11 Marzo 2013, 08.00
Valsabbia Provaglio VS
Resistenza

A Cesane il ricordo dell'eccidio

di red.

A Cesane di Provaglio Valsabbia, alla presenza di un gran numero di amministratori non solo valsabbini, ieri mattina sono stati ricordati i dieci giovani che in quel luogo vennero trucidati dalle squadre antipartigiane

 
Era il 5 marzo del 1945.
Prima dei saluti delle autorità e della commemorazione ufficiale del delegato Anpi Roberto Maggi, la ricostruzione storica degli eventi è stata affidata ai bambini di Provaglio, che hanno anche ricordato uno per uno i nomi dei partigiani uccisi e la loro provenienza.
Ad accompagnare tutta la cerimonia, che si è conclusa con la messa al campo celebrata da don Franco, la banda San Gottardo di Barghe.
 
Riportiamo, nella sua forma integrale, l'intervento pronunciato per l'occasione da Roberto Maggi.
 


Saluto le Autorità Civili, militari e religiose, i rappresentanti delle Associazioni Partigiane, i combattenti per la libertà, i rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, tutti i cittadini presenti in particolar modo, essendo un uomo di scuola, i giovani ragazzi studenti e i
loro insegnanti.

Eccoci qua quest'oggi a fare memoria. E fare memoria e anche e soprattutto parlare di pace, di umanità, di ragione qui proprio dove la ragione si eclissò e lasciò spazio all’irrazionalità, all’efferatezza, al soffocamento degli ideali di liberta.
Dobbiamo partire da qua, da una serie di evidenze storiche, che il tempo trascorso permette ora di guardare con maggiore serenità e oggettività.

Ci fu una dittatura, il fascismo, che non fu un evento estraneo al popolo italiano, imposto da forze straniere o da una ristretta classe dominante, ma fu un fenomeno interno alla nazione, condiviso e radicato in larghe fasce sociali, sia popolari che borghesi e aristocratiche. Contro la dittatura fascista si sviluppò una vasta resistenza, prima culturale, poi politica e solo infine armata, anch'essa radicata in larghe fasce sociali e in gruppi di diverso orientamento politico.
 
La Resistenza fu veramente un’azione di popolo.
Non ebbe colore né sesso, né età. La volle e la fece il popolo. l contributi provennero dalla cultura liberale, socialista, comunista, cattolica.
Fu variegata e di diversa estrazione. Ci fu anche una resistenza con la divisa dell’esercito e un’altra in abito talare. E attingeva alla lezione di persone che avevano pagato con l'emarginazione, il confino, il carcere e la vita, la propria azione.
Fu il contributo di queste grandi correnti di pensiero e di questa appassionata e capillare opera di educazione del popolo che permise, nell‘immediato dopoguerra, la scrittura della Costituzione Italiana.

La Costituzione che com’ebbe a dire Calamandrei, nacque proprio nei luoghi in cui italiani lottarono e morirono per la libertà.
La Costituzione, quindi, e nata anche qui. E’ in luoghi come questo che troviamo il meglio di noi stessi.
Ogniqualvolta ci rechiamo, come in pellegrinaggio in località che sono state teatro di barbari eccidi o dove si e combattuto per gli ideali di liberta, vogliamo riconoscere noi stessi e i principi che guidarono quella lotta.
Ricordare la Resistenza è ricordare un periodo nel quale un popolo si riconobbe sotto la bandiera della libertà. Alleanza di combattenti, civili, sacerdoti, uomini, donne e persino ragazzi.
Tutti uniti contro l’oscurità. Contro l’eclissi della ragione.
Chiese in un suo scritto il poeta tedesco Brecht: Perché vi fu l’oscurità? Perché i vostri poeti hanno taciuto?...No, i nostri poeti non hanno taciuto. Il nostro poeta e stato il popolo, che ha guardato in faccia la dittatura, la soverchiante prepotenza di un regime e le ha opposto la lotta per la liberta.
 
Chi allora coltivò le proprie speranze, ci testimonia quanto quei giorni furono significativi per la storia del popolo italiano. Quanto quella lotta servì a formare le coscienze, a chiudere i conti con un passato che aveva condotto l’Italia a scelte ignominiose come quella di aderire alla politica della razza o di rendersi complici responsabili del secondo conflitto mondiale.
Questa lotta creò i presupposti per un futuro democratico.
Quella battaglia dovette anche scalare le altezze del martirio. Quella era la tempra di una popolazione che non era rimasta ad attendere l’invasione senza lanciarsi nella lotta per la libertà.
 
Uomini e donne della nostra terra.
Anche i loro nomi e il loro ricordo contribuiscono a cementare l’unione degli uomini, l’accordo degli stati.
Che il loro sacrifico non sia stato vano! Che la loro volontà sia rispettata! In quegli uomini, nel loro sentire, nei loro ideali, riconosciamo le radici dell’Italia di oggi, fondata sui valori e sui principi della Costituzione repubblicana e dell’Europa unita.
 
Anche la Valle Sabbia in quegli anni diede il suo significativo contributo alla lotta della Resistenza offrendo giovani, uomini e donne — mi sento onorato di averne conosciuti alcuni e di vederli qua quest’oggi — che si prestarono come combattenti, come staffette, come sabotatori nella lotta della Resistenza.
Siamo qua oggi proprio perché ad alcuni di questi eroi va tutto il nostro affetto, il nostro rispetto, il nostro devoto riconoscimento.
Le pagine della storia sono scritte nelle rughe dei loro volti, nell’invisibile silenzio dei loro cuori.
Ma è a loro che va il grazie per il regalo che ci hanno fatto. La loro sofferenza ha spalancato per noi le porte della democrazia e della libertà.

Siamo a pochi metri da un monumento e da un cippo commemorativo. Un monumento — così come un ricordo, un racconto, una canzone, una lettera - serve a non dimenticare. E' memoria di eventi. E' memoria di dolore. Un dolore che non deve essere cancellato.
Dovere di memoria è conservane il ricordo. Non dimenticare!
L’oblio sarebbe una colpa. Potrebbe essere foriero di amari risvegli.
 
Quel passato di dolori, di bestialità, di sete di dominio e di morte non deve più tornare; ma non basta dirlo; bisogna che gli uomini facciano il necessario perché quest’alto scopo venga raggiunto.
Quanto accadde qua dove noi siamo ora, la notte del 5 marzo 1945 è ricordato come l’eccidio di Cesane.
Una barbarie consumata dai nazi-fascisti ai danni di dieci giovani della Settima Brigata Matteotti che ricordava nel nome stesso uno dei primi martiri della lotta al fascismo.
Non dimentichiamoli mai.
 
Pronunciare il loro nome è sentirceli ancora vicini:
Amilcare Baronchelli
Arnoldo Bellini
Angelo Bruno Cocca
Luigi Cocca
Teodoro Copponi
Alfredo Poli
Pierre Lanoy (belga)
Gaetano Resa
Ferruccio Vignoni
Domenico Signori
 
Un monumento ha il silenzioso compito di ricordare quanto costò quella libertà che va coltivata con passione, con sensibilità, sapendo che la si può anche perdere.
Il ventre che partorì quel mostro, è ancora fecondo — scrisse ancora Brecht — la libertà è un bene di ognuno e chi ne gode ha il dovere di tutelarla.
 
La liberta la si tutela soprattutto con la propria presenza. Essere liberi è semplicemente esserci. E' soprattutto coraggio.
Quando, passeggiando per la mia cittadina d’origine, Salo, scorgo il piccolo e un po’ nascosto monumento alla Resistenza, mi soffermo sempre a leggere la bella frase sul piedistallo.
Dice rivolgendosi a noi piu giovani, che non abbiamo vissuto quella stagione: la libertà non ci fu data in dono.
E sottinteso è come se ci dicesse: ce la siamo conquistata.
Poiché — come diceva Gaber - la libertà non è star sopra un albero. Aggiungerei: Non é starsene alla finestra o al balcone a guardare svolgersi gli eventi, senza fare nulla. Magari anche giudicando negativamente chi ha avuto l’umiltà e il coraggio di scendere in campo, sapendo che si può anche sbagliare. Starsene lì a sciorinare lamentele non e essere liberi. La libertà è partecipazione.

Uno studente di Parma, Giordano Cavestro, 18 anni, prima di essere fucilato nel maggio del 1944, scrisse: Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così carine. La mia giovinezza è spezzata, ma sono sicuro che servirà da esempio. Sui nostri corpi si farà il grande faro della libertà.
Ecco, giornate come questa portano il nome di questi dieci eroi, ma portano anche il nostro nome.
Siamo noi che dobbiamo tenere acceso il faro di questa libertà.
 
L’Italia cosi bella e cosi libera.
Quella stessa Italia che sentiamo scaldarci il viso con il suo sole, quella stessa Italia che sentiamo sulle labbra delle nostre bellissime donne quando le baciamo con passione, quella stessa Italia che ci chiama al mattino con il suono delle nostre campane e che dobbiamo imparare ad amare un po’ di più, quella stessa Italia ci vuole così: liberi.

Ricordandoci che la libertà non si riceve in regalo.
Si può vivere nel paese più democratico della terra, ma se si è pigri, servili, non si è liberi. La libertà la si conquista anche lottando. Poiché, come scriveva Silone, la libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che può.
Spesso in momenti difficili come quelli che stiamo vivendo nascono spontanee in noi alcune riflessioni. Vediamo una società che assomiglia sempre più a una piramide rovesciata.
 
Pochi giovani portano il peso di un’Italia che invecchia.
Tra questi giovani c’è anche chi soccombe sotto i colpi del cinismo e del disfattismo, ma c’è anche chi cerca interlocutori per sopravvivere. I loro richiami non si possono ignorare. Sono i frutti più maturi di una resistenza ad un’altra dittatura non violenta, ma subdola: la dittatura del relativismo. Come arginare questa emorragia di speranze, di futuro: forse regalando certezze? No, regalando voglia di vivere, regalando bene, verità, bellezza.
 
La resistenza ci ha regalato anche questo: un motivo in più per continuare a sperare. Per ritornare a legarci a ciò che veramente conta nella vita.
In momenti difficili come questi si sentono pronunciare frasi come "ah, povera Italia"... "cosa volete, è l’Italia".., Eh, ma qui siamo in Italia!"... "Le solite cose all’italiana"...
Sarebbe bello invece di tanto in tanto sostituire a queste frasi di disperata rassegnazione, di sufficienza e di sfiducia in se stessi, la frase che i dieci martiri di Cesane urlarono a gran voce prima che il fragore delle armi li mettesse a tacere:
Viva l’ltalia!
 
Roberto Maggi
 


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