Sparò al creditore con un cannemozze: 13 anni

Tredici anni e quattro mesi di carcere per 50 euro. Quelli che il 16 gennaio dello scorso anno scatenarono una colluttazione, sedata da un colpo di fucile a canne mozze. Se Gerry Cavagnini, un ventottenne di Villanuova sul Clisi, quei cinquanta euro li avesse trovati, probabilmente la vicenda si sarebbe conclusa come la stragrande maggioranza delle trattative di compravendita. Invece quel «bigliettone» mancante ha scatenato il peggio.

Dal fucile a canne mozze del giovane è partito un colpo che ha mandato in fin di vita Samir Abdessamad. L’uomo, un 28enne marocchino, è stato salvato da un lungo intervento chirurgico (a cui ne è seguito un altro), che non è bastato però per estrarre dal suo addome tutti i pallini. Il suo cliente, invece, è stato condannato ieri per tentato omicidio, minaccia, porto abusivo d’arma e ricettazione della stessa.

I fatti. Tutto inizia alle 16 del 16 gennaio dello scorso anno. E si conclude due ore dopo. Cavagnini arriva al bar «da Evelina» nei pressi del centro commericale realizzato nell’area dell’ex Cotonificio Ottolini a Villanuova. Ad attenderlo c’è Samir Abdessamad, suo creditore, pare di 100 euro. Per cosa, però, dal processo non è emerso. Stando al giovane di Villanuova, il denaro serviva per saldare una bustina di coca. Per il magrebino per pagare uno stereo.
«In tasca avevo solo cinquanta euro - raccontò Cavagnini al luogotenente Paolo Negro e al maresciallo Paolo Vaia del comando dell’Arma di Salò - e gli ho dato quelli. Lui mi ha minacciato, mi ha spinto, mi ha detto che voleva anche gli altri. Così sono uscito e sono andato a casa a cercare altri soldi. Ma non li ho trovati».

A casa, Cavagnini trova il fucile a canne mozze calibro 16. Se lo infila sotto il maglione e alle 18 è di nuovo al bar. Quando Abdessamad se lo vede di fronte in pochi secondi la zuffa si è trasforma in tragedia. Cavagnini preme il grilletto ed esplode un colpo. L’altro resta in canna. Il ventottenne marocchino stramazza al suolo con un buco all’addome. «Non volevo sparare - disse Cavagnini - avevo paura di lui. Era tre volte me, ero terrorizzato».

L’eco del colpo è ancora nell’aria quando Cavagnini, dopo essersi messo al riparo su un monte a Gavardo, telefona a casa. Davanti alla cornetta ci sono già i carabinieri di Salò, ai quali il ventottenne si consegna pochi minuti più tardi, permettendo la ricostruzione del fatto e il recupero dell’arma.
Poche ore dopo le manette, Samir Abdessamad è fuori pericolo. Può seguire, quale parte civile, il processo che si è concluso con la condanna del suo creditore ad una pena a tredici anni e 4 mesi. Quattro in più di quanto la pm Claudia Moregola, titolare dell’inchiesta, aveva chiesto al termine della sua requisitoria.

pi. pra. dal Giornale di Brescia

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