10 Ottobre 2011, 07.37
I racconti del lunedì

Tapascio Bombatus - Settima puntata

di Ezio Gamberini

Nell'ultimo test di venerd sugli otto chilometri corsi in quaranta minuti il ginocchio, per fortuna, non si fatto sentire...

 
Sabato prima della gara ho deciso di riposare.
I consigli ed i pareri non sono univoci al riguardo: qualcuno consiglia di non affaticare i muscoli per favorire un totale recupero al fine di riservare tutte le energie per il giorno della gara; altri affermano che è necessario tenere sia il cervello che i muscoli "in tensione" e perciò si rende necessario effettuare un leggero lavoro che non superi comunque i trenta - quaranta minuti.
C'è poi chi sostiene, salomonicamente, che ognuno si deve regolare come meglio crede continuando a fare quello che ha sempre fatto, senza cambiare abitudini.
Seguo scrupolosamente le tabelle alimentari consigliate: giovedì, venerdì e sabato pasta in grande quantità - non faccio alcuna fatica a rispettare la "gravosa" imposizione ! - e bevo moltissimo.
 
Domenica mattina sveglia alle sei, mangio mezza crostata e bevo due bicchieri di succo d'arancia molto diluito ed una tazza di the.
Dopo dieci minuti di leggero stretching fatto in casa, gambe alte sul tavolo e sulla ringhiera del balcone dove i vicini mi osservano con sguardi incuriositi, scuotendo la testa, mi dedico anima e corpo, soprattutto con quest'ultimo, alla funzione che ritengo determinante per una buona riuscita di qualsiasi attività che si intende intraprendere.
 
Avete capito tutti a cosa mi riferisco.
Con l'intestino vuoto si affrontano gli impegni con maggiore ottimismo e poi non bisogna assolutamente trascurare l'aspetto relativo all'arricchimento culturale: sul "trono" leggo di tutto, quotidiani, libri, settimanali…….
Il povero Giovannino Guareschi si rivolterebbe nella tomba se sapesse che in una di queste occasioni mi è capitato di leggere quanto descriveva sull'ignoranza, rozzezza e zoticaggine dei nostri nonni che un tempo tenevano i "cessi" nel campo, ben lontano da dove si vive quotidianamente, e sulla "civiltà" dell'uomo moderno che il cesso se lo tiene a due metri da dove mangia.
 
L'ultima boutade sull'argomento riguarda due podisti arruolati nella benemerita che si stavano allenando in città.
Ad un certo punto un piccione ha “…..ato” sulla testa di uno dei due.
Per puro caso a qualche metro c'era un bar e l'altro ha detto: "Aspetta, entro a prendere un po' di carta igienica!". "No, no….lascia stare, sarà già a cinque o seicento metri……."
 
Davanti al tavolo delle iscrizioni la fauna è variamente rappresentata: famiglie intere, nonni intenti a moderare i capricci dei nipoti, nipoti impegnati a contenere le esuberanze dei nonni, atleti concentratissimi e meditabondi, podisti svagati e distratti, parenti eccitati e festanti, organizzatori preoccupati ed inquieti, ciccione, allampanate, biondissime attillate, brune imbellettate, belle, brutte, naturali o rifatte; chi fa stretching, chi scioglie i muscoli, chi si spalma le più immonde od olezzanti pomate, chi si fascia o s'incerotta, chi mangia e chi beve, chi ride e chi si dispera: "noooo, ho lavato le scarpe in lavatrice ad una temperatura troppo alta, mi fanno male…..", "accidenti, le spille…", "mi sono dimenticato i carboidrati…", tirano i pantaloncini, fan male i calzini, le stringhe son lunghe, la gara in salita, fa freddo e potrebbe fare più caldo, beh…fa caldo però è troppo umido…..
Ci vogliono una decina di minuti, ma alla fine io e la mia secondogenita siamo iscritti. Anna correrà nella categoria ragazze sulla distanza di milleduecento metri.
 
Comincio il riscaldamento quando mancano circa quarantacinque minuti alla partenza.
La temperatura mi pare ideale, sui diciassette - diciannove gradi.
Inizio con alcuni esercizi di stretching e poi parto leggero per una decina di minuti, quindi aumento un po' l'andatura e faccio qualche allungo, prima breve ed in seguito più prolungato. Intanto bevo qualche sorso dalla bottiglietta di acqua naturale da mezzo litro che tengo in mano.
Credo che il consiglio di bere parecchio ed in più riprese prima di una gara, a partire, diciamo, da un'ora prima dell'inizio, sia tra i più azzeccati.
 
Anche l'indicazione di non saltare mai un ristoro, fosse solo per bere, è sicuramente opportuna.
Qualche amico podista ritiene che sia dannoso ingerire cibi solidi, raccontandomi di seri problemi di stomaco capitati in gara dopo aver mangiato un pezzo di banana piuttosto che un biscotto o qualche prugna secca, mentre altri lo reputano positivo e foriero di rinnovate energie.
Il problema naturalmente non esiste per i maratoneti sotto le due ore e mezza che, mi risulta, assumono soltanto sostanze liquide.
Naturalmente esistono saccenti e sapientoni che ti guardano mentre bevi e ti dicono: "Non si beve prima di gareggiare, ti appesantisci troppo!".
 
Mi tornano alla mente certi articoli che parlano addirittura di atleti che non assumevano alcun liquido durante le gare e si abituavano a ciò durante duri allenamenti in cui, appunto, non era loro permesso di bere.
Ritengo questa teoria assolutamente ridicola! Mentre faccio riscaldamento noto stormi di podisti e podiste che al passo, riuniti in piccoli gruppi, conversano amabilmente e si sono già avviati senza aspettare il botto dello starter.
Malcostume o sana voglia di aggregarsi senza alcun intento malevolo, ma con il solo scopo di non arrivare al traguardo dopo due ore che è già stato smontato tutto? Non lo so, ci penserò.
 
Niente punzonatura, ci mancherebbe, tutti dietro alla fettuccia per aspettare lo sparo che giunge alle nove precise. Al via parto come una scheggia e cerco di mantenere l'andatura della maggior parte del gruppo, esclusi insomma i "marziani".
Si percorrono alcune vie del paese e si oltrepassano due ponti per un totale di due chilometri e mezzo, prima di arrivare ai piedi della salita che porta in vetta alla montagna tramite un sentiero impervio. Poco prima di affrontarla mi supera un amico, ottimo podista, che mi osserva incredulo. "Oh, come fili!"
Vorrei rispondergli, ma non ci riesco perché la vista si annebbia ed entro in una specie di "coma vigile".
 
Capisco di aver fatto una pazzia a partire così sparato e ne pago le conseguenze.
Mi sento di marmo, incapace di qualsiasi reazione, spompato ed esaurito, ho voglia di gettarmi sull'erba e restarci, ma continuo.
Cammino lentamente e camminerò per tutta la salita, recuperando a fatica con profonde inspirazioni per abbassare i sei o settemila battiti al secondo, credo, che il mio povero muscolo cardiaco ha dovuto sopportare nel primo tratto di gara.
Mi sopravanzano tutti, giovani, donne e bambini, vecchi, decrepiti, - "no, quello non ci arriva sulla vetta, muore prima", penso quando ne vedo uno con la bava alla bocca che si trascina pietosamente - mi supera perfino una "formosetta" che pesa quasi come me. Proprio un calvario!
 
Sul passo, finalmente, il ristoro.
Mai tazza di the e proletarissimi biscotti secchi, che ho sempre odiato, furono oggetto di un'accoglienza così calorosa: ne "trito" alcuni e ingollo tre o quattro bicchieri di the insieme a qualche fetta di limone.
Mi riprendo, rinasco e poi comincia la discesa! Scendo come una palla di schioppo, le gambe mulinano nell'aria ad una velocità che mi impressiona ed in parte mi impaurisce perché la strada è ripidissima.
Qualcuno è già volato tra le siepi, ma il Tapascio Bombatus procede imperterrito ed impavido. Supero parecchi concorrenti, tra cui alcuni che in salita sullo stretto sentiero mi avevano chiesto "permesso" per passare.
Si arriva finalmente in pianura, ma proseguo ad un'andatura sostenuta.
 
"Punto" un lungagnone che mi sopravanza di trecento metri, lo voglio raggiungere, lo supero.
A duecento metri scorgo uno di quelli che avevo dato per defunti: "No, non mi posso far superare da quello…", stringo i denti, lo raggiungo e poi lo distacco. A cento metri dall'arrivo accelero ancora, acido lattico e adrenalina sprizzano da tutti i pori. Taglio il traguardo avvertendo una soddisfazione straordinaria: un'ora e quattro minuti.
Ma non è il tempo o l'ordine d'arrivo che conta. Sono arrivato, anche soffrendo, ma ho terminato la mia prima gara, a quasi quarant’anni.
 
Ma dov'è la mia piccola Anna?
Mi sento chiamare: "Ciao papy, com'è andata?". "Beh, sono vivo… e tu?". "Seconda delle ragazze, prima nella mia categoria" mi dice con noncuranza…. Anna è premiata sul palco con una coppa e altri regali, mentre il Tapascio Bombatus si reca al tavolo degli organizzatori per ritirare il suo meritatissimo vasetto di marmellata ai frutti di bosco.
 
Fra due mesi, a New York, l'impegno e la fatica saranno immensamente superiori, ne sono certo, ma il programma per raggiungere lo scopo è rispettato con assoluta precisione e scrupolosità.
Fra una settimana proverò un lungo di trentaquattro chilometri e fra tre domeniche correrò la mia prima maratonina, a Gargnano, sul lago di Garda, gara tra le più importanti d'Italia che vede al via un buon numero di keniani di ottimo livello e maratoneti italiani di valore internazionale.
Dopo gli ultimi test dovrò stabilire a tavolino la strategia e i ritmi da tenere.
 
Correrla, però, sarà un'altra cosa.
 
Tratto dal volume: “Tapascio Bombatus e altre storie” – Ed. Liberedizioni
 


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