18 Luglio 2011, 07.00
Vobarno
I racconti del lunedì

Don Giuseppe e il gatto della signorina Alice

di Ezio Gamberini

Secco come un’acciuga, sguardo penetrante e acuto, don Giuseppe era un pretino speciale...

 
Uno di quei pretini che sembrano nascere già “santi”, quasi senza far fatica, che passano tutta la vita nella stessa comunità e col trascorrere degli anni ne diventano un simbolo come il municipio, la chiesa, la piazza o il fiume, quando un paese è fortunato ad esserne attraversato.
Secco come un’acciuga, sguardo penetrante e acuto, reso però buffo da una leggera forma di strabismo, passo svelto ma un po’ ‘sgherlo’, Don Giuseppe venne al mondo nel momento stesso in cui sua madre lo abbandonò.
 
Entrò prestissimo in seminario e non appena consacrato fu assegnato alla comunità che lo vide crescere, maturare, che lo scortò nel suo invecchiare, per accompagnarlo infine nell’ultimo viaggio.
Ebbe anche il merito, non appena terminata la guerra, di ricostituire le squadriglie degli scout, soppresse nel “ventennio”, oltre ad aver edificato da nuovo l’oratorio.
Per alcuni anni gli fece da ‘perpetua’ una sua lontana cugina la quale, andata in pensione dopo aver fatto la segretaria ad un onorevole, fino alla fine restò sempre la morigerata, integerrima ed illibata “signorina Alice”.
Fu un duro colpo, per il curato, quando si spense e lo lasciò solo.
 
E’ inutile cercare di raccontare il bene che Don Giuseppe operò durante la sua esistenza; per ogni buona azione certa e documentata, altre mille ve ne sono di cui soltanto il padreterno è a conoscenza.
Per tutta la vita fu contraddistinto da una caratteristica insolita e particolare: la curiosità riguardo alle novità tecnologiche e le scoperte scientifiche nei più svariati campi, e l’originalità nell’avvicinarsene e studiarle.
Amava anche gli animali, specialmente i canarini. La signorina Alice, invece, aveva un bel gatto, dal quale era ammaliata, ed anche Fuffi mostrava una predilezione speciale per i canarini……
 
Un giorno, una giovane coppia di sposi, ritrovatasi tra capo e collo un paio di pappagallini coloratissimi vinti alla pesca di beneficenza, data l’impossibilità di accudirli, decise di donarli al pretino.
Quella che per comodità narrativa chiameremo Cristina, gli telefonò verso le nove di sera dello stesso giorno: “Abbiamo qui due pappagallini, vorremmo regalarglieli….”.
Don Giuseppe cominciò ad opporre resistenza: “Non ho posto, e poi devo chiedere il permesso al parroco….”, allora Cristina, risoluta, mentre si teneva la pancia dal ridere insieme a suo marito, gli comunicò che di fronte ad un diniego avrebbe dovuto sopprimerli; aveva un’ora per decidere. Alle ventidue e trenta il reverendo chiamò Cristina: “Va bene, portameli”.
 
“Domattina?”. “No, subito!” rispose bruscamente. Alle ventitré e trenta il telefono dei giovani sposi squillò nuovamente: “E il mangime?” borbottò il neo-proprietario dei pappagallini.
Prima della mezzanotte due scatole di becchime della migliore qualità furono consegnate a Don Giuseppe il quale, in sovrappiù, estorse ad un’assonnata Cristina la promessa di mantenimento dei volatili per un periodo di anni cinque.
Un bel giorno il gatto, che non smetteva un istante di terrorizzarli, scomparve misteriosamente.
La signorina Alice si disperò e poi, col passare dei giorni, non potè che rassegnarsi.
 
Alcune malelingue osarono affermare che il micio sparì a causa del fedifrago con la tonaca, il quale lo avrebbe avvolto in un pacco postale con destinazione Timbuctù; altre, ancora più perfide, sostennero che, magari in combutta con qualche buon’anima, scelse le vie più spicce per risolvere il problema alla radice.
Chissà come andò; nessuno seppe mai nulla, ma i pennuti crebbero spensierati, coloratissimi e più vispi che mai.
 
Passarono ancora alcuni anni e poi si spense come una candelina, ma perfino gli ultimi giorni della sua vita riuscì a sostare un attimo sull’altare, rendendo grazie per ciò che aveva ricevuto.
 
Si sa che le anime “sante”, quando il corpo spira, vengono immediatamente risucchiate all’insù, senza soste che magari sono riservate alle persone normali, le quali hanno l'obbligo in qualche modo di purificarsi.
Ora, quando tentò di presentarsi al cospetto del Padreterno, la faccenda apparve subito tragicomica. San Pietro aveva un diavolo per capello: anni di code, terremoti, inondazioni, sommosse, guerriglie…. la colonna era interminabile.
Migliaia, anzi milioni di aspiranti alla pace eterna si disponevano in fila, e tutti avevano l'obbligo di sostenere il suo esame. Non poteva avere tutto in mente, quindi apriva il suo librone, su cui era scritta ogni cosa, e cominciava la verifica, chiedendo prima di tutto il nome.
 
“Don G….” tentò di qualificarsi quando fu il suo turno, ma San Pietro lo bloccò all’istante, mentre raccoglieva il tomo che gli era caduto di mano e dopo averlo riaperto al punto sbagliato: “Ti ho riconosciuto; magro scannato, andatura dinoccolata, sguardo biforcuto e poi, vestito di nero…..: sei il bandito Zanzanù!”.
“No – protestò con mitezza il pretino – sono don G……”. “Taci!” lo zittì nuovamente il “reggitore”.
“E’ lui, è il mio bambino!” esclamò con trasporto una donnina che sostava nei paraggi.
“Il tuo bambino? Ma è vecchio come il cucco!” rispose San Pietro che riconobbe in quella signora allampanata la rompiscatole che da più di ottant’anni lo tediava, informandosi continuamente se fosse per caso arrivato in paradiso uno così e così; Dio che noiosa, che noiosa quella donna!
 
“Mamma!” disse il figlio, riconoscendola, anche se non l’aveva mai vista, poiché era salita in cielo dandolo alla luce.
Tentò di abbracciarla, ma gli fu impossibile varcare la soglia. Qualcosa di assolutamente impossibile da descrivere lo impediva, ed era struggente.
“E’ lui, è lui, è proprio il mio figliolo…..Signor Pietro, signor Pietro, c’è un errore, lui dovrebbe entrare subito; non sai come ha vissuto? Chiedilo a tutti quelli di Boaren e Coi che sono qui e l’hanno conosciuto. E’ un santo, un santo…..”.
“Ma che ‘signor’ e ‘signor’! ‘San’ Pietro, prego, signora cara, – rispose parecchio indispettito il Custode, che alla forma ci teneva – E poi che santo e santo, il bandito Zanzanù? Ha rubato e depredato ovunque, chissà perché me lo ritrovo nel mio archivio……”, ed ebbe subito il sospetto che il “capo”, per l’ennesima volta, ne avesse combinata un’altra delle sue, cercando di confonderlo ed ingannarlo per far entrare in paradiso gentaglia della peggior specie.
 
“Pensa che una volta gli hanno donato un  paio di scarpe – riprese la signora -  e lui le ha regalate ai poveri, così come fece in seguito con una bicicletta e poi con un motorino…
Addirittura in un’occasione si bevve una scodella di vino andato in aceto, per non offendere una vecchina che gliel’aveva offerto col cuore…..
Era un ‘curioso’ di scienza, meccanica, fisica e di tutto ciò che offriva la tecnologia. E poi come amava gli animali, gli uccellini, i pappagallini, soprattutto…..”. 
 
“Amavi gli animali, tutti gli animali? Anche i gatti?” chiese il primo successore di Gesù .
“Ehm, ehm…..- deglutì a fatica il nostro – si….quasi tutti”.
“Mmmhhhh…..non sono convinto…..” si grattò il mento San Pietro.
Il pretino cominciava a sudare freddo e si tolse dalla tasca un fazzoletto per asciugarsi la fronte.
 
“Cos’è quello?” tuonò il guardiano supremo.
“E’…. è il mio fazzolettone scout, che porto sempre con me……” rispose titubante sventolando il drappo giallo-verde. 
“Beh, non potevi dirlo prima? Non sai che quello è un lasciapassare straordinario e ti dà il diritto di evitare tutte le code? Su entra…..” sbuffò quasi scocciato per la perdita di tempo San Pietro….
Don Giuseppe piegò il fazzolettone e se lo mise al collo, stringendolo con il fermaglio di pelo, che usava soltanto nelle occasioni speciali.
 
San Pietro lo fece avvicinare: “Fammi vedere che bello, alza il mento….. – e facendo schioccare pollice ed indice gli appioppò una botta sul pomo d’Adamo, come il curato fece due o tre milioni di volte ai ragazzini che gli erano passati sotto le sgrinfie.
“Ahi!” si lamentò Don Giuseppe, mentre San Pietro rideva sguaiatamente: “Ah, ah, proprio buffo…. Chissà come mi divertirò a tirare le orecchie a Don Palmiro, quando sarà il suo turno……..”. (Vi è chi, a decine di anni dalla fanciullezza, se le sogna ancora di notte le leggendarie tirate d’orecchie di Don Palmiro….)
 
Appena varcata la soglia del paradiso si stupì nel vedere una fiumana di fazzolettoni colorati: i primi che scorse erano indossati da piccoli scout che furono travolti da un fiume in piena; poi ragazzi, adulti, maschi e femmine, ma anche vecchi bacucchi, che lo indossavano fieri ed impettiti, ognuno con un fermaglio diverso: di legno, di pelo, di scoobidoo, di madreperla, o più semplicemente fatti di corda od elastico.
“E’ proprio vero, si è scout per sempre….” pensò tra sé Don Giuseppe.
“Ora ti faccio una sorpresa” gli disse la mamma, che lo teneva per mano, come un bambino: “Alice, Alice!” urlò. La signorina Alice si materializzò come per incanto e si avvicinò al pretino per abbracciarlo.
 
Quando fu ad un metro lanciò un urlo: “Ahhhhh, il mio Fuffi, il mio Fuffi! Ecco dov’era il mio Fuffi!” strillò indicando il fazzolettone giallo-verde di Don Giuseppe, il cui fermaglio altro non era che la coda del povero gatto Fuffi.
In paradiso non si possono raccontare bugie ed il curato, che non ricordava più in che modo fosse misteriosamente scomparso il gatto della signorina Alice che quotidianamente insidiava i suoi pappagallini, rispose: “Si, in effetti è pelo di gatto, ma non so come sia finito qui”, volgendo immediatamente lo sguardo verso San Pietro che in quell’occasione specialissima gliela concesse.
Poi, tenendosi stretto stretto il fazzolettone fissato al collo dal pelo di Fuffi, a braccetto della sua mamma e della signorina Alice, s’incamminò finalmente per conoscere e godere per sempre l’“Akela” dei cieli.
 
Ezio Gamberini
Tratto del volume: “Tapascio Bombatus e altre storie” – Ed. Liberedizioni - 2008
 


Commenti:
ID11324 - 18/07/2011 12:04:37 - (UN SORRISO) - INDIMENTICABILE

Indimenticabile Don Giuseppe grande Prete grande uomo umile e buono semplice e fiero del suo essere Prete grazie al buon Dio di avercelo donato e chiediamo a Dio che Don Giuseppe dal Paradiso interceda per tutti noi poveri viandanti e peccatori su questa terra che ultimamente gronda troppe lacrime.Fabio.

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