12 Febbraio 2011, 07.01
Valsabbia
Punti di vista

Malghe, patrimonio da non disperdere

di Aldo Vaglia

Anche in valle sabbia come nel resto delle montagne, c’erano una volta le malghe.

 
Territori marginali forgiati dal lavoro dell’uomo e dalla presenza delle aziende agricole.
Scenari spettacolari, dominati da pascoli e dalle tradizioni.
Scrigni che custodivano una realtà economica secolare.
E c’erano i malgari, uomini coriacei temprati dalle intemperie e dal bisogno, che sembravano un tutt’uno con la natura circostante.
 
Fino agli anni 50 del secolo scorso le malghe erano oasi felici; hanno poi imboccato una china che le ha precipitate in un contesto di ristrettezze economiche e difficoltà di ogni genere.
L’Italia uscita dalla guerra dava inizio a quella rivoluzione industriale che doveva cambiare radicalmente, non solo gli stili di vita, ma la stessa permanenza degli abitanti nei luoghi di origine .
 
I contadini abbandonavano le campagne per le città, qualche resistenza in più hanno opposto i malgari che si sono visti costantemente diminuire il bestiame e contemporaneamente i pascoli utilizzati, fino ad essere costretti anch’essi alla ricerca di altre occupazioni.
 
Nel 1950 il Parco dell’Adamello ospitava 112 malghe, 118 pascoli sui quali alpeggiavano 16 mila capi di bestiame.
Nel 2004, sullo stesso territorio sono state censite 27 malghe (-76%), 39 pascoli (-67%), con 2.643 capi di bestiame (-84%)
 
Le malghe sono state un fiore all’occhiello per la nostra montagna.
Oggi totalmente in abbandono diroccate e inospitali spingono quei pochi allevatori ad emigrare in trentino, dove leggi e contributi consentono, ai locali, un reddito più adeguato agli sforzi e alle privazioni. 
 
Chi con coraggio e passione sceglie questa vita, che seppure fatta di sogno e contemplazione, porta spesso a forme di depressione, se non aiutato perde per strada il suo entusiasmo e ritorna nel ciclo spreco - consumo.
 


Commenti:
ID6978 - 13/02/2011 19:27:49 - (Giacomino) - Bell'articolo,

se negli anni cinquanta si fosse iniziato a costruire le strade per raggiungere le malghe, forse qualcuno in più si sarebbe fermato (parlo della zona di Bagolino), ricordo ancora quando in estate, alla domenica pomeriggio i malgari che erano scesi in paese per la messa, verso le 13 preparavano il cavallo o il mulo distribuendo con cura il carico, quindi si incamminavano a piedi per raggiungere le rispettive malghe e l'arrivo non avveniva prima delle ore 18 - 19, questa era solo una delle situazioni di sacrificio che si cominciava ad avvertire come non più sopportabili. Ci sarebbero tante altre cose da raccontare.

ID6981 - 13/02/2011 23:17:31 - (ric) - BAGOLINO E' UN ECCEZIONE?

Certamente le malghe sono calate, e sicuramente chi scrive ha numeri e dati non contestabili, ma mi sembra che a Bagolino i malghesi non manchino, ci sono ancora parecchi giovani che scelgono di lavorare in malga, portando avanti una tradizione veramente molto importante per Bagolino e penso per tutta la Valsabbia.

ID6997 - 14/02/2011 13:52:00 - (Dru) - Per Ric.

Non voglio qui discutere dell'argomento ma più in specifico per quel che ha detto Ric , e comunque indirettamente rispondo a quanto scrive Aldo: "....sicuramente chi scrive ha numeri e dati non contestabili" scrive Ric. I dati di cui disponiamo in astratto per tutti gli argomenti e in concreto per questo davvero possono dirsi incontestabili o, detto meglio, incontrovertibili? Se lo ammettiamo allora ammettiamo una verità incontrovertibile, ma una verità che è incontrovertibile può dirsi diveniente, può ammettere un mondo in divenire? direi che per il principio di non contraddizione no. Allora tutti i dati sono un atto di fede e non si possono definire incontrovertibili. allora quanto scrive Aldo è un atto di fede.

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