08 Maggio 2007, 00.00
O
Immigrazione

Ci vuole coerenza

Il 24 aprile il governo ha varato il disegno di legge delega per la modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero in Italia.
Riportiamo un'opinione incontrata su www.lavoce.info

07-05-2007

Il 24 aprile il governo ha varato il disegno di legge delega per la modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero in Italia.
La popolazione immigrata sarà sempre più importante nel tessuto demografico nazionale: si prevede che nel 2020 gli immigrati saranno da un minimo dell’8,7 per cento (stima Istat) a un massimo del 12,2 per cento (previsioni Caritas) della popolazione. Governare l’afflusso di immigrati significa poter determinare gran parte del futuro dell’Italia, specie di quella più giovane. Dunque, è della massima importanza dotarsi di una buona legge, con procedure efficaci.


Tre elementi potenzialmente positivi

L’attuale politica migratoria italiana, frutto dell’ottica parzialmente integrazionista della Turco-Napolitano (legge 40/1998) e della sterzata restrittiva causata dalla Bossi-Fini (legge 189/2002), anziché governare al meglio il fenomeno, ha finora generato un "esercito di invisibili", tanta immigrazione clandestina, producendo distorsioni qualitative nei flussi e riducendo fortemente il potenziale di sviluppo insito nell’immigrazione.
Che cosa lasciano presagire ora le linee guida del provvedimento varato dal Consiglio dei ministri? A nostro avviso, contengono tre elementi potenzialmente positivi.
1. La volontà di abbandonare la visione "anti-inclusiva" della Bossi-Fini, tornando a un approccio integrazionista: per esempio, con la concessione dei diritti di voto amministrativo agli immigrati residenti in Italia da un periodo di tempo minimo.
2. L’attenzione al nesso migrazioni-sviluppo economico (facilitazioni all’invio di rimesse e schemi di incentivo al ritorno produttivo), riconoscendone il legame virtuoso con la cooperazione internazionale.
3. L’adozione di meccanismi per incanalare i flussi migratori nella legalità: torna la figura dello sponsor che, al netto delle falsificazioni, è segnale necessario di un raccordo con le effettive esigenze del mercato del lavoro; vengono istituite le liste di richiesta di ingresso, a cui potranno accedere associazioni di categoria, istituzioni pubbliche e, in quota marginale, i singoli cittadini.

Tuttavia, il successo della proposta richiede la definizione di un quadro completo e coerente. L’esperienza passata, anche di altri paesi, insegna che l’inadeguata considerazione di alcune importanti tessere del complesso mosaico migratorio può minare l’efficacia degli interventi.

E quelli che suscitano dubbi

Alcuni passaggi cruciali nel testo del disegno di legge delega sono fragili:
i. Cosa ci assicura che il decreto flussi, sebbene triennale, funzioni oggi quando non ha funzionato in passato? Le 700mila domande di regolarizzazione del 2002 non erano certo ascrivibili alla Bossi-Fini
ii. Quali garanzie sono date sul funzionamento dell’apparato amministrativo italiano di fronte a nuovi oneri, come per esempio, gestione di liste di richieste di ingresso, di banche dati interministeriali, oneri di rilievo per i comuni?
iii. Sarà assicurata la capacità di enforcement del provvedimento, elemento critico per la sua efficacia, quando si ampliano in maniera sostanziale le modalità d’ingresso (chiamata numerica o nominativa dalle liste; ingresso per ricerca di lavoro)?

A queste domande specifiche il governo dovrebbe rispondere prima di definire il nuovo quadro.
Più in generale, non ci si può basare solo sulla concessione di diritti. (1) Oltre a ridurre la clandestinità, è necessario anche prevedere doveri e soprattutto incentivi che favoriscano la piena realizzazione dei benefici della migrazione.

Per un programma coerente

A nostro avviso, alcuni elementi renderebbero il programma più coerente.
Un sistema a punti all’ingresso che preveda requisiti minimi, selezionando gli immigrati che rispondano alle esigenze contingenti del mercato del lavoro. Le autorità preposte dovrebbero solo verificare il rispetto dei criteri di partecipazione di immigranti e sponsor. Il meccanismo, già applicato in Canada, Nuova Zelanda e Australia ai migranti qualificati, può funzionare anche per i meno qualificati.
Un sistema a punti in itinere. Comportamenti positivi e verificabili del migrante (per esempio investimento in istruzione e/o lingua italiana, giornate lavorative effettuate, reddito dichiarato, partecipazione alla vita sociale e a programmi di integrazione) dovrebbero agevolare il rinnovo del permesso di soggiorno o la concessione della cittadinanza. Al contrario, comportamenti non desiderabili (come i reati) dovrebbero sfavorire il rinnovo. In tal modo si promuove una maggiore integrazione assieme all’acquisizione di capitale umano per il beneficio di tutti.
I sistemi a punti – sia all’ingresso che in itinere – darebbero evidenti benefici e comporterebbero costi solo di poco più elevati rispetto a quelli già impliciti nell’istituire e attuare l’enforcement delle liste dei migranti con requisiti minimi.
Schemi di return finance e di premialità per i paesi di origine, per facilitare il reinserimento produttivo dei migranti di ritorno. Possono essere ad esempio schemi di microcredito e aiuti per il trasferimento di tecnologia.
Infine, rendere efficaci le sanzioni ai datori di lavoro che assumono clandestini. La Bossi-Fini già lo prevedeva, ma finora senza applicazione. Occorre, invece, attuare quella norma, magari introducendo incentivi ai migranti che denunciano lo sfruttamento.
In conclusione, l’impianto del Disegno di legge delega appare condivisibile, ma, come al solito, per garantirne il successo "God is in the details".

Maria Concetta Chiuri
Nicola Coniglio
Giovanni Ferri
da www.lavoce.info


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