04 Agosto 2007, 00.00
Bagolino
Bagoss/1

Cercando i segreti dal Bagoss

Novemila forme l’anno, 3 mila di estivo prodotto nelle malghe con il latte munto da vacche che brucano solo le erbe profumate (che le bovine scelgono con cura usando la lingua) dei monti che fanno da corona alla piana del Gaver...

Novemila forme l’anno, 3 mila di estivo prodotto nelle malghe con il latte munto da vacche che brucano solo le erbe profumate (che le bovine scelgono con cura usando la lingua) dei monti che fanno da corona alla piana del Gaver e seimila forme, ottime ma meno costose e meno pregiate prodotte a Bagolino dalle stesse vacche alimentate a fieno.
Come quantità il Bagoss è davvero una piccola cosa (per confronto si consideri che di Grana Padano se ne producono 4,5 milioni di forme e quasi un milione solo nel Bresciano).

Sembrerebbe facile dire che un’aura di mito il Bagoss se l’è procurata perché è poco, introvabile, comperato addirittura prima che sia pronto al consumo (si è parlato di «future») per assicurarselo dopo uno o due anni. Ma così si rischia di mettere in secondo piano che si tratta di un formaggio dalle qualità eccezionali che ha pochi uguali tra i formaggi di montagna (opinione confermata da una medaglia d’oro alle olimpiadi del formaggio dove c’era tutto il mondo). Pochi formaggi evolvono nel tempo verso profumi così complessi e appaganti, decisi ma non aggressivi, senza diventare poco friabili, senza volgere all’amaro.

Siamo saliti alle malghe di Bagolino con Emanuele Suttini, anima della Cooperativa Valle di Bagolino nel tentativo di carpire qualche segreto. In realtà, siccome ci sono 30 produttori di Bagoss, si dovrebbero scoprire i segreti di ciascuno, magari visitando tutte le 14 malghe attive.
E poi non sarebbe finita perché ogni forma ha la sua storia ed anche il casaro non sa di preciso se quel giorno ha sfornato un capolavoro o una forma di seconda scelta da vendere fresca o da destinare alla piastra.
Si saprà nell’anno di stagionatura e soprattutto nei 40 giorni di salatura manuale a secco in cui ogni forma verrà pulita, salata, carezzata.

La caratteristica più affascinante del Bagoss è il giallo oro della pasta. Questo deriva da una piccola aggiunta di zafferano che si fa al momento dell’immissione del caglio. Si tratta di una operazione che ha radici storiche antiche. Il formaggio color oro piaceva ai Dogi di Venezia e il carattere distintivo è rimasto. Ma il profumo del Bagoss non dipende da quella pittoresca aggiunta, ma dal fatto che è lavorato con quel latte lì, di quelle vacche lì e persino con la microflora che c’è nelle malghe.
Emanuele Suttini si dice abbastanza sicuro che l’idea di aggiungere latte di pianura per produrre il Bagoss è impraticabile. «Con il latte della Bassa non viene», afferma sicuro
La lavorazione avviene con il latte di due mungiture fatto riposare a lungo per estrarre la panna. Il Bagoss è un formaggio magrissimo perché, dicono i malghesi, più è magro più dura.

Nella lavorazione conta molto la temperatura molto bassa a cui si effettua la cagliata: 38°, più o meno la temperatura del latte appena munto. E poi il segreto è l’avarizia nel caglio che però comporta lunghi tempi di maturazione. Il bravo casaro spurga senza fretta il formaggio appena nato. Se non lo facesse, tra tre anni sarebbe amaro. Risultato finale: una forma di Bagoss nasce in almeno quattro ore che unite alle sei ore delle due mungiture fanno dieci ore minimo di lavoro per il malghese.
Messo nella fascera con tanto di marchio e data di produzione (il Bagoss è tutto tracciato e i caseifici hanno tutti il bollo Cee) si sala con cura a mano, si rivolta e si spennella di olio di lino crudo. Il resto lo fa il tempo.

Il Bagoss è un tipico formaggio da fine pasto che è già importante a 14 mesi di stagionatura, ma diventa un tripudio di profumi a due anni (la stagionatura che ci sentiamo di consigliare).
A tre anni diventa Superbagoss ed è un formaggio da assaporare da solo con un bicchiere di vino rosso anche molto strutturato e invecchiato. Il Bagoss, in quanto ad abbinamento, non ha paura certo di essere sovrastato. Continuerà a lungo, molto a lungo a regalarci il suo profumo che con il tempo diventa di spezie e frutta secca, mentre nel giovane prevalgono i sentori di latte ed di fieno.

Gianmichele Portieri dal Giornale di Brescia


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