetti. Giunti a casa, mamma Domenica li apostrofò severamente, chiedendo loro, dove mai avessero abbandonato il fratello Carlo.
Solo allora, essi si resero conto di averlo dimenticato, e subito si precipitarono in Parrocchia, dove se stava pensieroso ad attenderli.
Come è facile capire, i primi anni di vita trascorsi nel ristretto ambito famigliare furono assai critici per zio Carlo.
Tuttavia, il suo carattere gioviale seppe coinvolgere l'attenzione di alcuni ragazzi della contrada, sensibili alle sue precarie condizioni, e via via gli fecero gradita compagnia.
In cambio egli seppe ricompensarli costruendo per loro piccoli fucili ad elastico, raccontando favole, indovinelli e tutto quanto poteva loro interessare.
Spesso li faceva divertire improvvisandosi un abile contorsionista. Seduto sulla sua carrozzella, impegnava con le mani le rispettive gambe, portandole dietro la nuca, così che la sua faccia sorridente pareva incorniciata. In altre occasioni, volendoli ringraziare, li accarezzava col piede sorretto dalle mani.
Più avanti negli anni, l'inatteso e prezioso regalo di una carrozzella azionata a mano con una manovella, cambiò la sua vita.
Allora il mondo si aprì quasi per incanto e permise loro di scorrazzare per le vie e nei campi.
Tra questi, quello preferito fu quello Zoler, un piccolo promontorio da cui la vista poteva spaziare ampiamente lungo il corso del fiume Chiese, un piccolo territorio sabbioso formato anticamente dai depositi dello stesso fiume.
Lo scrivente ricorda anche quanto fosse affettuoso con la fidanzata, quando andando ad incontrarlo in strada con i suoi ragazzi, lo zio Carlo improvvisamente se ne andò alla chetichella, per tornare poco dopo con un gran mazzo di fiori di campo, che commosso le offriva galantemente.
Ai tempi delle elementari, la maestra lo vide poche volte, e soltanto quando lo si portava a spalle.
Mio zio Carlo era persona volitiva e assai intelligente, che volle allora essere un autodidatta. Studiò e lesse molti libri e si appassionò alla matematica, così da prepararsi degnamente alla professione.
Fu il contabile del caseificio della borgata, al quale affluiva tutto il latte dei privati, rivenduto poi fresco o trasformato in formaggi teneri o burro.
Fu il barbiere ben voluto della zona, accontentandosi di ricevere i suoi clienti in una modesta stanzetta, con un tavolo e qualche sedia.
Curiosa la posizione di lavoro da lui assunta. Con energici movimenti, egli riusciva a posizionarsi col bacino sulla sedia e da qui ripetendosi, saliva sul tavolo. Il tutto in totale autonomia. Di seguito, il cliente si accomodava sulla stessa sedia, davanti a lui.
Si improvvisò anche provetto impagliatore.
Incapace di stare in ozio, non giudicò indecoroso applicarsi con tanta passione ai lavori a maglia, attività tipicamente femminile, importante a quei tempi per l'economia famigliare.
Creatura solare, di notevole sensibilità musicale che lo orientò al suono del mandolino.
Il dono di una seconda carrozzella, ma questa volta a motore, diede modo a zio Carlo di percorrere distanze rispettabili, lungo le strade della valle, allora poco frequentate.
Fu la felice occasione per spostarsi da Sabbio Chiese a Roé Volciano, dopo alcuni chilometri, per far visita alla propria sorella Caterina, mamma dello scrivente.
Con l'intensificarsi in seguito del traffico automobilistico, i suoi viaggi diventarono rischiosi per sé e per gli altri, costringendolo a ridurre i percorsi con tanto dispiacere.
Nel 1984, a settantotto anni d'età, zio Carlo concluse serenamente la propria esistenza, presso la Casa di Riposo di Sabbio Chiese, ai piedi dell'antica Rocca, amorevolmente assistito.
Per molto tempo ancora la sua luminosa personalità sarà ricordata dai suoi concittadini.
Egli seppur gravemente minato nel corpo, seppe egregiamente trionfare nello spirito.

Concludendo, è sommamente doveroso, rendere grande omaggio a colui che fu lo scopritore del vaccino antipolio, il prof. Albert Sabin, ricorrendo a quanto scrisse  Ernesto Bodini nel 2002.
Albert Bruce Sabin fu “vero benefattore dell'umanità. Oltre a creare il vaccino contro la poliomielite, rinunciò a brevettarlo, consentendone la diffusione anche ai poveri: senza speculazioni economiche. Oggi, grazie a Sabin, può considerarsi debellata”.
Una singolare coincidenza è possibile segnalare: Sabin e zio Carlo, uno degli innumerevoli colpiti, vennero alla luce nell'anno 1906.

Vitale Dusi
 


Commenti:
ID33401 - 25/06/2013 13:18:45 - (Ernesto) -

tante storie e filastrocche ho ascoltato da lui,IL CARLO,sia in piazza a sabbio sopra,o in zoller!!!dove c'era lui, c'erano sempre 4o5 forse anche piu^ ragazzini e ragazzoni, e tanta,ma tanta allegria a costo zero!!!ciao carlo..

ID33417 - 25/06/2013 23:25:07 - (sonia.c) - è sbalorditiva...

la capacità ,di chi vive grandi sofferenze ,di testimoniare e trasmettere la vera gioia.

ID33545 - 01/07/2013 10:49:51 - (alfo70) - sig

Una storia con persone luoghi e rispetto che oggi fatichi a trovare

ID34697 - 07/08/2013 08:01:48 - (valterx) - (valterx) ciao carlo

c'e' chi da lui imparo' a fare il barbiere,chi imparo' tante storie,la sua carrozzella era sempre piena di vita,GRAZIE CARLO!!!!!!!!

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