Ancora troppo alti, in maniera preoccupante, i dati sulle morti bianche nella nostra regione, nonostante l’impegno profuso per la prevenzione e l’educazione alla sicurezza ed alla tutela dell’incolumit di tutti i lavoratori
Preoccupazione al Dipartimento Salute e Sicurezza della Cgil della regione Lombardia, che continua la sua battaglia per diffondere messaggi di prevenzione degli incidenti sul luogo di lavoro, che molto più spesso di quanto non si pensi, possono trasformarsi in vere e proprie tragedie.
Innanzitutto le leggi e le normative in vigore devono essere rispettate con puntualità e, nel dubbio, uno scrupolo in più è sempre meglio che uno in meno, specie dando uno sguardo ai dati dell’ultimo trimestre del 2011, in cui le morti bianche hanno visto una triste impennata, nonostante le migliaia di lavoratori rimasti senza un’occupazione o cassintegrati.
Complessivamente, i decessi avvenuti sul luogo del lavoro, in Lombardia, sono 61, ma questa è solo la cifra ufficiale. Non va dimenticato, infatti che esistono casi di decessi non denunciati e che quindi non vanno ad inserirsi nel registro ufficiale. Spaventoso, poi, il dato relativo agli ultimi 5 anni: 354 lavoratori morti.
A tutto ciò, che è già di per sé gravissimo, vanno aggiunti i feriti gravi e gli invalidi, oltre che le patologie conseguenti alla professione svolta. Nella fattispecie, i settori lavorativi più a rischio, da quanto è emerso, sono quello edile (costruzioni), quello agricolo, quello industriale, ciò che riguarda lo spostamento merci ed, infine, il lavoro di magazzino.
Causa principale dei decessi resta il trauma da schiacciamento, a causa dei pesi trasportati dal lavoratore o addirittura a carico de mezzi di trasporto presenti e in attività nei cantieri. A seguire c’è il trauma da caduta, più tipica dei cantieri edili, le contusioni gravi e, per finire, le esplosioni e la folgorazione.
Brescia e provincia, purtroppo sono portatori di un record che fa riflettere, secondi solo a Milano, che con i suoi 14 incidenti mortali, supera Brescia di solo 3 persone. In molti casi, peraltro, i lavoratori che lavorano in condizioni di dubbia sicurezza, non sono nemmeno regolarmente assunti, ma, visti i tempi e la gravosa necessità di lavorare, tanti si accontentano di un lavoro in nero, rinunciando a diritti inalienabili pur di arrivare (forse) alla fine del mese.
E non si può certo parlare sempre e solo di sfortuna o di tragica fatalità: la disattenzione o il nostro essere semplicemente umani e quindi imperfetti può giustificare solo in parte i dati forniti, ma da un certo punto in poi si è costretti ad ammettere responsabilità e negligenza, superficialità e mancanze, sia da parte dei datori di lavoro che dei sottoposti.
Diffusa, ma non ancora in maniera capillare, la cultura della prevenzione e della sicurezza, mentre invece predomina la mentalità del lavorare a tutti i costi e a qualsiasi condizione, specie in questo periodo di grave crisi economica, con moltissime aziende, piccole e grandi, sull’orlo della chiusura o che hanno già adovuto chiudere i battenti.
Ma va ricordato che, un lavoratore che, pur di sostenere le spese di casa, chiude un occhio sulle condizioni di sicurezza e poi, tragicamente, viene a mancare, lascia una famiglia in lutto e, molto spesso, in serie difficoltà finanziarie.
Ancora molta, quindi, la strada da fare, anche per quanto riguarda le tecnologie di prevenzione e i corsi di formazione degli addetti alla sicurezza (come, per esempio, i responsabili antincendio); nel frattempo è importante che i sindacati non si diano per vinti e continuino a lottare per i diritti dei dipendenti che, a loro volta, devono pretendere il massimo livello di sicurezza possibile.
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