07 Gennaio 2013, 07.00
I racconti del lunedì

Dieci giorni nella terra delle aquile - uno

di Ezio Gamberini

Prima puntata: mercoledì 12 agosto. Quando sette anni fa, erano i primi giorni di novembre del 2002, con Ezio e Pierenzo accompagnai don Gianfranco in Albania, credevo sinceramente che non vi sarei più ritornato.

 
Mai avrei pensato che il piccolo paese bagnato dall’Adriatico mare che ci accomuna potesse suscitare sentimenti e passioni simili a quelli che procura il grande continente africano: un “mal d’Albania†che invece, con innegabile evidenza, ha “colpito†tanti vobarnesi e bresciani che da allora nella terra delle aquile si sono recati più volte l’anno.
E non soltanto per lavorare: credo che per Mario resterà memorabile quella mattina d’autunno, un paio di anni fa, in cui si recò nel bosco, quasi di malavoglia, per cercar funghi. Ne trovò svariati chili, senza faticare, ed i cesti furono riempiti soprattutto d’ovuli (i pregiatissimi “bolàâ€), ormai introvabili e costosissimi dalle nostre parti.

La splendida opportunità per ritornarvi è stata offerta dal giovane Alessandro, collaboratore laico di don Gianfranco che conoscemmo già in occasione del primo viaggio, il quale celebrerà il suo matrimonio con Elsa il 15 agosto ed ha invitato tutti i suoi amici italiani che ha conosciuto in questi anni. Dopo un paio d’incontri, già ad aprile prenotiamo i voli.

Saremo in sedici: Giovanna e Mario, Antonella e Serafino, Marica con Alberto ed i figli Luisa e Paolo, Sandra e Pierenzo con il figlio Michele, Cristina ed Ezio, ed infine Grazia ed il sottoscritto “scrivanoâ€, Ezio io pure, con la figlia Chiara.

Mercoledì 12 agosto 2009, il ritrovo è a mezzogiorno a Pompegnino City, davanti alle case di Mario e Serafino.
Dopo qualche foto di gruppo, saliamo sul pulmino che ci condurrà all’aeroporto di Verona.
Per il piccolo Paolo, nove anni di vitalità e simpatia, si tratta del primo volo, così gli fornisco le istruzioni del caso: “Ti hanno spiegato come ti devi comportare a bordo?â€. “Noâ€, mi risponde intimidito.
“Allora, dopo che l’aereo ha preso una gran rincorsa, al momento del decollo il capitano da un segnale: ‘Ooopp!’, e tutti insieme dobbiamo fare un saltino, altrimenti come fa il velivolo a staccarsi da terra?â€.
Per un istante mi guarda perplesso, ma non si permette di muovere un muscolo perchè, mentre gli parlo insieme, il mio sguardo è ieratico e l’atteggiamento altero, simile a quello di un “Gran Sacerdoteâ€.  Il volo è puntuale e piacevole. A bordo, mentre decolliamo, un bambino seduto accanto alla mamma, dice: “Mamma, stiamo salendo in cielo!â€.
“Speriamo solo in senso fisico, e non figurato!â€, penso tra il divertito ed il preoccupato. Sbarchiamo all’aeroporto di Tirana “Madre Teresa di Calcuttaâ€, che è d’origine albanese, verso le 18 e ad attenderci i volti familiari di don Gianfranco e Genti, simpaticissimo venticinquenne collaboratore della missione, che ha visitato più volte l’Italia e che conosciamo ormai da anni.

Dopo aver caricato i nostri bagagli sui due furgoni, il primo guidato da Spressin, cognato di Genti, e l’altro da Genti stesso, partiamo per Suç, sede della missione, nella regione del Mat, verso nord (e più a nord ancora si trova la Mirdita, una delle regioni più povere dell’Albania, che visitammo nel 2002).
Prima di partire, Spressin, due occhi buoni, ed il suo nome significa “Speranzaâ€, appoggia sul cruscotto un’immaginetta di S. Antonio da Padova. Ezio ed io, che sediamo davanti al suo fianco, ci guardiamo negli occhi ed il pensiero è lo stesso: “Cominciamo bene!â€.
Ci sarà da preoccuparsi? Con sollievo scopriamo invece che l’immaginetta costituisce la copertina del retro dell’assicurazione...

Durante il viaggio si potrà scorgere sulla collina, alla nostra destra, la città medievale di Kruje, antica capitale dell’Albania, sede del bellissimo castello abitato nel quindicesimo secolo dall’unico vero eroe albanese, Gjergj Kastrioti, detto Skënderbeu, che per un po’ di tempo riuscì a fermare l’avanzata ottomana, ma soprattutto a riunire le varie “tribù†in un unico popolo.
Ci vogliono circa tre ore per giungere alla meta, ma il viaggio è piacevole ed il paesaggio, anche quando lasciamo la comoda e larga strada statale ed imbocchiamo quella che conduce alle montagne, è gradevole e rilassante.
Attraversiamo belle vallate e pianure sconfinate, oltrepassiamo un grazioso lago, in questo momento ad un livello piuttosto basso, superiamo la città di Burrel, che ricordavo caotica e piena di mercatini e bancarelle d’ogni tipo (è ancora così), e dopo un quarto d’ora si giunge alla missione di Suç, mentre scoccano le nove di sera.

Ad attenderci don Marco, che accompagnammo in Albania insieme a don Gianfranco sette anni fa, con suo papà Fausto, e don Roberto, giovanissimo, simpatico e gioviale, da quasi un anno in missione, “fidei donum†dalla diocesi di Brescia, che abbiamo già conosciuto a Vobarno durante una cena con tutti gli amici a casa di Mario e Giovanna.
L’accoglienza è davvero straordinaria.
La tavola è già imbandita, ma prima disponiamo i nostri bagagli nelle stanze assegnate: le signore sono alloggiate nella camera vicino alla cucina, Luisa e Chiara, trentaquattro anni in due suddivisi egualmente, nella cameretta attigua, ed i maschi (compresi il diciottenne Michele ed il piccolo Paolo) nel salone in cui sono stati collocati dei letti a castello, separandoli dalla sala da pranzo con una divisoria mobile.
Tra un preparativo e l’altro, Paolo ed io ci facciamo cinque o sei partite al pincanello, il classico biliardino, le prime della serie cui ne seguiranno alcune altre centinaia, nei giorni seguenti (e Paolo non si limita a dire “Facciamo una partita?â€, ma: “Facciamo un torneo da dieci partite?).

La cena è squisita (Fausto è davvero un cuoco super!) e nell’intervallo, dalle 22 e 30 fino alle 23, noi maschi troviamo il tempo di scendere al bar in parte al distributore, a cinquecento metri dalla missione, per bere una birra con Edy, il ragazzo di Suç che nei mesi scorsi è stato in Italia per lavoro con Arian, suo cugino, entrambi ospiti a Vobarno. Glielo avevamo promesso. Nel frattempo è arrivato anche il fratello di Genti che si aggrega.
Quando torniamo c’è una bella sorpresa; don Marco ha preparato due torte ed insieme festeggiamo Ezio che proprio oggi compie la bellezza di cinquantatre anni: auguri Nene!
La vera sorpresa, che suscita momenti di vera ilarità, si verifica nel momento in cui è portata in tavola la torta per Ezio; è bellissima, ma riporta la cifra: “54â€. “Come 54?†sbotta incredulo Ezio, “...ma io ne ho solo 53!â€. C’è stato un “qui pro quoâ€.

Poco dopo mezzanotte abbiamo finito il giro di docce, e finalmente possiamo andare a riposare.
Sopra di me c’è Michele, più in là Nene e in alto Mario, poi Alberto con sopra il piccolo Paolo e sul lato opposto Piere dorme sotto e Fino al piano superiore.

Notte da cani! Non hanno mai smesso di abbaiare, ma chissà che cos’hanno pensato loro di noi, con alcuni che, sulla carta, detengono il primato per tonnellaggio di legna “tagliata†in una notte; Alberto non tradisce le attese, dopo aver salutato e porto la buonanotte a tutti, trascorrono trenta secondi e comincia immediatamente la “sinfoniaâ€: è un “roncheggiare†davvero terrificante! Serafino invece tradisce le attese e si può dire che anche nelle notti seguenti non raggiungerà mai vette elevate; qualche avvisaglia, un debole “sparacchiare†che non infastidisce più di tanto, una delusione insomma. Ci penseranno gli altri, alternandosi, a tener desta la compagnia.
Per quanto mi riguarda, siccome non mi sento e non ho ricevuto lamentele particolari, credo di esser restato nei limiti.

Ezio Gamberini
Tratto dal volume “Ai cinquanta ci sono arrivato†– Ed. Liberedizioni


 


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