09 Agosto 2007, 00.00
Lavenone
Angoli d'estate

Oltre l'Abbioccolo

L’itinerario attraverso i borghi e le cascine all’ombra della Corna Blacca uno dei pi emozionanti che possano essere percorsi lungo l’impluvio del Chiese. Le suggestioni fra Presegno e Bisenzio, lontano dai “gangli vitali” della Valle.

L’itinerario attraverso i borghi e le cascine all’ombra della Corna Blacca è uno dei più emozionanti che possano essere percorsi lungo l’impluvio del Chiese. Salire verso Presegno e Bisenzio, lontano dai “gangli vitali” della valle, può diventare un vero viaggio dentro al tempo che fu.

Da queste parti, fra Vestone e Idro, nel fondovalle troneggia Lavenone. La sua piazza restaurata ripropone l’eloquente messaggio di una stagione economicamente florida. Il palazzo Gerardini-Brunori, le case Roberti, cioè le dimore dei “signori del ferro”, si impongono su un digradare di tetti che si appoggiano discretamente al pendio, da Cima Villa sino quasi al Chiese.

Più su, dopo la selvaggia valle dell’Abbioccolo, c’è quel piccolo miracolo urbanistico formato da Presegno e Bisenzio. Chi giunge nella piazzetta di Presegno prova una forte emozione. Il tempo si è fermato. Se non fosse per qualche rifacimento recente potrebbe essere il degno palcoscenico per una rappresentazione in costume.
La piazzetta ha una geometria e una nobiltà non certo di un paesello privo di cultura. Ci sono case modeste, con piccole finestrelle ma con bei portali in pietra nera. Di questi, quattro spiccano per eleganza e richiamano schemi rinascimentali. Sono le case degli Zorzi, dei Campagnoli, dei Garzoni. Ciò che colpisce maggiormente è la ricchezza di questi portali, rapportata alla modestia delle costruzioni. Il portale diventa qui il simbolo della famiglia tutta. Gli stemmi centrali sono il richiamo unitario della famiglia patriarcale e legano anche gli altri motivi ornamentali.

L’impianto urbanistico e i motivi decorativi comunicano una sottile sapienza, e lasciano pensare alla presenza di famiglie cittadine capitate fra questi monti per ragioni per ora ignote.
Più su, Bisenzio riproduce la stessa atmosfera di Presegno ma con maggior suggestione. Il nucleo è originalissimo per i raccordi dei viottoli, per l’unità delle case che hanno tutte la porta principale verso la piazzetta del borgo o nelle piccole vie interne e le finestre aperte su vasti orizzonti.

Anche qui una particolarità. Le finestre sono assai piccole, specialmente quelle esposte verso valle e la ragione c’è. A più di 1.000 metri di altitudine, il clima è rigido. L’esperienza ha consigliato all’uomo di ridurre le dimensioni delle aperture. I venti non penetrano però nel corpo del paese perché vengono rotti dalle case e la piazza risulta protetta, così come sono protette le vie dell’interno.

A Bisenzio i portali sono meno ricercati di quelli di Presegno, più spontanei. Splendido era quello di casa Zanaglio, trafugato secondo una odierna barbara ignoranza che non riesce nemmeno a distinguere la indiscutibile interconnessione tra il portale ed il resto della casa per la quale è stato scolpito. Richiamava quelli della piazzetta di Presegno ma era più rustico, con ornati più marcati ed ingenui. I grappoli di uva sembravano voler uscire dalle linee dell’insieme, con un chiaro richiamo, seppur con minore equilibrio, alle colonne lignee degli intagliatori locali. Il portale era grande, anzi volutamente sproporzionato rispetto alle dimensioni della casa. Essa, per motivi climatici ed ambientali non poteva essere più grande, ma i “padroni” di un tempo non vollero rinunciare all’orgoglio della distinzione ed allora scelsero un portale superbo, quasi da palazzo, buona “carta di credito” per la famiglia.

Vicino all’abitazione,con essa comunicante grazie ad un passaggio pensile, c’è il rustico, indispensabile per l’economia del tempo.
Lo schema di questa casa si ripete in quasi tutte le restanti di Bisenzio e in molte della zona. Dove c’è un portale spesso c’è anche un portico per proteggerlo. Dove ci sono portale e portico non mancano elementi decorativi alle finestre, oppure la nobiltà dell’insieme.

Tratto dal racconto di Alfredo Bonomi pubblicato su “Vestone, le Pertiche e Lavenone” – ed. Grafo


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