11 Settembre 2012, 08.00
Val del Chiese
Altri orizzonti

Va in scena il futuro

di Marisa Viviani

Tra le tante manifestazioni culturali e di intrattenimento che si sono svolte in questa estate 2012 nella Valle del Chiese, una in particolare si distinta per il suo significato non solo musicale.


Il 2 agosto presso Forte Corno, la cantante africana Dobet Gnahoré ha tenuto un concerto nell'ambito della manifestazione I Suoni delle Dolomiti, dinnanzi ad un pubblico di circa 700 spettatori giunti sul posto a piedi dal fondovalle, come questa bella manifestazione prevede: se vuoi ascoltare ottima musica in uno scenario naturale d'incanto, te lo devi guadagnare con una camminata per sentieri che si inerpicano attraverso monti e vallate imponenti, a rammentare come la montagna è innanzitutto impegno, rispetto, umiltà davanti alla grandezza della natura.
 
E Forte Corno, potenza di pietra e roccia che sovrasta la Valle del Chiese, è anche testimonianza degli orrori della guerra di ieri e messaggio di pace oggi, secondo il progetto Altrotempo del Consorzio Turistico Valle del Chiese che propone le strutture militari presenti in valle come luoghi di incontro, arte, teatro, musica.
 
L'austera e silenziosa roccaforte ha accolto così Dobet Gnahoré, ambasciatrice della luce e dei suoni della sua Africa, e di sentimenti, passioni e dolori tanto simili nel tempo e nello spazio a quelli di altri popoli su questa terra.
 
E' definita una cantante panafricana questa artista straordinaria, erede di Miriam Makeba, che non si rivolge soltanto alla sua gente della Costa d'Avorio, ma a tutti i popoli africani, portando nelle sue canzoni i problemi delle donne, dei bambini, dell'ambiente, della libertà cantati non in una sola lingua, ma in dida, bété, swahili, bambara, mina, dioula, maronga, lingue e dialetti di varie culture africane.
 
- Dei bambini lavorano duro per sostenere la loro famiglia, la scuola troppo cara per i loro genitori gli ha chiuso la porta (Mouzigue-Ragazzi di strada)
- La vita nella foresta è distrutta, ...questa foresta è il nostro patrimonio,...vogliono farne un deserto,...è il polmone del nostro pianeta (Kokpa- Tagliare)
- Io penso a questi giovani alla ricerca di un mondo migliore, che hanno sfidato il deserto e vi hanno lasciato la loro vita (Beussem – Il deserto).
 
Un vero peccato non poter apprezzare appieno il legame tra il valore della parola e la suggestione della musica, anche se le traduzioni consentono di comprendere la grande profondità di testi che nascono da una conoscenza vera della vita.
Il medium comunicativo immediato è però la voce, potente, ricca di colori e calore, che colpisce per forza e capacità espressiva, doti vocali notevoli che sembrano aver origine dall'energia pura di una terra che ha nelle sue mani l'avvenire della vita.
La percezione di trovarsi davanti ad una anticipazione di futuro è stato infatti il motivo distintivo dell'incontro con questa nuova voce dell'Africa e con il messaggio di cui è portatrice nel mondo, una rivelazione inattesa ma chiara, lucida, evidente: il futuro è nelle mani di popoli che cercano il loro posto nel mondo e lo avranno perché lottano fortemente per ottenerlo.
 
Dobet Gnahoré è una forza della natura che scatena la sua energia attraverso il canto e la danza, espressione di valori profondi legati alla cultura delle genti africane; oltre che cantante Dobet infatti è anche una bravissima ballerina flessuosa ed atletica, è voce e corpo, ritmo e gesto, spazio e tempo che si manifestano in una corporeità originaria, spontanea, non costruita, non intellettuale ma vissuta, movimenti che non appartengono alla espressività motoria occidentale ma alla tradizione africana, danza che nasce da dentro, per essere, non per apparire.
 
Ascoltare e vedere Dobet è un ritorno all'essenza, che si coglie nell'insieme della sua figura, abbigliamento compreso, che si presenta nei colori della terra -sabbia, caffé, cacao, e bianco d'acqua di cascata- nulla da spartire con la moda etnica fasulla inventata da stilisti pretenziosi e cerebrali; è una rivelazione di verità, uno svelamento che ci mostra come è un popolo che cerca il suo futuro.
E come sono le sue parole, che guardano dritto in faccia alla vita senza nascondersi.
 
-So di essere partita da troppo tempo, il mio paese è le sue piantagioni, i suoi paesaggi, la sua ricchezza culturale, sono felice di essere ritornata (Cote d'Ivoire - Costa d'Avorio)
- Chiamo mio padre, chiamo mia madre, se siete ancora in vita, venite da me, ...io vi attendo ogni giorno (Deka - Solo)
- Sono nella casa di una donna coraggiosa,.(non ha nulla).. ma affronta la vita con il sorriso, i suoi figli sono felici (Boudou - La casa)
- Guardami amore mio, promettimi che resteremo sempre insieme,...di questo amore io mi sento come una regina, ho bisogno di te (N'Fletoun – Guardami)
 
Dobet Gnahoré era accompagnata dagli ottimi musicisti Colin Laroche de Fegne, chitarra; Clive Govinden, basso; Mike Dibo, batteria; la loro musica ha portato tra le montagne di una terra lontana la voce dell'Africa che soffre, ride, ama, lotta.
Nel luogo di altre battaglie e di altri dolori è andato così in scena il futuro di popoli che cercano la loro strada nella vita; Dobet Gnahoré con il potere dirompente del canto e della musica, dà loro voce e corpo per dimostrare al mondo che sono in cammino, e nulla potrà fermarli.
 
Anche se il concerto di Dobet ora è finito, sui bastioni di Forte Corno, a picco sulla vallata, si può sempre sentire il fruscio delle fronde mosse dal vento, il gorgoglio delle acque, il grido di un falco che vola libero sopra le montagne, altra musica, altro canto che abbiamo dimenticato, che non ascoltiamo più.
Val la pena di andarci in questo luogo della memoria, per ripensare a come eravamo quando anche noi speravamo nel futuro, e per ricercare qui e altrove un senso della vita oggi perduto.
 
Marisa Viviani
 


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