15 Marzo 2007, 00.00
Vobarno
Film d'autore

Resto seduto con lo sguardo

Ci fa piacere di poter ospitare sulle nostre pagine alcuni degli articoli pubblicati sul Graffio di Vobarno, periodico che apprezziamo fin dalla sua nascita. Questo č il primo della serie ed č stato scritto da Davide Vanni.

Ci fa piacere di poter ospitare sulle nostre pagine alcuni degli articoli pubblicati sul Graffio, periodico vobarnese che apprezziamo fin dalla sua nascita.
Questo è il primo della serie ed è stato scritto dal regista vobarnese Davide Vanni, lo stesso che ha realizzato il cortometraggio "Dentro il giardino" ambientato nel parco pubblico da poco intitolato a "Don Giuseppe Frascadoro" nei pressi del Ponte Nuovo a Vobarno.
Il film è stato proiettato in occasione della serata organizzata da "Il Graffio" in teatro a Vobarno per presentare la seconda uscita della rivista.
Anche noi di vallesabbianews.it, al pari della redazione della rivista vobarnese, riteniamo che questo film sia un lavoro di grande interesse poichè mostra uno spaccato dell'attuale realtà vobarnese: "persone, storie e culture che si incontrano e si raccontano all'ombra degli alberi del vecchio giardino". Il film, ricco di suggestioni, è disponibile su dvd.

Chi fosse interessato a possederne una copia del Dvd o della rivista può contattare quelli del Graffio a giornaleilgraffio@virgilio.it


Resto seduto con lo sguardo

Mi chiedevo quanto tempo fossi restato seduto nel giardino. Quante volte a partire dalla mia nascita fino ad oggi.
Pensavo a questo e al mio passato nell’agosto 2005 seduto all’ombra degli alberi del giardino pubblico nelle vicinanze di via Roma e del ponte nuovo.
D’estate tra le 16 e le 18, quando vado a trovare mio nonno, so di trovarlo seduto nel giardino in compagnia di altri anziani del paese e di qualche badante.
Ero, allora, in cerca di qualcosa da raccontare, un soggetto per un breve documentario di osservazione. Capii subito che ci ero seduto sopra. Avevo un mondo attorno a me e nemmeno me ne ero accorto.
Bastava restare lì alcuni giorni ad osservare come gli eventi si sarebbero succeduti.
Così, prima di portare la videocamera sono restato una settimana a Guardare quel mondo in cerca dei suoi segreti.

Mettersi a far parte di un insieme-universo per prima cosa. La necessità di integrarsi, quasi divenendo un entità simbiotica con l’ “organismo” che si vuole raccontare. E solo successivamente scrivere la prima parola, scattare la prima fotografia, accendere la videocamera, iniziare il racconto.
Ho incontrato persone che non avevo mai visto con le quali ho iniziato a dialogare. Il “giardino” si è abituato alla mia presenza continua giorno dopo giorno.

Iniziavo ad intravedere un meccanismo armonico, una sorta di ripetitivitĂ  fattuale che intercorreva nel breve spazio di tempo pomeridiano dalle 16 alle 18:30.
Mio nonno e gli altri anziani erano i primi che incontravo, mi sedevo accanto a loro e per lo più ne ascoltavo i discorsi. Qualcuno dirà: “i soliti discorsi da vecchi”. Forse. Si parlava del tempo meteorologico, della salute fisica, di quelle piccole cose che fanno la non certo movimentata quotidianità dell’anziano. Ma era sufficiente una presenza femminile, quella di una giovane badante dei paesi dell’Est, a mettere in moto un meccanismo diverso. Il dialogo improvvisamente poteva impennarsi su frasi a doppio senso su di uno sfondo vagamente sessuale e il gioco dell’ambiguità faceva da padrone.
Dimostrazione evidente che questo tipo di gioco innocente facesse parte di una pratica assodata nel tempo era il fatto che la badante capiva il gioco di parole nonostante la sua forma dialettale.

Con il passare del tempo ho conosciuto “l’uomo con il cagnolino”.
Tim, il piccolo cane, precedeva il bastone e la lenta andatura del padrone. Entrambi si sedevano su di una panchina. Entrambi rimanevano in silenzio.
Ho conosciuto l’ “indiano con il turbante”, una presenza che aggiungeva colore e solennità ai colori dei fiori al centro del giardino. Anche lui silenzioso e spesso solo. Camminava quasi sul posto come a pregare.

A poco a poco il giardino si svuotava quando si avvicinavano le 18. Gli anziani mangiano presto…
Mi sono fermato per vedere cosa sarebbe successo e la pazienza mi ha ripagato.
Come quando a teatro vengono sostituite le quinte e si cambia scenario così accadeva nel giardino. Arrivavano le donne africane con i loro abiti colorati e soprattutto i loro bambini. Come una piccola tribù si impossessavano del territorio tra corse e grida.
Penso di essere stato letteralmente assaltato da questo piccolo esercito. Uno degli incontri più graditi di quei giorni. La mia curiosità si incontrava con la loro voglia di conoscere. I miei “oggetti” di lavoro venivano guardati con occhi avidi e toccati con le mani impazienti dei più grandi esploratori.

Quanta emozione. Eppure mi trovavo nel mio piccolo paese! Il piccolo e silenzioso paese assopito di Vobarno. Ed ecco che la monotonia che avevo conosciuto si era trasformata in tante piccole storie nello spazio circolare di un minuscolo giardino!
Una concreta, una emozionante lezione di osservazione partecipante.

Ringrazio tutti gli “abitanti” del giardino.

Davide Vanni


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