Nel giorno di Natale il filosofo saretino Alberto Cartella conduce una riflessione sul diverso approccio alla fede di ogni singolo uomo e al sistema dottrinale che vorrebbe governarla e al quale abbiamo dato nome 'religione'
La fede che non si dà per scontata non è una maschera che assumo, ma è ciò che mi mette in crisi, è il punto di crisi della mia soggettività.
rifiutando..la vita di Gesù Cristo è stata un esempio di rifiuto ..in primis,della paura! ci ha insegnato il coraggio di rompere, gli schemi negativi che ci rendono prigionieri!la nostra zavorra, il nostro rifugio traditore,l'illusione di una protezione che invece ci incatena,alla nostra ignoranza che sempre è vile. ci ha mostrato l'unica via possibile,quella dell'amore, conosceva molto bene gli uomini..di ieri e di oggi.. perchè :poter essere santi senza Dio è il solo problema concreto che oggi conosco..(Camus)
Il corpo è l'oggetto, è il sacro e noi ne siamo sempre stati alienati e con il pensiero primitivo e con Metafisica. Lo osserviamo e già lo deformiamo, in questo la fede aiuta la relazione soggetto/oggetto dove la ragione alienata si costituisce come paravento del dubio.
Prima di Platone non c'è " mondo ", perché il divenire non é pensato come annullamento dell'essere e non c'è " produzione " e " distruzione", perché l'agire della natura e dell'uomo non sono pensati come un far passare le cose dal niente all'essere e dall'essere al niente.
La fede non ha nulla a che fare con la dottrina, ma la dottrina o le regole e convenzioni sono il prodotto della "paura" e dall'angoscia che questa suscita nei momenti antecedenti l'essere "colpiti".Dove e da quale parte il dolore arriverà? l'imprevedibilità è la genitrice di ogni nostra angoscia e la fede come le regole sono l'argine posto e contrapposto a quella. In qualche modo convengono, sia la fede che la dottrina sono la potenza che scaturisce dall'angoscia, la reazione, l'agire. Quel " nulla a che fare" che ho scritto nella prima riga va inteso per ciò che esprime semanticamente e cioè che la fede appunto non costruisce una dottrina e quindi non ne è necessariamente costitutiva, ma ambedue hanno in comune la stessa origine, la paura di Vivere.
"Per quanto mi riguarda sono in una posizione agnostica e di apertura verso la fede. Il mistero può essere qualcosa di molto importante per me se con mistero si fa riferimento al tentativo di non ricondurre tutto all’interno di una struttura logica, ma si constata il punto di cedimento di questa struttura. Chi ha fede è proprio in quel punto e non cerca di risolvere la propria inquietudine." Questa è una tipica posizione e ancora per cert'uni inaudita filosofia moderna che si libera del periodo dell'episteme e in qualche modo, anche se in comune hanno appunto l'abbandono dal periodo della ragione, si fa mito. Quel volere essere liberi dai lacci della ragione e il naufragar nel mistero o eterno m'é dolce è la demolizione di ogni struttura e sovrastruttura che sta sopra, come logica detta e verità dice.
"La sola cosa che brucia all’inferno è la parte di noi che rimane aggrappata alla vita. I ricordi, gli affetti, all’inferno ti bruciano via tutto. Non lo fanno per punirti, ma per liberarti l’anima. Se abbiamo paura di morire e ci aggrappiamo di più alla vita, vedremo i diavoli strapparcela via, ma se raggiungiamo la pace i diavoli diventeranno degli angeli che ci liberano dalle cose umane."Questa tua parte specifica con forza quanto ho detto,appunto la paura di vivere risulta come coscienza del dolore e di cosa l'uomo ha improntato per reagire al dolore tramite la fede e le diverse dottrine o ideologie (contenuto di queste dottrine). Questo inferno che brucia è l'ontologia costruita in metafisica sul concetto dell'essere che è nichilisticamente in sintesi con il niente, dunque, la fede e le dottrine sono la medicina al malessere provocato dalla continua e sempre imprevedibile sorte dell'essere sorto e sorretto da ragione alienata.
..."Se abbiamo paura di morire e ci aggrappiamo di più alla vita"... Ma cosa ci angoscia davvero della morte? della morte ci angoscia il profondo nulla evocato, dopo il mito, dai greci e dalla filosofia greca, questo diventare niente dell'essere:è Metafisica che ha osservato l'orrido e ne ha indagato i segreti più profondi, allora la fede e le dottrine sono l'antidoto a questo niente e nientificante orrore( interessante qui un parallelo:un mio amico mi dice sempre, quando guardiamo nel vuoto di burroni e precipizi: guarda, l'orrido)...." Vedremo i diavoli strapparcela via"... Si, in tempo di non verità, in periodo di Metafisica, dove l'essere è costretto ad un matrimonio con il nulla e ne è in sintesi, per forza questi pensieri e questi affetti vengono travolti e annullati come è per ogni cosa e la fede e le dottrine sono, nei modi a loro differenti, forme o tecniche volte al mantenimento di ciò che per natura o per l'uomo
diventa nulla.
se raggiungiamo la pace i diavoli diverranno angeli che ci liberano dalle cose umane... E cosa sono questi angeli che ci libereranno dalle "cose" umane che divengono nulla se non il discorso che dice appunto di verità che l'essere non è il nulla e non può diventarlo ? Ha ragione Meister Eckhart è solo un problema di approccio.
Il corpo non un oggetto e non sacro, come ho scritto nell'articolo, un resto. ci che non ha contenuto, un vuoto e in quanto tale non rappresentabile. Il corpo il punto di crisi del dispositivo soggetto-oggetto. Il dubbio non c'entra nulla, le ripeto che si tratta dell'esitazione, la quale ci che nell'azione non sta al'azione stessa. un'anticamera dell'agire nell'agire stesso. la fede non ha nulla a che vedere con la paura. La paura legata alle rappresentazioni e all'immaginazione, le quali sono il riflesso delle nostre paure. Non si tratta della paura di vivere ma del salvarsi la vita salvandosi dalla vita. Ci che non mi interessa proprio l'interpretazione, ovvero quello che lei fa continuamente sulla base degli scritti di Severino, come se fossero tante piccole dottrine. Severino un grande maestro, non una dottrina.
Inoltre ripeto che non si sta parlando dell'essere o del non essere ma del non realizzato, il quale preontologico. Nulla, non realizzato, si tratta della difficolt del dire e di ridurre tutto ad un riferimento linguistico. Il riferimento iconologico importante tanto quanto quello linguistico. L'inferno un simbolo. Ci che mi inressa l'immagine in quanto tale, la quale non si riduce al suo contenuto. Si tratta di un vuoto.
Alla terza riga del secondo commento ho sbagliato a scrivere, intendevo che si tratta di non ridurre tutto ad un riferimento linguistico. L'inferno di Eckhart un simbolo.
Perchè l'uomo ha fede e più concretamente cosa è la fede ?
Cosa è il realizzato? Lo può comprendere ampiamente nel suo più ampio significato solo dopo aver studiato "essenza del nichilismo" altrimenti io sono su un piano superiore e con lei non posso discutere. Le sembrerà la mia supponenza ma al fondo è solo esperienza, esperienza del realizzato appunto.
L'impegno per l'universale e l'oggetto o è il più radicale impegno esistenziale e soggettivo. Kierkegaard non sa Vedere l'impegno esistenziale della Weltgeschichte.Ma l'autentica Weltgeschichte non è soltanto la comprensione di ciò che è rimasto svelato nel passato, ma la predisposizione di ciò che resta da svelare. L'occidente non ha saputo accogliere il Sacro. In questo mancato incontro incomincia l'esperimento metafisico dell'occidente, cioè la dominazione della metafisica anche nelle regioni che stanno al di là del pensiero filosofico. Oggi si fa dell'incontro col Sacro una semplice questione di "soggettività". Ha cominciato appunto Kierkegaard. Si tratta solo di avere fede. E, certamente, il Sacro è il modo in cui la fede conduce l'essere nell'apparire. Ma la soggettività ( la fede, la buona volontà) non è ciò di cui l'Occidente è costitutivamente privo. Non siamo in grado di
affermare l'impossibilità costitutiva, per l'uomo occidentale, di avere fede. Gli è invece costitutiva mente precluso il senso autentico dell'"oggettività", e quindi il senso autentico del Sacro.
Qui, sul sentiero del giorno ,ovviamente, che non si costituisce ancora, Severino mette sullo stesso piano il corpo e l'anima, salva il tutto dal "mondo" platonico che è "realizzato" appunto nel sentiero della notte in ragione alienata per ogni ente che è quando è e può non essere quando non è (realizzato) poiché eternamente è .Il "realizzato" appunto, questa parola della metafisica nichilistica, impedisce questo incontro del Sacro appunto, il corpo che non è un resto, il corpo che è il Sacro nella verità dell'essere .
"Il linguaggio primitivo ( o, in generale, non metafisico) non porta esplicitamente alla luce il senso della verità dell'essere, che pur gli sta davanti; ma non porta nemmeno alla luce il senso alienato dell'essere. E dunque resta per noi essenzialmente ambiguo. D'altra parte ogni linguaggio cresce dinanzi al bagliore dell'essere, e vi si riferisce anche quando non sa esprimerlo.Si può stabilire la sintassi ma non la semantica ontologica di un linguaggio, che non rende esplicito il senso dell'essere e del niente." e quale è questo senso Cartella in concomitanza e costitutivamente a ciò che si inerisce al concetto di "realizzato" se non che nulla si "realizza" sulla base di un essere che non sia?
Ho inteso cosa vuole portare in luce lei nella sua insistita opera di disvelamento: questo scarto , questa non coincidenza fra giudizio e soggettività , questo luogo ameno o sfasatura ha un suo racconto ? ha un suo percorso, un discorso o logos? altrimenti non lo comprendo, altrimenti per me è solo un giudizio appunto.
"Si tratta di astrarre la nostra festa, la quale è una condizione effettiva che non può essere condivisa. Ciò vuol dire che ci rimanda al nostro essere-insieme, alla comunità e non a qualcosa di astratto che si trova in un mondo dietro al mondo."Cosa intende lei per astrazione ? In metafisica astrazione è il portare fuori da un contesto la parte , in condivisione con alienazione l'astrazione è la parte del tutto. Allora se lei scrive quanto sopra poi come spiega il seguito di quello che scrive Non le sembra che se non spiegato è quantomeno contraddittorio ? Ciò che è astratto è appunto un mondo(la parte) dietro un altro mondo(il tutto) e quindi contraddittorio a quanto ha scritto lei.
ad un essere insieme (concreto) e insieme astratto. L'insieme astratto è una sintesi di due opposti.
come ho scritto nell'articolo la fede il punto di crisi della nostra soggettivit, la non coincidenza con le realizzazioni che di volta in volta compiamo. Il realizzato ha a che fare con la costruzione di s che pu giungere a livelli di astrazione sempre pi alti. Si tratta di un processo ascensivo che ha a che fare proprio con ci che lei dice quando sostiene che non possiamo discutere perch lei si trova su un piano superiore. Mi rendono conto che quando ci si trova su un piano superiore molto difficile scendere.
A me interessa ci che non sta alle suddette realizzazioni. Si tratta di ci che nelle realizzazioni stesse non sta a queste realizzazioni, appunto il non realizzato. Noi riflettiamo a posteriori sulle azioni che abbiamo compiuto, ma questo a posteriori c' fin dall'inizio. Linguisticamente non si pu fare altro che inserire riferimenti temporali, ma ci a cui sto facendo riferimento una faglia, un vuoto che legata al visivo, all'immagine in quanto tale.
Lei parla di racconto, di logos. Quello che ho scritto nei vari articoli sono proprio delle narrazioni, dei racconti e hanno a che fare con il logos, ma sono esercizi per far emergere l'aspetto disnarrativo che appunto legato al visivo e non al linguistico. Questo non vuol dire rinunciare a parlare o a scrivere ma si parla e si scrive perch si confida che ci che si dice faccia sedimentare quel qualcosa che non si pu dire. Quel vuoto a cui faccio riferimento gi dicendo che un vuoto vi il rischio di dargli contenuto, in quanto la parola vuoto sovraccarica di significati.
per quanto riguarda l'astrazione, nel primo caso legata alla constatazione della legittimit della festa. La festa legittima e si tratta di una legittimit immanente. Nel secondo caso si tratta di un'estrazione dell'essenziale dalle cose e in questo astrarre le note particolari delle cose in qualche modo decadono. Preferisco il concetto di funzione in cui le note particolari non decadono ma vengono presi dei simboli, i quali per non designano le note particolari. Ci che ho scritto in questo e negli altri articoli scritto in termini funzionali.
Nell'articolo la libert della precisione avevo gi fatto riferimento all'astrazione. Non credo sia il caso che in ogni articolo riscriva e precisi le cose gi scritte negli articoli precedenti. Per sono con piacere ad ogni chiarimento. La comprensione e l'interpretazione saranno invece il tema del prossimo articolo. Anche se l'argomentazione che sto tentando di sostenere ha come uno dei punti in costellazione quello che non si pu comprendere tutto e che c' qualcosa che non sta alla comprensione e all'interpretazione, c' qualcosa che sfugge, qualcosa che nel logos non sta al logos stesso. Le due cose stanno insieme ma si elidono.
Sempre per quanto riguarda l'astrazione e anche altri termini un altro dei punti in costellazione quello che non vi un'univocit del linguaggio. Il significato un effetto del significante. Il significato manca la cosa. Le cose non sono dell'ordine del linguaggio. Questo non vuol dire che le cose (o la Cosa perch la differenza gi un'idea) siano ineffabili perch le cose patiscono dei significanti. Quello cge interessa a me il resto, il vuoto che sfugge alla catena significante. Si tratta della soggettivit. La soggettivit non ha nulla a che vedere con il dispositivo soggetto-oggetto.
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ID26210 - 25/12/2012 17:43:27 - (Giacomino) - L'ultima immagine
mi ha fatto ricordare di quando chierichetto nei solenni uffici dei morti guardavo con timore il grosso libro con copertina nera con stampata una croce d'oro. Confesso che vivevo l'esperienza di servire in quelle cerimonie come il partecipare a qualcosa di lugubre, altra cosa che mi intimoriva era il "catafalco", un cassettone coperto con un tappeto altrettanto lugubre che doveva simulare la presenza del morto che in quel momento non c'era. Cerimonie sicuramente suggestive che avevano lo scopo di intimorire. In segiuto arriverò a capire che la fede é altra cosa e per niente lugubre.