07 Gennaio 2010, 08.17
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Riforme

...e nelle scuole valsabbine?

Dal mondo della scuola cittadina, in particolare l'Ipsia Moretto, un grido d'allarme: «Non si puň insegnare ad una classe di 30 alunni»

 
Alla luce di quanto emerso il giorno 4/12/2009, durante l’Assemblea straordinaria tenutasi presso l’Istituto Moretto, gli insegnanti e il personale Ata presenti, all’unanimità hanno deciso di stilare il seguente comunicato per informare i colleghi assenti e tutte le autorità competenti nonché gli organi di stampa locale e nazionale, in merito alle proposte che intendono avanzare per sensibilizzare l’opinione pubblica circa lo stato di estremo disagio in cui versa la nostra scuola.
 
Partiamo subito con una domanda chiara e che, tendenzialmente, riguarda tutto il personale e non solo quello della Scuola Moretto di Brescia.
Come pensate si possa insegnare in modo efficace, dignitoso e professionale in una classe composta da 30 alunni?
A fatica, con molto impegno e con grande dispendio d’energie, potrebbe essere la risposta. Già, se partiamo dall’idea di insegnare, appunto, a ragazzi che abbiano compiuto un percorso scolastico formativo (Scuola elementare, Scuola media) unito ad un altrettanto percorso educativo.
Se partiamo, inoltre, dall’idea che questi ipotetici ma molto reali e concreti 30 alunni abbiano famiglie alle loro spalle che possano essere d’aiuto, stimolo e supporto.
 
Riformuliamo ora la domanda modificando la composizione (non certo il numero) degli alunni di cui sopra.
Come pensate si possa insegnare in modo efficace, dignitoso e professionale a 30 ragazzi provenienti da molti e lontani Paesi del mondo, che non hanno fatto alcun percorso scolastico (perché spesso arrivano da Paesi in guerra o poverissimi) che non hanno, quindi, la più pallida idea di cosa sia una scuola (e non certo per colpa loro) e non hanno, inoltre, la più pallida idea di cosa sia la lingua italiana?
Ecco, qui, trovare una risposta che sia sensata, logica e fuori dagli schemi di risparmio proposti dal ministro Gelmini, risulta, quantomeno complesso.
 
Il 30% di alunni stranieri?
Bisogna far appello ad una dose non indifferente di furbizia linguistica per convincere chiunque che, date le premesse enunciate, si possa insegnare in tali condizioni.
Ed ora un po’ di numeri per rendere più chiaro il concetto.
L’Ipsia Moretto possiede un ragguardevole 55,85% di alunni stranieri frequentanti e così ripartiti: 45,90% al diurno, 74,89% al serale. Secondo la Riforma del ministro, però, la percentuale di alunni stranieri frequentanti dovrà essere, per classe, del 30% al massimo.
Va da sé che qualcosa non torna. I calcoli non tornano, almeno per il nostro Istituto.
 
Allora delle due l’una: o l’Ipsia Moretto è fuori legge, viste le percentuali di cui sopra, oppure tale Riforma è da ritenersi non applicabile (né applicata) alla nostra realtà.
Se dovesse, quindi, valere questa 2ÂŞ ipotesi andranno ovviamente rivisti gli obiettivi, i finanziamenti, gli interventi utili da adottare per, ribadiamolo ancora una volta, insegnare nel migliore dei modi possibili.
Perché è sempre di questo che stiamo parlando. Di insegnamento.
Quanto di piĂą importante ci sia in uno Stato che abbia a cuore il suo presente e, soprattutto, il suo futuro.
 
Il paragone col tempo passato non regge
Ma all’interno dell’Istituto Moretto questa parola ed il suo alto obiettivo non possono trovare possibilità di applicazione o la possono trovare in modo parziale e con grande dispendio di energie umane.
Non si può pensare di insegnare a 30 ragazzi di cui, 10, a volte anche di più, non capiscono una sola parola d’italiano e dove gli altri, nel frattempo, vengono seguiti in modo parziale e relativo perché l’insegnante ha, purtroppo, una sola bocca, due sole mani, un solo cervello che, nonostante gli sforzi, non si duplica, triplica, quadruplica.
Perché questo, in fondo, è ciò che chiede il ministro.
 
Ricordandoci puntualmente che sin dall’antichità il maestro, il docente era unico e ce la faceva benissimo con 30 alunni e forse anche di più.
Quindi dov’è il problema? Il problema è che il ministro, per sua fortuna a questo punto, vive in una realtà diversa dalla nostra, vive in un mondo in cui i ragazzi sono sereni e tranquilli, dove le famiglie collaborano in armonia, dove i docenti ricevono il giusto compenso, dove il bullismo è un’invenzione di qualche perverso regista di Hollywood, dove la droga non esiste né fuori né a scuola e tutto scorre in modo perfetto.
 
Penalizzate le eccellenze
Quello che dispiace e deprime al tempo stesso è vedere come le potenzialità della scuola in generale, e della nostra in particolare, non siano sfruttate, ma usate non certo come risorse, ma come macigni utili solo per affondarla.
Noi, invece, abbiamo fatto molto per dimostrare il nostro valore. Ed ecco come: negli ultimi due anni scolastici il nostro Istituto ha vinto prestigiosi premi a livello nazionale. Nel 2008, in occasione della gara nazionale di elettronica, un nostro studente si è classificato primo.
Nel 2009, un altro allievo si è classificato sempre al primo posto nella gara nazionale per operatori termici.
Secondo il disegno della Riforma Gelmini, però, l’anno prossimo sarà proprio l’indirizzo Termico ad essere eliminato dalla scuola Moretto, indirizzo che, tra l’altro, è l’unico esistente in tutta la provincia di Brescia.
 
Cosa chiediamo
L’Ipsia Moretto, così, perderebbe una delle sue eccellenze e, tutti gli sforzi fatti in questi anni (come, ad esempio, il protocollo d’intesa firmato nel 2008 con la multinazionale Daikin, leader del settore in questione) sarebbero da considerarsi buttati al vento. Come possiamo noi, docenti della Moretto, a fronte di tutto ciò, portare avanti il nostro Istituto senza risorse economiche e umane e quando decidono di toglierci uno dei corsi più importanti che abbiamo?
Quello che chiediamo è mantenere l’indirizzo Termico.
Quello che chiediamo è di poter abbassare il numero di alunni per classe. In fondo anche il non capire la lingua, all’inizio, può essere considerato come un handicap alla stregua di altri.
 
Un ragazzo che non comprende l’italiano e non può essere aiutato come si dovrebbe nell’apprendimento, (sempre per i motivi di cui sopra) rimane isolato, non comunica, non socializza e, spesso, è emarginato.
Oppure, in alternativa, chiediamo di poter avere personale aggiunto, mediatori culturali che, aiutando i ragazzi nelle fasi iniziali di approccio alla lingua, possano agevolare il lavoro del docente che così potrebbe, nel frattempo, dedicarsi agli altri, ma sempre in attesa che tutti arrivino ad una comprensione ottimale. Questo è quanto inizialmente chiediamo per poter svolgere degnamente il nostro lavoro.
Altre istanze, però, attendono ancora chiarificazioni e puntualizzazioni.
Domandiamo per questo un incontro con le autoritĂ  competenti.
Nel frattempo invieremo detto comunicato agli organi di stampa.
 
Daniela Negri - Docente di Lettere
Documento firmato anche dagli altri colleghi e dal personale Ata dell’Istituto Moretto di Brescia
 


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