16 Dicembre 2009, 09.20
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Polemiche

Web, altre regole non sono necessarie

La Rete non è stata né causa né strumento della violenza di domenica Lanciarsi contro Internet perché qualcuno scaglia un souvenir appuntito al presidente del Consiglio appare bizzarro.

 
La Rete non è stata né causa né strumento della violenza di domenica. E’ stato però il teatro delle conseguenze. Brutte. La crudeltà di chi festeggia il dolore altrui. La vigliaccheria di chi sparla e non firma. L’irresponsabilità di chi incita alla violenza — una tragedia che l’Italia ha conosciuto e non ha dimenticato.
È arrivato il momento di mettere regole a Internet? Prima di rispondere, è bene che qualcuno si prenda la briga di capire — e poi di spiegare — a cosa le stiamo mettendo.
La sensazione è che molti, tra quanti oggi maledicono Facebook e accusano Twitter, non siano mai entrati in un social network, non abbiamo mai inviato un tweet né cliccato il pulsante «pubblica» di un blog.
 
Vedremo cosa proporrà il ministro Maroni al Consiglio dei ministri, domani.
«Misure delicate che riguardano terreni come la libertà di espressione sul Web e quella di manifestazione», ha anticipato. Speriamo non sia una norma inapplicabile come l’abolizione dell’anonimato (non ci sono riusciti i cinesi, che di censura se ne intendono); e neppure un decreto contro generici «siti estremisti».
Cosa vuol dire, infatti, «estremista»? A giudicare dal dibattito (?) alla Camera di ieri, infatti, molti deputati definirebbero così l’homepage dei colleghi che non la pensano come loro.
Non c’è bisogno, forse, di norme nuove. Ingiurie, minacce, apologia di reato, istigazione e delinquere: nel codice penale ci sono già, come ha scritto ieri Stella sul Corriere , e dovrebbero bastare.
A meno di considerare la Rete come uno stadio virtuale: una zona franca dove comandano gli ultras, e tutto è lecito.
 
Per anni abbiamo difeso Internet distinguendo tra il mezzo e il messaggio (se qualcuno ci offende al telefono, non diamo la colpa al telefono; se qualcuno delira su Internet, perché prendersela con Internet?).
Oggi — bisogna ammetterlo — le cose sono cambiate. Le interazioni del web 2.0 (blog, forum, chat, Wikipedia, YouTube, Facebook, Myspace, Twitter, eBay...) hanno creato un mondo. Internet non è più, come negli anni 90, un binario su cui viaggiano insieme il bene e il male (la solidarietà e la pedofilia, l’amicizia e la xenofobia).
Luca Sofri lo ha spiegato ieri su wittgenstein. it : «Quando il mezzo ha una potenza quantitativa straordinaria, questa si riverbera sulla qualità delle cose e determina cambiamenti. Limitarsi a definirlo 'neutro' non è sufficiente».

Ci sono, poi, alcune caratteristiche italiane.
Internet raccoglie giovani umori anti-berlusconiani che, in tv, non arriveranno mai; e sui giornali non hanno più (o ancora) voglia di arrivare. Alcuni legittimi e articolati; altri aggressivi e sgangherati.
Ma è curioso notare come umori simili appaiano nei siti d’informazione, nei blog e nei social networks internazionali.
I commenti, dopo l’aggressione di piazza Duomo, sono divisi quanto in Italia, se non peggio.
 
Conduco Italians da 11 anni, conosco gli umori che girano nella Rete. So che esiste un cuore oscuro di Internet, ma ho imparato ad apprezzarne l’anima chiara e pulita. La Rete è il luogo dove qualcuno strilla «Ecce (d)uomo!», credendo d’essere spiritoso; ma dove Sabina Guzzanti, che spiritosa è davvero, ha messo frasi di buon senso nel suo blog.
Facebook è il posto dove il gruppo «fan di Massimo Tartaglia» contava 68 mila iscritti, il giorno dopo l’aggressione; ma ora è sparito e altri gruppi che inneggiano allo squilibrato armato di souvenir sono rimasti senza amministratore. Lo stesso è accaduto ai gruppi farlocchi che, dopo aver cambiato nome, inneggiavano a Berlusconi. Chiusi.
Twitter, che qualche giorno fa ha esordito anche in italiano, è il luogo dove si trovano centinaia di rimandi interessanti e commenti fulminanti in molte lingue.
Quelli volgari e violenti basta non seguirli più (unfollow).
 
Morale? Anche gli imbecilli hanno facoltà a esprimere la propria opinione, e in questi giorni — bisogna dire — se ne sono avvalsi.
Basta non insultare, diffamare o minacciare. Per chi commette questi reati, ci sono la polizia postale e i magistrati.
Vogliamo combattere gli eccessi di Internet? Benissimo: rendiamo più efficaci e rapidi i tribunali.
Ma forse è meglio non dirle queste cose, in Italia.
Appena si parla di giustizia, infatti, molti insultano e minacciano. Non in Rete: in Parlamento.
 
Beppe Severgnini da corriere.it
 


Commenti:
ID1173 - 16/12/2009 11:55:00 - (peneleo) - Imbecilli sì, violenti no!

E' vero, anche gli imbecilli hanno facoltà di esprimere le proprie opinioni, ma cosa totalmente diversa è scrivere e diffondere proclami con i quali si celebrano gesti concretamente violenti e si inneggia alla morte dell'avversario. La rete non è in discussione, ma singoli siti o parte di essi (gruppi e/o blog) possono essere oscurati così come si oscurano i siti pedofili. Non sottovalutiamo la gravità della incitazione e della celebrazione della violenza sociale!

ID1174 - 16/12/2009 12:34:00 - (ziogian) - Gruppi e forum facebook

Basta farsi un giro su facebook per vedere che c'è di tutto, di destra e di sinistra. Dai gruppi che incitano a bruciare i ROM a quelli che vorrebbero le navi degli immigrati affondate. Discutiamo anche di questo? Che poi a voler ben vedere i gruppi "facinorosi" di solito non sono quelli di sinistra ...ad ogni modo posso anche concordare che se un gruppo incita alla violenza venga chiuso ...per farlo basta contattare (come governo) il Sig. Facebook e dirgli "se non vuoi problemi in Italia" fai in modo che le tue verifiche sui gruppi (dietro segnalazione) funzionino in fretta e bene. Il problema è noto da tempo e io stesso segnalo gruppi violenti più volte la settimana. Se invece un gruppo dice "berlusconi fatti processare" ... bhe ..non mi pare un incitamento alla violenza!

ID1175 - 16/12/2009 20:11:00 - (peneleo) - Processi??

Condivido: "Berlusconi fatti processare..." non è certo un incitamento alla violenza. Comunque preciso che Berlusconi è già stato processato ben 26 volte!! Non poco, Le pare?

ID1176 - 16/12/2009 21:28:00 - (Giachetti) - non sopporto i gruppi di facebook

il problema principale di facebook è quello che si creano gruppi "alla katso" ogni 10 secondi... facebook sarebbe un mezzo utilissimo per socializzare anche senza gruppi o simili. Per quanto riguarda il sig. Facebook (che se ne sta al calduccio negli USA)... beh, credo che una risposta più che probabile alla minaccia "se non vuoi problemi in Italia fai in modo" sia una bella pernacchia...

ID1177 - 17/12/2009 00:57:00 - (Samuel) -

Per quanto riguarda i gruppi su fb vorrei far notare una piccola cosettina. La maggior parte di questi gruppi vengono creati da ragazzini (per non chiamarli bambini) che hanno un'età compresa tra i 13 e i 16 anni. Gia dai titoli proposti, scritti con una quantità abnorme di k, si capisce che chi scrive non ha la minima idea di cosa stia facendo. Fb perciò viene preso di mira costantemente essendo l'oggetto "in" del momento. Ora il problema non è il social network ma chi lo usa, soprattutto perchè esiste dal 4 febbraio 2004 (fonte wikipedia) ....e non da quando le statuette del duomo di milano sono divenute "Unidentified Flying Object" :-)

ID1178 - 17/12/2009 15:00:00 - (Giachetti) -

anche il nazional-socialismo esisteva in Germania fin dal 1933 ma l'invasione della Polonia è avvenuta il 1 settembre del '39!! (lo so, è un esempio estremo ma credo renda bene l'idea)

ID1179 - 17/12/2009 17:23:00 - (ziogian) - Processsi e reati

Peneleo: non è che per i reati ci sia una tariffa flat, per cui se uno è stato processato N. volte poi non deve più esserlo. Se poi magari lei pensa che sia stato processato ed assolto ..si sbaglia. Ma potremmo discuterne in separata sede. Condivido con gli altri che la gran parte dei gruppi sono creati "per gioco" (ed infatti esiste la categoria svago/assolutamente casuale) ma giocare di per se non è reato. Concludo con due esempi di gruppi utili da me aministrati: cercate "amianto zero" e "rotonda villanuova". Ciao.

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La rete a «banda larga» sbarca così nelle scuole.




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