24 Dicembre 2012, 07.16
Il racconto di Natale

Cinque monete per ascoltarti mezz'ora

di Ezio Gamberini

Filippo era un commesso viaggiatore, vendeva sportine di plastica e cancelleria minuta, e conosceva tutti i negozi della provincia, dopo averli visitati per più di quarant'anni...


Non si era mai sposato e viveva in tre stanze che gli avevano lasciato i suoi vecchi, in un condominio modesto, non distante dal centro del paese.
Tutti lo conoscevano, perché possedeva un carattere aperto e gioviale, non aveva mai litigato con nessuno ed era benvoluto da chiunque. I suoi clienti non lo avrebbero mai lasciato andar via senza fargli un ordine, anche minimo: un cartone di sportine, due scatole di penne o matite, le cui pur modeste provvigioni, aggiunte a uno stipendio fisso piuttosto esiguo, gli permettevano comunque di vivere dignitosamente.
Tutti erano attratti dalla sua amabilità e gradivano la sua presenza cordiale e discreta.

Dopo aver venduto qualche miliardo di sportine, finalmente andò in pensione, e non gli sembrava vero poter curare le sue passioni, senza dover rendere conto a nessuno del suo tempo, se non a se stesso.
Gli piaceva fare lunghe passeggiate tra i boschi e soprattutto quando pioveva forte, e il fiume s’ingrossava, amava sostare a lungo sotto l’ombrello per contemplare ammaliato l’impetuosità dei flutti, sulla riva vicino al ponte vecchio.

Chissà cosa lo spinse, un bel mattino, a recarsi dal tipografo del paese, che conosceva da sempre. “Che cosa vuoi che ti stampi? – gli chiese quasi incredulo – Un biglietto da visita con su scritto: ‘Cinque monete per ascoltarti mezz’ora’, ma di cosa si tratta Filippo, che sciocchezza è mai questa?â€.

L’ex venditore considerò come durante tutta la sua carriera, il tempo medio di visita ai clienti fosse stato proprio mezza ora; infatti ne visitava tra mattino e pomeriggio una quindicina al massimo.
“Fammene un migliaio – disse all’artigiano incuriosito – così li distribuirò nei bar della zona, anzi, anche nei paesi vicini, e pure nei negozi più frequentatiâ€.

“Cinque monete per ascoltarti mezz’ora†e sotto fece stampare il numero di telefono.
Restò circa una mezz’oretta dal tipografo, il quale approfittò della visita per raccontargli le sue ultime pene: l’attività che non andava benissimo, i figli che lo facevano tribolare, gli anni che passavano sempre più velocemente… “Sono quaranta moneteâ€, gli disse dopo aver finito di rifilare con la taglierina i cartoncini nuovi fiammanti.
“Prego, trentacinque - gli disse Filippo – perché cinque sono la mia prima ‘parcella’, se non ti dispiace…â€.
Lo stampatore lo fissò quasi inebetito, ma poi, dopo un attimo di smarrimento, si sciolse in un sorriso e acconsentì con piacere alla sua richiesta, convincendosi che cinque monete non fossero mai state spese meglio!

La prima telefonata gli arrivò di buon mattino, due giorni dopo aver eseguito le “consegne†dei biglietti nelle zone limitrofe.
Una signora benestante gli chiedeva di incontrarlo al bar vicino alla chiesa, poco prima di mezzogiorno.
“Giovanotto – e il ‘giovanotto’ ci poteva stare, pronunciato da una pur arzilla ‘matrona’ ottantenne rivolto a un poco più che sessantenne – che storia è mai questa, cosa va cercando?â€.
“Signora – le sorrise Filippo, che la conosceva, ma soltanto di vista – io sono qui per ascoltare, come ho scritto sull’annuncio; io ascolto, ascolto e ascolto ancora…â€. La signora, convinta dall’affabilità e dalla naturale empatia che Filippo trasmetteva e suscitava, cominciò a raccontare di quando era giovane, e doveva badare all’enorme villa mentre il marito e i figli si occupavano della florida azienda che dava lavoro a centinaia di dipendenti; poi i bei tempi in cui i nipotini erano piccoli e si divertivano tutti insieme, durante le interminabili giornate estive in cui si riuniva l’intera famiglia con nuore e generi, per discorrere amabilmente al fresco del lussureggiante giardino alberato… Il tempo trascorse in un lampo e terminata la mezz’ora, la signora estrasse dal borsellino cinque monete: “Giovanotto, gradirei rivederla fra qualche giornoâ€, così Filippo le fissò l’appuntamento e si avviò verso casa soddisfatto, non prima di essersi recato alla forneria presso la quale, da anni e annorum, avendo avuto da sempre l’abitudine di pranzare a casa, acquistava invariabilmente due “baguette†e due “ciabatteâ€.
“Una moneta†gli diceva ogni volta Adelina, la generosa e “voluminosa†fornaia che il pane non lo pesava neppure. 
Pensava che Adelina facesse i prezzi a casaccio, in base alla simpatia, e lui evidentemente gli doveva essere proprio simpatico, perché certe volte le “baguette†erano lunghissime e altri clienti pagavano per molto meno pane ben due o tre monete. Certe volte, poi, arrivava a casa e trovava il filone sbocconcellato: “Maledetta forneria, non lo compro più il pane da voi!â€, dimenticandosi che nel tragitto verso la sua abitazione, inebriato dal profumo e dalla fragranza del meraviglioso sfilatino, il più buono e gustoso del mondo, gli succedeva spesso, quasi in “tranceâ€, di infilare la mano nel sacchetto per “saccheggiare†appunto il prezioso contenuto senza poi ricordarsi nulla in seguito.

“E a me, a me chi mi ascolta?†si chiedeva sconsolato Filippo quando era giù di fase. Ma era solo un attimo, perché poi il turbinio dei suoi “clienti†lo faceva rituffare nel clima di ascolto, e si perdeva nei fatti altrui, soprattutto di quelli più sfortunati o bisognosi, cosicché le cinque monete ritornavano ai proprietari sottoforma di offerta, talvolta rinforzata da altre monete che Filippo elargiva senza farsi notare.
Non si arricchì mai, anzi, alla fine della giornata ci rimetteva quasi sempre. Così passarono più di vent’anni, sempre ad ascoltare gli altri, ma Filippo era contento allo stesso modo, anche se non aveva più un minuto libero per se stesso. Addirittura certe volte, quando sostava sulla riva del fiume, gli si avvicinava un gabbiano che si appoggiava alla ringhiera e lo fissava stranamente. A Filippo pareva di percepire la sua fatica di vivere, sempre alla ricerca del cibo, incessantemente, per restare in vita, e quando se ne volava via, gli diceva “Oh, gabbiano, e le cinque monete?â€.
La stessa cosa gli succedeva quando dei cagnolini gli appoggiavano il muso sulle ginocchia, mentre era seduto sulla panchina: i loro occhi fissavano prima un punto lontano e poi si soffermavano su quelli di Filippo, e lui “percepiva†tutto!

Quando arrivava Natale, però, non voleva sentire ragioni, e desiderava trascorrere la vigilia da solo.
Cosi fu e quella sera non avrebbe ascoltato nessuno. Non faceva troppo freddo, quell’inverno era piuttosto mite, pertanto dopo aver cenato e guardato un programma alla Tv s’incamminò, intabarrato ben bene, sul sentiero che conduceva alla chiesetta sul greto del fiume, nel bosco che distava un paio di chilometri dal centro del paese.
Il piccolo santuario era utilizzato raramente, però ogni Natale alcuni volontari vi costruivano un presepio semplice ma grazioso, e Filippo conosceva il luogo segreto, dove Cecco, il sagrestano, nascondeva la chiave per accedervi.

Entrò senza far rumore e non accese le luci, ma soltanto un lumino, che pose davanti alla capanna.
Era incredibile come una fiammella così minuscola potesse rischiarare in modo stupefacente: sembrava giorno! Filippo si sedette e cominciò a rimirare il presepio, e in breve si “accoccolòâ€.
Quando si riprese, erano le undici e mezzo, mancava soltanto mezz’ora alla mezzanotte, orario in cui, sin da quando era bambino, accanto a mamma e papà, la vigilia di Natale si raccoglieva per salutare la nascita del Bambinello. Che silenzio! E in questo silenzio Filippo sentì uscire dalle sue labbra un mormorio sommesso: “Ascolta…â€.
Poi vuotò il sacco, ma le sue pene erano robetta rispetto ai mali del mondo, e depose ai piedi della mangiatoia le sue richieste. Era stanco, tanto stanco. “Mamma, papà…†sospirò, con lo sguardo rivolto alla capanna; il desiderio di rivederli era struggente… “Mamma, papà… †e poi allungò una mano…

Il mattino dopo, giorno di Natale, quando Cecco si recò alla chiesetta indugiò sorpreso nel costatare che la porta era aperta. Entrò timoroso, e la prima cosa che notò fu la capanna vuota, in cui il bue e l’asinello stavano desolatamente soli: Giuseppe, Maria e il Bambin Gesù erano spariti! Fece altri due passi e con sgomento vide il corpo di Filippo che, ai piedi del presepio, giaceva riverso con il braccio teso in direzione del cesto per le offerte. Nella sua mano, ancora aperta, c’erano cinque monete. Cinque monete per Gesù Bambino, che lo aveva ascoltato mezz’ora, ed esaudito per l’eternità.
 

Grazie Ezio per i racconti che continui ad inviarci e soprattutto per questo, che è riuscito a strapparmi una lacrima di commozione.
Tanti auguri di Buon Natale da tutti noi.
 
Il racconto di Ezio Gamberini "Il presepio sbagliato", che noi abbiamo pubblicato lo scorso anno in occasione del Natale, è finito anche sul Notiziario della Banca Popolare di Sondrio (che ha 174.000 soci!), prestigiosa pubblicazione quadrimestrale che nella sua quarantennale storia ha ospitato firme tra le più autorevoli nel panorama letterario e socio-economico nazionale: da Giuseppe Prezzolini a Umberto Eco, da Giorgio Torelli a Luca Goldoni, Mons. Gianfranco Ravasi, Roberto Magris, Sergio Romano, Pietro Citati e tante altre...
Che dire Ezio, complimenti!
 
Ubaldo
 


Commenti:
ID26200 - 24/12/2012 14:50:14 - (cocchivit) - bello

Ma perche' non allegri e felici ???

ID26203 - 24/12/2012 21:07:59 - (sonia.c) - auguri Ezio e grazie..

sei il Guareschi valsabbino..ma non sei una "copia" sei un "ispirato "discepolo...auguri a tutti!

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